Caro Eddy,
il mio sconcerto per gli articoli di Pirani su "la Repubblica" in accanita difesa del progetto ritenuto opera di Niemeyer (col secondo articolo che si conclude con una lunga citazione del sindaco, quasi che il timbro dell'autorità possa fare definitiva giustizia delle posizioni contrarie a un'operazione illegale) non è stato poi così traumatico. Pirani, da me ammirato soprattutto per gli interventi in pertinace difesa del servizio sanitario nazionale, della scuola pubblica, ecc.ecc., altre volte ha lasciato trapelare la sua nervosa intolleranza verso un presunto radicalismo verde che impedirebbe l'attuazione di certe opere necessarie per lo "sviluppo" (si ride) del paese. Come se il disastro territoriale e paesaggistico gli fosse sconosciuto, o non esistesse appunto grazie all'azione del radicalismo verde i cui risultati vedrebbe lui solo; mentre noi rimpiangiamo che non ci sia stato da nessuna parte, verdi o rossi o azzurri che fossero, effettivo radicalismo nella difesa del Bel Paese, ormai Malpaese (Valentini, con insistenza, sempre su "la Repubblica").
Come sai, su Ravello ho scritto ampiamente, anche discutendo con De Seta. Non è il caso di riprendere argomentazioni da lì, salvo un'autocitazione che corrobora i principi dichiarati alla fine del tuo editoriale 42 / 2 maggio (risarcire le ferite, disegnare con delicatezza un progetto di ricupero del paesaggio, un progetto di restauro): "la miglior soluzione è quella di un'architettura che sia capace di non ergersi, che scelga invece un lavoro di cura, risanamento del corpo malato, di ricostruzione della perduta giovanile bellezza con nuova bellezza senile" (21.1.04). Un principio generale, questo, da applicare in tutti quei pochi luoghi non ancora del tutto massacrati dove premono i mostri per realizzare le loro mostruose dimore. Attenzione, ora. Pirani, a sostegno della propria posizione e dell'attacco a Italia Nostra, rivanga l'occasione persa da Venezia di potersi dotare di opere di Wright e di Le Corbusier. A parte che da una lettera al giornale di Franca Serni, già collaboratrice di Carlo Scarpa, il progetto del maestro americano parrebbe in anticipo di un paio d'anni sulla fondazione di Italia Nostra, la questione allora si poneva in maniera diversa; Pirani non centra il bersaglio. Per limitarmi al caso del Masieri Memorial: mi ricordo che non emerse alcuna questione di legalità. Si trattava di inserire l'edificio di modeste dimensioni in un piccolo tratto della cortina sul canale, quella cortina che mette in mostra architetture di cinque o sei secoli tenute insieme, incatenate direi, appunto dalla forza della continuità, inoltre rafforzata e definitivamente unificata dalla straordinaria e specchiante partecipazione della strada d'acqua. Le istituzioni locali (e no?), il comune soprattutto, bocciarono il progetto (meraviglioso, wrightiano che più non si poteva, se così posso dire, cioè pieno di attenzione alla "natura", alla storia e ai sentimenti) adottando un loro punto di vista meramente estetico, cieco verso un'''architettura moderna" considerata come un generico offensivo apparato lesivo di un presunto, inesistente stile del canale. Insomma, per noi il Memorial si doveva costruire e allora sì, veramente, Venezia avrebbe avuto un dono come i molti ricevuti nei secoli lungo il canale. Nessuna analogia fra il Niemeyer di Ravello e il Wright di Venezia.
Infine, mi sai ricordare almeno un caso importante di rovinoso intervento in Italia per il quale Pirani abbia speso la sua autorità di bravo giornalista?
Condivido totalmente il tuo editoriale, salvo osservare che il confronto con lo sfondamento dovuto a Via della Conciliazione non è forse il meglio calzante, è anche altro a cui oggi voglio dedicare un po' di attenzione: il quotidiano a cui fai, come molti di noi, riferimento, non ha pubblicato le lettere critiche dell'atteggiamento piraniano. Brutta cosa, ma, l'ho capito da tempo, "normale" purtroppo. Ne ho avuto prova quando scrissi ad Augias circa il referendum sull'articolo 18, criticando la sua propaganda per il no all'estensione proprio mentre un bellissimo articolo di Luciano Gallino accanto alla sua rubrica dimostrava l'utilità sociale e, direi, morale del sì. Tu pubblicasti il mio pezzo notando la mancanza di risposta. Penso che i giornalisti non accettino critiche, nemmeno da persone che, riguardo a un dato tema in causa, posseggono credenziali di primo ordine. C'è poi il modo di Scalfari su "Venerdì": quando, talvolta, pubblica una lettera "contro", lo fa per poter dissertare agevolmente in una risposta scritta con l'abilità che gli è propria.
Circa "la Repubblica" dovrei andare oltre e dire del cambiamento sia nei contenuti sia nella grafica, quest'ultima ormai davvero impostata secondo la presunta opportunità, oggigiorno, di tempestare il "cliente" con figure a colori e no in gran parte inutili, contraltate da articoli sempre più brevi, salvo i pochi nelle pagine deputate alla cultura (talvolta poco interessanti o, addirittura, "barbine". Quanto ai contenuti politici, sociali, sindacali e così via forse me ne occuperò in futuro. Per oggi ti chiedo: ti sei accorto del radicale mutamento in ordine alla questione israelo-palestinese? Ultimo atto "culturale" l'intervista di ieri, 6 maggio, allo storico Benny Morris (di Susanna Nirestein), a suo dire "sempre uomo di sinistra" che però sarebbe "secondo" rispetto a un "primo" meno anti-palestinese. Infatti, cosa potrebbe proporre d'altro oltre al "giusto" muro, ai "legittimi" omicidi mirati, all'esclusivo scarico di responsabilità su Arafat? Sono lontani i tempi in cui leggevamo gli equilibrati, sinceri articoli di Sandro Viola; ti sei accorto di quando "l'hanno fatto fuori" perché gli israeliani lo avevano accusato, ingiustamente, di stare dall'altra parte? Poi l'hanno riciclato attraverso varie prove d'incarichi, ripartendo da Mosca per ritornare solo recentemente, e raramente, sul tema per il quale era stato maestro, sempre bravo ma attentissimo a non sgarrare? Pensa a come si potrebbero far leggere a Pirani le lettere inviate a te, la mia compresa.
Ciao, caro. Lodo
Non so proprio come rispondere all'ultima domanda. Ma sono certo che qualche giornalista di Repubblica capita ogni tanto su queste pagine. Del resto, bisogna avere un po' di comprensione verso i giornalisti, che ogni giorno devono scegliere tra mille cose. Se poi uno è un po' fazioso, come Pirani (e come del resto noi stessi)...
Ti ringrazio molto per i risultati che fornisci, e me e ai frequentatori di Eddyburg , delle attentissime letture che fai di Repubblica . Che su questo giornale appaiano cose che non condividiamo è comunque utile: ci ricorda che è bene non affezionarsi troppo a una sola testata, ma ooccorre confrontarne, sempre che si possa, più d'una. E' una tesi che credo che Scalfari condividerebbe.