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Edoardo Salzano
00000000 Turismo
15 Gennaio 2008
Articoli e saggi
CERCARE FONTe(Convegno PCI)

Mi sembra che alcune cose avvenute nel nostro paese negli ultimi tempi, non soltanto offrano più d'una conferma alle tesi che abbiamo esposto nei documenti preparatori di questa Conferenza, ma soprattutto illuminino con una luce diversa, più cruda e più chiara, alcune delle affermazioni che abbiamo fatto, delle analisi che abbiamo avanzato, delle esigenze che abbiamo prospettato.

Voglio soffermarmi brevemente su due punti, tra loro stretta­mente collegati: le tendenze e le iniziative che si manifestano da parte delle grandi aziende capitalistiche, e il ruolo necessario e possi­bile del tessuto delle autonomie locali.

Già nell'autunno scorso avevamo individuato e denunciato, pra­ticamente in tutti i documenti preparatori di questa Conferenza, il senso che assumevano le iniziative delle grandi aziende monopoli­stiche, pubbliche e private, nel settore del' turismo e del tempo libero. A quelle iniziative noi attribuivamo un significato negativo non soltanto per gli effetti che producevano all'interno del settore, ma anche per il più grande disegno politico che ad esse vedevamo sotteso.

Quel disegno politico è diventato oggi del tutto esplicito e chiaro. Con il « programma di emergenza » di Rumor e Giolitti, con i « progetti speciali » predisposti su misura per la FIAT, la Monte­dison,l'Efim, l'IRI, l'ENI, con l'istituto della « concessione » pro­pagandato dai professorini del Ministero del Bilancio, noi abbiamo visto manifestarsi, in tutta la sua globalità e coerenza, una strategia di lungo periodo; una strategia che mira, con l'alibi di una presunta e non dimostrata « efficienza » e « modernità », a utilizzare strumen­talmente la grande domanda insoddisfatta d'investimenti sociali per sostituire, a una Repubblica fondata sugli istituti democratici e sul primato della politica, uno Stato fondato sugli interessi immediati delle grandi aziende monopolistiche e sul primato del profitto.

Questo è il senso che il nostro partito, con la grande maggio ranza delle Regioni e del movimento autonomistico, con il movimento sindacale, ha riconosciuto e contestato nelle proposte del « piano d'emergenza ». Ed è grazie all'opposizione che in tal modo è venuta a determinarsi, che l'ambizioso progetto dei Cefis, degli Agnelli e dei Fanfani sembra oggi ridimensionarsi e offuscarsi. Ma credo che commetteremmo un grave errore se ritenessimo d'aver già vinto, con il successo d'una battaglia, una guerra che è solo alle prime scara­mucce.

In realtà, nell'analizzare il ruolo delle grandi aziende monopo listiche nel settore del turismo e del tempo libero, noi non abbiamo affatto sottovalutato gli elementi che forniscono, alle proposte di

quelle aziende, una oggettiva forza di convinzione e una presa reale. Di fronte a una offerta turistica atomizzata, irrazionale, largamente dominata da elementi di speculazione, divoratrice delle risorse natu­rali e ambientali; di fronte all'incapacità di questo tipo di offerta di fornire una risposta adeguata alla domanda di massa del tempo libero, le grandi aziende monopolistiche hanno veramente buon gioco.

Occorre fornire - abbiamo detto - una risposta che sia alterna­tiva rispetto a quella del monopolio, ma che sappia misurarsi con la novità dei problemi e con la nuova qualità e quantità della domanda. Una risposta che sia basata su un ruolo nuovo dell'impresa privata piccola e media, non più intrisa di elementi di speculazione e di rapina; che sia basata su una rigorosa ed efficiente organizzazione della domanda, gestita dalle associazioni democratiche, dai sindacati, dagli enti locali, da una scuola profondamente rinnovata; che sia basata, soprattutto, su una capacità nuova dei Comuni e delle Regioni di amministrare il territorio e le sue trasformazioni e utilizzazioni, adoperando tutti i possibili strumenti per rendere concreto il prin­cipio, per noi irrinunciabile, che l'ambiente, la natura, il paesaggio, la cultura, rappresentano aspetti diversi di un patrimonio collettivo e sociale, che non può essere utilizzato a vantaggio di pochi privi­legiati.

Ora il punto che voglio sottolineare è che la nostra capacità di reagire vittoriosamente e di battere fino in fondo la strada delle grandi centrali capitalistiche è interamente affidata alla nostra capa­cità di realizzare nel concreto, e anche in tempi molto brevi, quella alternativa che proponiamo.

Non nascondiamocelo, compagni, poiché faremmo un errore che pagheremmo a caro prezzo: non solo l'alibi, ma la concreta occasione par passare, è fornita alle grandi aziende dallo stato profondo d'inefficienza, d'incapacità amministrativa, tecnica ed ecenomica, in cui 25 anni di gestione democristiana del potere hanno lasciato precipitare gran parte degli strumenti dell'azione pubblica, a livello degli organi centrali dello Stato come a livello delle Amministrazioni locali.

