VENEZIA — «Il turismo veneto ha due nemici. Innanzitutto gli immobiliaristi che riempiono il territorio di seconde case, in particolare sulle coste, ormai solo un costo e non un investimento produttivo. Poi i politici che non capiscono come questo settore non va più valutato in base alle semplici presenze, ma alla loro qualità e redditività». Un attacco duro quello lanciato in piena stagione estiva da Marco Michielli, albergatore veneziano di Bibione, presidente regionale di Federalberghi e di Confturismo, la branca della Confcommercio che rappresenta tutto il comparto. Ma anche la base di una sorta di manifesto per il rilancio del settore a partire dalla regione che in Italia ne detiene il primato. Però anche in Veneto si vedono sempre più evidenti i segnali della crisi complessiva che hanno fatto scivolare il Belpaese al quinto posto della classifica mondiale per visitatori, superata anche dalla Cina, nella quarta piazza, con davanti i capolista Usa, seguiti da Francia e Spagna.
Ma come presidente, l'altro giorno la Regione ha dato le ultime statistiche: nel 2006 le presenze turistiche hanno quasi raggiunto quota 60 milioni, in crescita del 4,6% rispetto all'anno prima...
«Va bene, però quanto rende questa massa? Anche nel nostro ambito i numeri vanno "pesati" più che contati. Quello che conta è quanto ci si guadagna. Per capirci, la Fiat ora ha utili maggiori di quando produceva più automobili. Qualcuno, soprattutto a livello politico, si augura di arrivare a 80 milioni di presenze. Ma lo sanno che un'invasione del genere metterebbe a rischio i fragili equilibri di una regione che è già la più antropizzata d'Italia? Il 15% del territorio, compresi monti, laghi e lagune è urbanizzato. I paesaggi del Giorgione e del Tiepolo sono tempestati di capannoni».
Da imprenditore turistico ad ambientalista?
«No, parlo da chi vive del suo lavoro. I beni naturali e culturali sono la materia prima per la nostra attività che, lo ricordo, è la prima in Veneto per quota di Pil, la ricchezza prodotta e numero di addetti. Ambiente e patrimonio artistico vanno tutelati per garantire il futuro del turismo che, secondo me e tanti analisti, coincide con quello della nostra economia in generale. Tra vent'anni non sarà la manifattura a basso valore aggiunto a trainare il Veneto, ma quella hi-tech. E soprattutto il turismo. Guardiamo cos'è successo in Spagna: partendo da questo settore hanno creato un'economia che ci sta superando».
E invece cosa minaccia l'industria dell'ospitalità veneta?
«Proprio il consumo eccessivo e il saccheggio del territorio avvenuto dagli anni '60 ad oggi. La maggior parte delle vedute dei pittori paesaggisti toscani del '400 è oggi come allora, altrettanto non è possibile qui. Non siamo più poveri e le nostre priorità non sono più quelle degli anni '60. È ora che ci impegniamo a tutelare quanto rimasto per la qualità della vita nostra e dei nostri figli, oltre che per rilanciare il turismo. Questo devono capirlo tutti».
Chi non ci sente?
«Per esempio gli immobiliaristi, non tutti, dediti alla pura speculazione. Alla cementificazione già avvenuta delle coste se ne sta per aggiungere una ulteriore, con milioni di metri cubi edificabili già approvati. E quel che è più grave quasi tutti dedicati ad appartamenti e seconde case in genere, tra l'altro con una crisi in corso da anni delle locazioni balneari. È l'ora di dire basta a queste a nuove costruzioni sulle coste. Con quella tipologia poi significa rovinare il paesaggio e gravare i Comuni di costi per servizi come la nettezza urbana che comunque devono garantire, anche se spesso si tratta di immobili occupati un mese all'anno. D'altra parte i sindaci sono diventati complici, loro malgrado. Per compensare i tagli dei finanziamenti statali agli enti locali concedono licenze edilizie per guadagnarci in oneri di urbanizzazione e introiti del-l'Ici ».
«I politici che devono fare il loro mestiere, cioè programmare senza farsi tirare la giacchetta dagli interessi immobiliari e avvalendosi degli esperti del settore. Devono stoppare i cantieri sulle coste e incentivare le demolizioni degli edifici peggiori e più vecchi sul litorale. Anche concedendo maggiori cubature all'interno, come si fa in Spagna. In Regione l'assessore Zaia è brillante e rapido, ma deve capire che i nodi del turismo veneto non stanno tanto nel
marketing e nella comunicazione. Bensì nella carenza del prodotto che vendiamo su un mercato mondiale sempre più competitivo. Non è integrato, manca la parte d'intrattenimento oggi fondamentale per attirare clientela. Lavoriamo su queste cose, altro che puntare agli 80 milioni di presenze».
«Prendiamo le ville venete. Ce ne sono quattromila, ma solo sette sono visitabili, peraltro in orario d'ufficio. A Grenada l'Alhambra si può visitare anche alle 3 di notte. Le nostre ville, se opportunamente usate e penso al turismo congressuale, si ripagherebbero le spese e magari produrrebbero reddito invece di pesare sulle tasche dei cittadini».
Insomma far ripartire il turismo, veneto e italiano, si può...
«Certo i fattori per essere competitivi li abbiamo, ma non li usiamo. Il governo ripristini il ministero del Turismo per coordinare lo sbando attuale delle strategie di promozione di Regioni. Sul prezzo i Paesi del Sud del mondo ci batteranno sempre. In Veneto si renda l'offerta più appetibile e la si faccia pagare di più. Altrimenti saremo sommersi dall'orda di turisti low cost ».
Marco Michielli è presidente regionale per il Veneto di Federalberghi e di Confturismo