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Eddytoriale 17 (10 giugno 2003)
17 Maggio 2006
Eddytoriali 2003
10 giugno 2003 - È vero, mentre i giganti impazzano gli gnomi laboriosi si danno da fare positivamente. Il convegno Pianificazione e Ambiente 2003, organizzato dal Dipartimento di pianificazione dell’IUAV, ne ha dato testimonianza. Le leggi urbanistiche regionali recenti, salvo eccezioni, vanno nella direzione di una tutela dell’ambiente molto maggiore che nel passato. Le politiche ambientali attivate da comuni, province e regioni combattono la tendenza a ghettizzare la questione dell’ambiente in una nicchia segregata. Le pratiche di pianificazione sperimentano vie nuove, diverse da luogo a luogo e da soggetto a soggetto, ma ricche di significativi punti in comune: confermati, questi ultimi, da interessanti convergenze con le più vitali tendenze in Europa e in America. La didattica universitaria si sforza di aprirsi alle nuove esigenze e ai nuovi strumenti combattendo la tendenza corriva ad utilizzare l’attributo “ambiente” come una copertina patinata per contenuti vecchi.

Le voci presenti a Venezia venivano da Bolzano e dall’Ofanto, dal Cilento e dal Ticino, dalla Regione Emilia Romagna e dalla Toscana, dalla Daunia e dal Montalbano, dal comune di Sesto fiorentino a quello di Sesto San Giovanni, dai comuni dell’alto Brenta a quello di Mogliano veneto, dalla provincia di Prato a quella di Venezia. Si illustravano esperienze che riguardavano piani urbanistici e territoriali alle varie scale, politiche messe in opera su piani diversi, analisi finalizzate ad azioni molteplici.

Le voci esprimevano professionalità e interessi diversi. C’erano gli urbanisti nelle diverse applicazioni del loro mestiere: quelli impegnati a formulare e amministrare il quadro normativo e quelli operanti nella progettazione del territorio, quelli dedicati alla lettura dei contesti e a quella dei documenti e delle esperienze, quelli applicati all’insegnamento e quelli gettati nel campo dell’amministrazione. Ma accanto a loro politici e amministratori, esperti nelle politiche economiche e cultori delle discipline dell’ambiente naturale, agronomi e valutatori.

Tante voci diverse, dunque, ma una singolare convergenza dei linguaggi. Preceduta e consentita, forse, da una consapevolezza comune, impensabile qualche anno fa.

Se l’obiettivo comune è il migliore impiego di risorse preziose e finite, a beneficio dell’umanità di oggi e di quella di domani, se questo obiettivo è minacciato da una tendenza distruttiva e potente, se il nostro lavoro è per due serie di ragioni complesso e difficile, allora tutti gli strumenti devono essere impiegati unitariamente. Le nuove leggi sono necessarie ma non bastano; ugualmente servono, ma non bastano, i buoni piani e le buone analisi, le buone politiche e la buona didattica (dentro e fuori le mura degli atenei). Gli strumenti devono essere adoperati tutti, senza privilegiare l’uno a scapito dell’altro poiché mutuamente si sorreggono. Ciascuno, da solo, non è sufficiente. Sono tutti solidalmente necessari per raggiungere quell’obiettivo.

A due condizioni, anche queste emerse diffusamente nel convegno: che effettivamente gli strumenti siano finalizzati all’impiego lungimirante (durevole) delle risorse territoriali, e che essi siano chiaramente orientati alla prevalenza dell’interesse comune.

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