Non è un caso se le :grandi aziende capitalistiche hanno scelto come terreno di pascolo il Mezzogiorno e le zone montane. Non è un caso se quelle stesse aziende si presentano invece in punta di piedi

e col cappello in mano nelle regioni dove il tessuto dei poteri locali è forte, consolidato dalla tradizione e dall'esperienza politica, radicato nelle masse popolari, consapevole ed efficiente.

Per battere l'avversario di classe nelle forme in cui esso oggi è costretto a presentarsi, dobbiamo fare un salto di qualità. Un salto di qualità che non può manifestarsi soltanto con una nuova e diversa produzione legislativa, ma che si realizza soprattutto nella gestione e nell'amministrazione quotidiana, e che sa però trasfondere in questa la carica politica e ideale che sappiamo impiegare nelle grandi battaglie.

Dovremmo fare un'analisi seria, io credo, degli strumenti che abbiamo già conquistato nelle battaglie generali e nazionali, e che non riusciamo ad utilizzare; scopriremmo di avere un arsenale coperto spesso di polvere. Voglio fare un esempio solo. Nel 1971 abbiamo conquistato, con una lotta lunga e faticosa, una legge che ci con­sente - fra l'altro - di espropriare, praticamente senza limitazioni, tutte le. aree da destinare agli insediamenti turistici e al tempo libero. Con questa legge il Parlamento ha messo nelle mani dei comuni - abbiamo detto - « uno strumento che può essere deci­sivo non solo per abbattere la speculazione fondiaria vecchia e nuova ma anche per promuovere forme nuove e avanzate di turismo ».

Ebbene, oggi, in Italia, quanti Comuni sono in grado di uti­lizzare e gestire questo strumento? Quanti Comuni hanno la capacità tecnica ed amministrativa, oltre che politica, di sfruttare le possibilità che l'art. 27 della 865 loro offre? Quante Regioni hanno promosso una politica di incentivazioni finanziarie e procedurali per aiutare e sollecitare i Comuni in questa direzione? Quanto impegno politico si è speso, abbiamo speso, per aiutare i Comuni a rafforzare le pro­prie strutture tecniche, per persi concretamente in una dimensione comprensoriale, per rendersi capaci di utilizzare gli strumenti strap­pati dal movimento di lotta?

E' indubbio che possiamo registrare più di una iniziativa e più di un successo in questa direzione. Ma a parte il fatto che spesso adoperiamo più spazio; sui nostri giornali, per illustrare le mirabilia di un impianto di depurazione che per spiegare i contenuti e gli strumenti di esperienze avanzate nella politica del territorio, a parte questo, mi sembra che stentiamo ancora a porre in modo genera­lizzato il problema della rifondazione, del rafforzamento, del salto di qualità degli enti elettivi come un grande e centrale problema poli­tico e ideale.

Credo che sia necessario un deciso impegno del partito, di noi tutti, in questa direzione. Solo a questa condizione, solo alla condi­zíone di riuscire a costruire un tessuto di istituti elettivi democratici ed efficienti in tutto il Paese, e soprattutto là dove esso è oggi più stentato e precario, solo così potremo riuscire a far passare la linea alternativa che proponiamo per i problemi del turismo e del tempo libero.

Non è un caso, d'altra parte, se oggi registriamo un attacco con­centrico contro 1e autonomie locali, o più in generale, contro gli istituti rappresentativi. Se ci riflettete, noi siamo riusciti a porre al centro dell'attenzione del paese una serie di problemi, siamo riusciti a far emergere nelle masse lavoratrici e popolari una serie di esi­genze, siamo riusciti a far prevalere nell'opinione pubbblica intera una serie di proposte e indicazioni nostre, che realmente sono capaci di mutare il quadro complessivo della società italiana. Quando noi parliamo - nel caso specifico di cui qui ci occupiamo - di un turismo come diritto e come servizio sociale, noi realmente intro­duciamo una proposta rivoluzionaria, una proposta che tende a tra­sformare fin dalle radici il modo in cui fino a oggi è concepito il turismo e il tempo libero. E' una reale e integrale alternativa rispetto a un tempo libero dominato dall'individualismo, dal privatismo e dal privilegio, a un turismo come evasione e come fuga dall'alienazione del lavoro verso un'alienazione diversa e complementare

E questa nostra proposta è forte, ed è virtualmente vincente, non solo perché è l'unica pienamente omogenea al carattere sociale della classe operaia, ma anche e soprattutto perché offre una base e uno strumento serio alla politica delle alleanze della classe operaia: nei confronti dei ceti medi produttivi, che solo in una seria program­mazione possono trovare l'occasione per uno sviluppo senza crisi laceranti; nei confronti delle popolazioni residenti nei luoghi del turi­smo, che solo in un turismo strettamente integrato alle economie.

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