E se tanto per cominciare lo chiamassimo Papocchiello, o Cionfoletto, invece di Seitan? Lo dico a uso dei cultori della cucina della mamma, col naso già pronto ad arricciarsi davanti a qualcosa che non fa parte del vocabolario più corrente, o peggio suona esotico, roba da stravaganti capelloni drogati appena tornati da uno dei loro malsani giri turistici. Allora, invece di Papocchiello o Cionfoletto chiamiamolo col suo nome tecnico, ovvero glutine di grano, perché si tratta di questo: un alimento ricco di proteine e senza grassi e colesterolo, di origine vegetale, che si usa in cucina per un’infinità di piatti unici e secondi, più o meno come se si trattasse di carne, anche se è una stupidaggine presentarlo come sostituto della carne. Ma su questo tornerò alla fine. Vediamo la ricetta vera e propria per farselo in casa.
Premetto che ci vuole un po’ di lavoro, ma nessuna abilità particolare, né ingredienti, né attrezzi. Giusto un pochino di tempo e pazienza, e alla fine si è – forse – fatta la pace con l’alieno, verificando che alieno non lo è affatto. Mentre un po’ alieno lo pare, sugli scaffali dei negozi e supermercati, venduto a caro prezzo (un paio di euro scarsi l’etto) tra i prodotti biologici. Per fare un calcolo rapido di convenienza, più o meno: quanto costa un chilo di farina? Ecco, con un chilo di farina e un po’ di sale si producono 3-4 etti di glutine pronto per la cucina. Vi conviene? A voi la scelta, una volta sommato l’olio di gomito naturalmente.
Il lavoro consiste nel preparare, con il chilo di farina (integrale, biologica, 00, come preferite e come magari vi consiglia qualcun altro) e tre cucchiai di sale, un impasto tipo pane o pizza, non troppo duro né che scappa da tutte le parti insomma. Chi ha poco spazio o non ha voglia di sporcare in giro, può usare il metodo dell’insalatiera, grande a sufficienza naturalmente per poterci lavorare un chilo di farina prima col cucchiaio di legno per incorporare l’acqua e poi impastarla un po’ a mano. Alla fine si copre e si lascia riposare un’oretta. In questa ora c’è il tempo per inventarsi il brodo vegetale di cottura, e di prepararlo materialmente, perché sarà quello che, alla fine, dà il sapore al Seitan/Cionfoletto/glutine di grano che ci siamo preparati. Nella pentola d’acqua, calcolata più o meno per contenere e coprire la massa di pasta che abbiamo lavorato (un po’ ridotta) ci possono andare verdure, odori, spezie, e la classica manciata di sale o cucchiaiate di salsa di soia. Magari anche un dado da brodo vegetale per i veri eretici che non se la tirano troppo col purismo.
Ecco, immaginiamoci quel brodo che sta sobbollendo già da mezz’ora e passa con carota cipolla sedano sale pepe o peperoncino, un mazzetto di rosmarino o quel fondo di origano restato lì dall’anno scorso ecc. Torniamo alla materia prima, che ha ancora la forma della palla di pasta da pizza. Adesso bisogna sciacquarla dall’amido, e ci vuole un po’ di pazienza, acqua corrente calda e fredda, e lo spazio per due insalatiere: una con l’acqua calda e alternativamente una con quella fredda. Si copre l’impasto e lo si lavora sott’acqua finché il liquido appare saturo di amido, poi si solleva l’impasto risciacquato e si ricomincia operazione nell’altra insalatiera. Per toglierlo tutto, l’amido, io ho impiegato una dozzina abbondante di passaggi prima di vedere che l’acqua non si intorbidiva più e la pasta cambiava decisamente consistenza. Se si usa farina integrale, il segnale che si sta finendo arriva dalla crusca che inizia a andarsene di colpo in gran quantità. Il consiglio degli esperti è di cominciare e terminare con il risciacquo in acqua fredda. In mano avete una palla, decisamente ridotta, di pasta molto plastica e un po’ appiccicosa. Pronta per essere cotta nel brodo e insaporita.
Il mio salsicciotto di seitan dopo la bollitura |
La tecnica di cottura è come quella di certi insaccati: per stare insieme c’è bisogno di un contenitore di cotone o garza spessa, va benissimo un piccolo strofinaccio da cucina, o un grosso brandello di vecchia camicia se li tenete da parte. La forma più comoda poi da affettare per il consumo o la conservazione è quella del salsicciotto, naturalmente tenendo conto anche della forma della pentola in cui lo si cuoce. Ago, filo un po’ più solido di quello solito per attaccare i bottoni, ogni giro attorno al salsicciotto un punto o due dove si sovrappongono i lembi. Non c’è bisogno di essere uno stilista milanese, l’importante è fare un pacchetto che non rischi di sciogliersi sballottato nell’acqua bollente. Si cuoce a fuoco basso (per evitare eccessi di sballottamento inutili) tre quarti d’ora. Fatto.
Il brodo vegetale ovviamente non l’ho calcolato negli ingredienti, perché è cosa a parte, si usa per conto proprio, una volta estratto il salsicciotto. Io me lo metto in una bottiglia da riciclare in cucina per varie cose, altri ci fanno il risotto o la minestra o chissà. È brodo, e siamo in un paese democratico anche coi tecnici e i banchieri, per adesso. Ma dicevo all’inizio a proposito dell’idea di seitan come sostituto della carne, che è una sciocchezza: sostituisce la carne nel senso che dà un apporto nutritivo identico quanto a proteine, senza i grassi saturi e il resto, ma chi ci cercasse consistenza, o vago sapore simile, necessariamente resta deluso. L’altra cosa da lasciar perdere è l’idea di mangiarsi il seitan così com’è: non ha una sua personalità definita, anche se ovviamente sa di qualcosa e ha una propria consistenza. Ma consumato così ricorda certi piatti di maccheroni “acqua e sale” improvvisati in campeggio o a tarda notte, quando non si trova proprio nient’altro di commestibile. Allora il consiglio è di usare il glutine come se fosse appunto della pasta all’italiana, da accompagnare con altro, salsa, sughi, verdure condimenti vari, a piacere, meglio se su un modello spezzatino, tanto per tornare alla similitudine indebita con la carne.
Un metodo rapido da ultimo momento la sera è la scatoletta di piselli stufati (con le cipolle, o il sugo rosso) dentro cui si affettano sottili o a dadini 100 grammi di glutine a persona. Oppure al posto dei piselli ci possono essere le patate, o i peperoni, o i funghi. Insomma tutto ma non una fetta di quella cosa grigiastra ed elastica portata alla bocca da sola, che fa utilitaristica miseria. Se poi gli aficionados dell’alce cacciato a mani nude da Sarah Palin e cotto alla brace nella capanna di tronchi non sono ancora convinti, fatti loro. Scopo di questa facile ricetta era cercare di uscire dalla mistica del biologico o vegano come religione da strapazzo. Cosa del tutto fuori luogo, e che serve solo a qualche bottegaio per tenere prezzi assurdi. Ha senso, far pagare tutti quei soldi per il salsicciotto di glutine? Evidentemente no, ma lo si capisce appunto solo facendoselo da soli. Per chi apprezza, buon appetito.
(p.s. chi si è convinto che farsi il seitan sia complicato, provi a leggere della mia esperienza col tofu p.p.s. chi per le elezioni americane diceva che "tanto sono tutti uguali" non ha subito una quadriennale vicepresidenza di Sarah Palin, barbecue di grizzly con inni razzisti inclusi)