Solo il TG3, e solo timidamente, in coda a un servizio sul blocco della circolazione auto nelle grandi città, ha suggerito l’analogia tra il fumo (quello delle sigarette) e la concentrazione omicida di polveri sottili nell’atmosfera (le famigerate PM10), facendo ricorso allo slogan ormai divenuto eufemismo, a fronte per esempio de “il fumo uccide”, con cui i disgraziati fumatori sono costretti a convivere quasi avessero sottoscritto la regola dei carmelitani scalzi.
Ed è il caso di parlarne proprio nel giorno dello sciopero indetto dai macchinisti dei treni dopo il disastro di Crevalcore, per diverse ragioni. Come ha detto con splendida umiltà istituzionale, sfilandosi dalla disgustosa passerella di ‘autorità’ et similia, il Sindaco di quel comune, Valeria Rimondi, in quella parte del territorio non è possibile che i cittadini abbiano paura di andare in treno: la nebbia, la nebbia assurda che in questi giorni nasconde buona parte della nazione a se stessa, in quella parte del territorio è una compagna abituale, non eccezione meteorologica, ma protagonista di buona parte dell’inverno, di tutti gli inverni, e spesso anche delle altre stagioni. Ci sono dunque ottime ragioni per non usare l’auto – per adottare quel comportamento ‘civile’ che molti pianificatori/trasportisti/ambientalisti auspicano divenga fatto diffuso – che gli stessi provvedimenti di blocco della circolazione auto implicitamente prevedono: fare uso delle reti di trasporto pubblico, e specialmente di quelle in sede propria. Ma la rete ferroviaria italiana è quella che mostra di essere: non è storia degli ultimi anni, ma storia di un capitalismo che ha ritenuto – ancor prima della guerra – di favorire nella produzione auto (nella Fiat) uno dei propri punti di eccellenza: la privatizzazione di FS (la pseudoprivatizzazione, come ogni altra simile che abbia avuto luogo nel nostro paese) ha dato solo il colpo di grazia. Ma, mentre l’obsolescenza dilagava come una muffa nociva, nascosta dal luccichio degli appalti per l’alta velocità, ecco che l’auto italiana, ancorchè protetta in modo quasi indecente dalle politiche economiche ed infrastrutturali di intere generazioni di governi, si è allontanata sempre di più dall’eccellenza, e la stessa Fiat è divenuta ostaggio dell’unica cosa che pare funzionare nel paese: la rendita, in questo caso quella finanziaria. Il decorso dei due fenomeni paralleli non è durato un giorno – ma diversi decenni – nel corso dei quali il capitalismo italiano faceva del suo meglio per perdere altre posizioni di eccellenza (l’informatica, la chimica, l’alimentare), di nuovo, se non per dolo conclamato, per il prevalere di logiche finanziarie su quelle produttive.
Anziché interrogarsi oziosamente sull’attualità o meno di comode astrazioni come la ‘socialdemocrazia’ o il ‘comunismo’, le forze di centro sinistra in questo davvero ‘sinistro’ frangente della vicenda economica nazionale dovrebbero forse per prima cosa tornare a riflettere su che cosa sia, oggi, in Italia, ciò che sbrigativamente si chiama ‘mercato’ – ciò che una volta, più seriamente, si chiamava il sistema capitalistico: solo a quel punto potrà essere credibile ragionare di quale debba essere il rapporto fra questo ‘mercato’ e lo Stato – socialdemocrazia e welfare compresi. Perché non cominciare, per esempio, proprio dagli esiti delle decantate ‘privatizzazioni’?, perché non cominciare la riflessione da quelli che sono stati i ‘nostri’ errori?, che cosa abbiamo da rispondere, allo sciopero dei macchinisti?, abbiamo qualche idea nuova, che ci prometta di poter viaggiare in sicurezza?
Per il momento, è assodato che sui treni non si fuma: diminuiscono (di quanto?) le probabilità che l’esposizione al fumo passivo induca sul nostro organismo i suoi effetti nefasti. In compenso si deraglia e ci si scontra: di qualche morte bisogna pur morire…
E l’attento e consapevole e medico e responsabile ministro Sirchia non ha una parola sulle polveri sottili, non una sul fatto che l’80 % delle merci movimentate su gomma - non tanto la mamma che va in macchina a portare i bambini a scuola - sia tra i principali responsabili dell’avvelenamento dell’aria, della nuvola nera che si addensa sul cielo padano e vaga, spinta dal vento, da una città all’altra, dal groviglio delle autostrade alle nostre misere e ottocentesche ferrovie.
In attesa di un nuovo banco di nebbia che si addensi a nascondere altri disastri, senza però riuscire a nascondere del tutto la nazione a se stessa – e questo anche grazie agli scioperi come quello di oggi.