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Emanuele Severino
Quello spirito critico che viene da Atene
11 Dicembre 2005
Scritti 2004
Le ragioni per le quali, secondo il filosofo, non era giusto inserire nella Costituzione europea le "radici cristiane", in un articolo pubblicato da il Corriere della Sera il 20 giugno 2004

Se c’è, in che consiste lo “spirito europeo” ? La Costituzione europea appena approvata lo rispecchia? Si possono dare subito le risposte.

Lo “spirito europeo” è lo “spirito critico” . E nessuna Costituzione, inevitabile frutto di compromessi, può rispecchiare lo “spirito critico” . Al senso di quest’ultima espressione, tuttavia, non si accede facilmente.

Lo spirito critico è lo spirito dell’Europa perché, comparso a un certo punto della storia dell’uomo, in Grecia, si è allargato sino a dominare tutti gli eventi del continente europeo, e nonostante tutto tende oggi a estendersi sull’intero pianeta. Nessun altro “spirito” è stato in grado di far questo.

Per millenni gli uomini vivono nel mito, cioè accettando le consuetudini culturali della società in cui vivono o, prima ancora, facendosi guidare dai loro impulsi. Poi, cinque secoli prima di Cristo, nell’antico popolo greco viene alla luce la volontà di dubitare di ogni consuetudine e di ogni impulso, e di respingere tutto ciò che si lascia respingere.

A questa volontà i Greci hanno dato il nome di “filosofia” . “Filosofia” è sinonimo di “spirito critico” . O ne è la radice. Respingendo i “sepolcri imbiancati” ed esaltando la “retta intenzione” Gesù è un grande sostenitore dello spirito critico — anche se sarà tradito da molti che si porranno al suo seguito. Il cristianesimo autentico è la religione filosofica per eccellenza, si è detto. Ed è giusto, per quel tanto che il cristianesimo è critica dei sepolcri. Alla base della libertà, della democrazia, del rispetto della dignità dell’uomo, che la Costituzione europea dichiara di promuovere, c’è quello spirito, cioè la lotta contro le antichissime e le più recenti tirannidi che esigono la cieca accettazione dei loro comandi.

L’atteggiamento critico si estende sin dove gli è possibile. Non si ferma sin quando gli è possibile detronizzare tiranni e abbattere idoli. Si ferma cioè solo dinanzi all’innegabile — e l’innegabile autentico è la verità. “Filo- sofia” significa, alla lettera, “cura per ciò che è luminoso ( saphés )” ; e la verità è per essenza ciò che si mantiene nella luce.

Tutte le forme della cultura e della civiltà europea tengono al loro centro questa volontà di verità. Che non può essere regolata da leggi esterne — e in questo senso è “anarchica” — , ma solo dalla legge che prescrive di respingere tutto ciò che può esser respinto — e in questo senso è sommamente non anarchica. È palese l’anima comune della verità, della scienza moderna e della crescente razionalizzazione dell’agire in Europa. E anche dell’arte europea — la quale conduce sì nel sogno, ma perché ha costantemente dinanzi i connotati della veglia, cioè della verità del mondo, da cui vuol prendere provvisorio o definitivo congedo. Il rapporto alla verità divide gli uomini perché di fronte a essa ogni individuo deve essere solo e perdere in qualche modo di vista quel che fanno gli altri. Non guardava in questa direzione Gesù, quando diceva di esser venuto a portare la spada? Nessuna meraviglia se, a differenza di quanto accade negli Stati Uniti, gli Stati europei, come le antiche città greche, e ripetendo la diaspora degli individui rispetto alla verità, siano così differenti, divergenti, in lotta e liberi gli uni dagli altri. Una libertà, questa, che non ha nulla a che vedere con le degenerazioni dello spirito critico, come la libertà che è licenza delle masse europee e occidentali, o come l’inerzia culturale che trasforma in un dogma lo stesso spirito critico. Del quale il cristianesimo, nel suo sviluppo storico, è stato un grande nemico.

Si comprende quindi che cosa stia al fondo delle riserve di chi avrebbe dovuto inserire nella Costituzione europea il riconoscimento delle nostre “radici cristiane” . È breve il tragitto che ( indipendentemente dalle intenzioni) conduce da questo riconoscimento a quello della sopravvivenza di tali radici e dunque al riconoscimento che l’Europa è uno Stato cristiano — con l’inevitabile conseguenza che una condotta di vita non cristiana sarebbe una violazione della Costituzione europea. È un’affermazione dello spirito critico che l’Europa non abbia i suoi “Patti Lateranensi” .

Fuori discussione, dunque, l’importanza della Costituzione europea. Ma è ancora un passo formale. Più decisivo è come l’Europa possa disporre, sul piano della politica estera, di una “capacità operativa ricorrendo a mezzi civili e militari” ( art. 40 della Costituzione).

L’Europa non può allontanarsi dagli Stati Uniti, ma può esserne un interlocutore credibile e dunque un valido alleato solo se è militarmente forte. Penso alla forza che, in un mondo sempre più pericoloso, non può essere improvvisata, e che però esiste già, ed è l’armamento nucleare russo. Europa e Russia stanno già da tempo riavvicinandosi.

Come potrebbe essere diversamente? Se si prospetta l’aggregazione della Turchia all’Europa, come ignorare, oltre al resto, che lo “spirito critico” ha condotto in Russia al tramonto del comunismo? Detto questo, il passo più decisivo incomincia a questo punto: gettar luce nell’abisso inesplorato da cui lo “spirito critico” è emerso.

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