La Sardegna ha due primati: è la prima regione italiana il cui presidente abbia rifiutato il titolo mediatico di “governatore”, che rappresenta un simbolo delle velleità autoritarie e centralistiche che una fase del regionalismo ha conosciuto, ed è la prima regione italiana che abbia messo il paesaggio al centro della sua attenzione. Renato Soru ha ripreso in questo senso una grande intuizione di Benedetto Croce: il paesaggio come espressione concreta della identità del paese. Il paesaggio della Sardegna come valore in sè: è valore, perciò non ha bisogno di essere “valorizzato”. Soprattutto se guardiamo al modo in cui altri hanno “valorizzato le coste della Sardegna costruendo orrori di finti paesi, omologhi a quelli che sorgono in ogni altro luogo ridente del mondo, e sconvolgendo la vita dei territori circostanti: “hanno costruito villaggi fantasma, e hanno reso fantasmi i villaggi vivi”, ha detto il presidente Soru nell’aprire i lavori del Comitato scientifico.
Questo paesaggio va in primo luogo difeso, perché è soggetto a tensioni fortissime a una trasformazione che è distruzione: distruzione della memoria, della bellezza creata dalla collaborazione del lavoro e della cultura dell’uomo con la natura, distruzione di una ricchezza che è risorsa per il futuro, e che può essere resa risorsa economica anche per il presente. Conservare infatti non equivale a congelare né a lasciar deperire. Anzi, conservare significa impiegare impegno, risorse, attività, saperi per mantenere, per ripulire, per ridare vita a ciò che si è lasciato morire – e anche per costruire di nuovo là dove l’intervento recente dell’uomo ha distrutto ciò che vale per sostituirlo con oggetti privi di qualità e di storia: per “costruire collaborando con la terra”, come ha scritto Giorgio Todde.
Il piano paesaggistico regionale vuole dare gambe a questa filosofia, regole e indirizzi a una serie di attività tutte coerentemente orientate a questo grande progetto, di cui la Giunta regionale ha definito le premesse e i lineamenti e a cui sono orgoglioso di essere stato chiamato a collaborare. Nella speranza che l’esempio della Sardegna venga seguito anche dalle regioni, dalle province e dai comuni del resto dell’Italia: che, in questo senso, la Sardegna non sia più un’isola, ma si impadronisca del continente.