Le voci presenti a Venezia venivano da Bolzano e dall’Ofanto, dal Cilento e dal Ticino, dalla Regione Emilia Romagna e dalla Toscana, dalla Daunia e dal Montalbano, dal comune di Sesto fiorentino a quello di Sesto San Giovanni, dai comuni dell’alto Brenta a quello di Mogliano veneto, dalla provincia di Prato a quella di Venezia. Si illustravano esperienze che riguardavano piani urbanistici e territoriali alle varie scale, politiche messe in opera su piani diversi, analisi finalizzate ad azioni molteplici.
Le voci esprimevano professionalità e interessi diversi. C’erano gli urbanisti nelle diverse applicazioni del loro mestiere: quelli impegnati a formulare e amministrare il quadro normativo e quelli operanti nella progettazione del territorio, quelli dedicati alla lettura dei contesti e a quella dei documenti e delle esperienze, quelli applicati all’insegnamento e quelli gettati nel campo dell’amministrazione. Ma accanto a loro politici e amministratori, esperti nelle politiche economiche e cultori delle discipline dell’ambiente naturale, agronomi e valutatori.
Tante voci diverse, dunque, ma una singolare convergenza dei linguaggi. Preceduta e consentita, forse, da una consapevolezza comune, impensabile qualche anno fa.
Se l’obiettivo comune è il migliore impiego di risorse preziose e finite, a beneficio dell’umanità di oggi e di quella di domani, se questo obiettivo è minacciato da una tendenza distruttiva e potente, se il nostro lavoro è per due serie di ragioni complesso e difficile, allora tutti gli strumenti devono essere impiegati unitariamente. Le nuove leggi sono necessarie ma non bastano; ugualmente servono, ma non bastano, i buoni piani e le buone analisi, le buone politiche e la buona didattica (dentro e fuori le mura degli atenei). Gli strumenti devono essere adoperati tutti, senza privilegiare l’uno a scapito dell’altro poiché mutuamente si sorreggono. Ciascuno, da solo, non è sufficiente. Sono tutti solidalmente necessari per raggiungere quell’obiettivo.
A due condizioni, anche queste emerse diffusamente nel convegno: che effettivamente gli strumenti siano finalizzati all’impiego lungimirante (durevole) delle risorse territoriali, e che essi siano chiaramente orientati alla prevalenza dell’interesse comune.