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Pro e contro la sacrosanta tassa sul paesaggio della Sardegna
25 Novembre 2008
Articoli del 2006-2007
Opinioni opposte in due lettere, di Andrea Pubasa e Sandro Roggio, su il manifesto del 19 agosto 2007

Eguaglianza e tassa sul lusso

di Andrea Pubusa

Possibile che Pierluigi Sullo (La spia accesa sarda» - il manifesto del 2 agosto) non capisca che nel rinvio della «legge Soru» la c.d. «tassa sul lusso» non c'entra un fico secco? Qui c'è in gioco qualcosa di più importante, viene chiamato in causa uno dei principi centrali della nostra Costituzione: il principio di eguaglianza dei cittadini, senza discriminazione in ragione della loro provenienza regionale. Anni fa il presidente della provincia di Milano, una ex cantante passata alla destra, suscitò la giusta indignazione di molti, limitando alcune sovvenzioni scolastiche agli studenti residenti. Una misura venata di un odioso spirito razzista verso gli studenti figli di extracomunitari. Domani la regione Lombardia potrebbe imporre un tributo a tutti gli italiani residenti da Roma in giù che si rechino in quella operosa città. In una versione classista, il balzello potrebbe imporsi solo a coloro che hanno un alto reddito e il ricavato potrebbe essere destinato ai lavoratori ultracinquantenni privati del loro posto di lavoro. Come si vede, una volta infranto il principio di eguaglianza fra i cittadini a seconda della residenza o della provenienza, ogni regione potrebbe sbizzarrirsi a pensare misure di destra o di sinistra che introducono dei distinguo fra cittadini.

Confesso: personalmente ai ricchi (alla Briatore) imporrei non solo la tassa sul lusso, ma anche una prestazione personale e cioè gli chiederei se vuol trascorrere l'estate da noi, di dissodare, con pala e piccone, uno dei tanti assolati e incolti campi di Gallura. Forse la prestazione contribuirebbe amigliorarne non solo la linea, ma anche l'umanità e la condotta. Ma che c'entra? Il problema è se questa misura, vigente l'art. 3 della Costituzione, sia ammissibile se introdotta da una legge regionale e con una differenza di trattamento a seconda della provenienza regionale. Dunque, l'imposizione a carico di chi mostra con le seconde case una capacità contributiva per poi destinare i fondi così raccolti a favore della tutela ambientale, non è peregrina. E' una misura discutibile, ma può essere considerata un giusto contributo per l'uso del territorio. Ma l'oggetto della discussione è un altro: si può dare del federalismo un'interpretazione di stampo «leghista», secondo cui, al di fuori di un quadro comune e unitario offerto dalla legge statale, ogni regione fa quel che vuole? Di più: può una regione trattare i cittadini in modo diverso a seconda della loro residenza e della loro origine? Ancora, l'idea che allo stato rimanga la funzione di camera di compensazione fra regioni ricche e meno ricche è utile e buona? O è meglio il federalismo fiscale leghista, secondo cui, egoisticamente, ogni regione gestisce, senza solidarietà, le sue risorse e discrimina i cittadini di altre regioni? Come si vede, la questione sollevata dal governo tocca un aspetto centrale della formadi stato in Italia e dei diritti fondamentali di cittadinanza. La Corte costituzionale, nello sciogliere la querelle, inciderà a fondo nello sviluppo del nostro ordinamento, dovrà confermare o ridefinire i principi della prima parte della Carta. Sotto questi chiari di luna, in cui la Costituzione è sotto attacco sul fronte sostanziale (e presto lo sarà di nuovo su quello formale), io non baratterei il principio di eguaglianza con alcuna misura, giusta o sbagliata, d'ispirazione leghista, legata all'appartenenza regionale dei cittadini; lo proteggerei come il bene più prezioso.

Legge Soru per compensazione

di Sandro Roggio

Il presidente della regione Sardegna, spiazza spesso gli sguardi, pure da sinistra. Azzardando con progetti e provvedimenti, alcuni oltremodo necessari come quelli per il buon governo del territorio, che dalla politica prima di Soru non sono purtroppo venuti con la dovuta tempestività. E' la «tassa sul lusso» (chiamata così, impropriamente) oggi al centro dell'attenzione. C'è un aspetto nella discussione su questa misura - disapprovata dal governo Prodi - che riguarda la violazione del principio costituzionale di uguaglianza dei cittadini davanti al fisco.

Il principio è spesso violato - altro che tasse!- come sappiamo bene, basta un'occhiata a come vanno normalmente le cose. D'altra parte c'è la circostanza dei paesaggi sardi spremuti per fare plusvalenze impressionanti (una casa di alto rango può spuntare un prezzo 30 volte il costo di costruzione); e non può lasciare indifferenti che quegli immobili valgono decine di milioni di euro perché stanno in luoghi unici e non c'entra nulla l'abilità d'impresa. Si pensi che per l'Ici di una villa in una costa di pregio si spende come per qualche serata al Billionaire, e che le paventate imposte sulle barche sono pari al costo per tenerle in acqua alcuni giorni. La Sardegna azzarda l'idea di una compensazione. Nel deficit del legislatore nazionale si riconosce ai residenti il privilegio del risarcimento di innumerevoli guasti arrecati al paesaggio che pagheranno, non c'è dubbio, le generazioni future. Ci sono pezzi di costa sottratti all'uso pubblico con danni incalcolabili per le comunità locali che mai più potranno mettere a frutto quelle risorse compromesse in modo irreversibile. L'appartenenza a un luogo («terra e sangue» - è stato detto) non basterebbe per accordare franchigie, neppure nel nome della solidarietà ecologica e generazionale. Eppure, solo esentando i residenti questo tributo assume il suo vero significato. Questa scelta, questo principio etico, trova consensi (l'ottimo articolo di Pierluigi Sullo coglie il significato di questa scelta) e non mancano apprezzamenti da parte di illustri studiosi come Valerio Onida o Guido Melis. Ci sono preoccupate contrarietà da non sottovalutare quando dicono dello strappo alla regola costituzionale; anche se appare improprio confrontare questa motivata esenzione con quelle oltranziste di impronta razzista. Neppure convince il silenzio su altri poteri in capo alle regioni, che seminano comunque differenze tra i cittadini del paese. In altre materie nelle quali le regioni operano già con un alto grado di autonomia - l'urbanistica appunto- si possono produrre grandi sperequazioni nei territori. Infine: chi - come me - di argomenti fiscali e di delicate cose costituzionali sa poco, si pone domande riguardo a franchigie concesse ai residenti molto simili nella sostanza a dispense da imposizioni fiscali.

Peraltro il governo, mentre difende il quadro delle compatibilità, avanza ipotesi che fanno pensare. In particolare colpisce l'annuncio nei giorni scorsi del ministro Rutelli a margine - ma neppure tanto - della discussione riguardo alla progettata autostrada Tirrenica Civitavecchia - Grosseto. Su Repubblica del 5 agosto scorso, in cronaca di Firenze, un ampio resoconto del dibattito a proposito dei danni al paesaggio che verrebbero da quella strada. E ecco la proposta di Rutelli di «un'autostrada leggera con barriere a pagamento al posto degli svincoli», per agevolare il traffico locale consentendo ai residenti di «viaggiare gratis». Il sottosegretario Marcucci precisa, credo nell'ottica della compensazione del danno, che per gli aspetti tecnici «spetterà alla regione decidere in via definitiva i meccanismi che permettano di alleggerire i pedaggi per chi abita e lavora in zona». E allora: com'è che «sangue e terra» di Maremma varrebbero per ammettere, basta fare due conti, notevoli privilegi tributari?

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