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Giorgio Bocca
Italiani, strani belligeranti
11 Dicembre 2005
Scritti 2004
Più invecchia e migliore diventa il vecchio partigiano di GL, come i rossi delle sue terre. Ora che i mercenari passano per eroi, qualcuno ci ricorda la stranezza italiana nell'uso delle parole. Anche il segno più prezioso della nostra cultura (la parola) viene deformato per servire interessi meschini e alimentare vaniloqui demagogici. E nella trappola cade tutto il mondo dell'informazione, o quasi. Dal Venerdì di Repubblica del 4 giugno 2004

SIAMO IL CURIOSO PAESE la cui maggioranza al governo è incline a considerare belligeranti, categoria fantomatica, i militi di Salò, cioè coloro che presero le armi al servizio illegale del fascismo morente. E che ora, in occasione della guerra in Iraq, considera belligeranti i connazionali andati in quel tormentato paese al soldo di imprese private che collaborano con gli occupanti americani. Una definizione internazionale di questi connazionali è impossibile: non sono soldati ma vanno in giro armati, non sono in guerra ma collaborano con i vincitori di una guerra non dichiarata, si dichiarano operatori di pace ma in realtà operano a vantaggio della parte che ha aggredito e conquistato l'Iraq. Attribuire a questi connazionali una missione di pace e di democrazia sembra piuttosto arduo: sono chiamati per garantire la logistica di imprese americane, non gradite alla maggioranza degli occupati, non si sa bene da quale comando dipendano, se aziendale o militare. È comprensibile che si sia creato un sentimento di solidarietà fra gli italiani di casa e questi caduti nelle mani degli occupati durante un'avventura che riguarda loro personalmente ma non la loro patria. La quale ha già mandato tremila soldati regolari per dare una mano agli americani e non ha certo interesse a che dei privati, per le loro private ragioni, si schierino apertamente, nonostante la nostra sempre più assurda pretesa di essere super partes.

E pur con tutta la comprensibile solidarietà con i nostri connazionali finiti nei guai per i loro interessi privati, non si capisce perché il nostro governo abbia incoraggiato una parte della pubblica opinione e dell'informazione a farne degli eroi che meritano funerali a spese dello Stato e cortei con bandiere nazionali sventolanti. Sono osservazioni poco gradite alla risorgente demagogia, al risorgente e un po' irrazionale nazionalismo, per cui basta anche meno a meritare accuse di disfattismo quando non di tradimento, ma ogni persona ragionevole dovrebbe convenire che queste confusioni, questa mancanza di chiarezza nei nostri comportamenti con il resto del mondo sono rischiosissimi, potrebbero incoraggiare quell'avventurismo che ci costò mezzo secolo fa perdite e sofferenze atroci. È preoccupante la mancanza di memoria, la facilità con cui ci ritroviamo in cortei per «rompere le reni» a qualcuno che con ogni probabilità ce le romperebbe.

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