Nessun’altra parola può darci un indizio sui sentimenti che il distacco dalla vita e dalla terra, inevitabilmente visti come prossimi dal poeta anziano, ma forse ancora non “sazio di anni”, se non le sue stesse, nella meditazione sulla prima stazione della Via Crucis al Colosseo del 1999: quando scompare chi molto ha detto è scritto, è prima di tutto lui, che deve continuare a parlare:
Padre mio, mi sono affezionato alla terra
quanto non avrei creduto.
È bella e terribile la terra.
Io ci sono nato quasi di nascosto,
ci sono cresciuto e fatto adulto
in un suo angolo quieto
tra gente povera, amabile e esecrabile.
Mi sono affezionato alle sue strade,
mi sono divenuti cari i poggi e gli uliveti,
le vigne, perfino i deserti.
È solo una stazione per il figlio Tuo la terra
ma ora mi addolora lasciarla
e perfino questi uomini e le loro occupazioni,
le loro case e i loro ricoveri
mi dà pena doverli abbandonare.
Il cuore umano è pieno di contraddizioni
ma neppure un istante mi sono allontanato da te.
Ti ho portato perfino dove sembrava che non fossi
o avessi dimenticato di essere stato.
La vita sulla terra è dolorosa,
ma è anche gioiosa: mi sovvengono
i piccoli dell’uomo, gli alberi e gli animali.
Mancano oggi qui su questo poggio che chiamano Calvario.
Congedarmi mi dà angoscia più del giusto.
Sono stato troppo uomo tra gli uomini o troppo poco?
Il terrestre l’ho fatto troppo mio o l’ho rifuggito?
La nostalgia di te è stata continua e forte,
tra non molto saremo ricongiunti nella sede eterna.
Padre, non giudicarlo
questo mio parlarti umano quasi delirante,
accoglilo come un desiderio d’amore,
non guardare alla sua insensatezza.
Sono venuto sulla terra per fare la tua volontà
eppure talvolta l’ho discussa.
Sii indulgente con la mia debolezza, te ne prego.
Quando saremo in cielo ricongiunti
sarà stata una prova grande
ed essa non si perde nella memoria dell’eternità.
Ma da questo stato umano d’abiezione
vengo ora a te, comprendimi, nella mia debolezza.
Mi afferrano, mi alzano alla croce piantata sulla collina,
ahi, Padre, mi inchiodano le mani e i piedi.
Qui termina veramente il cammino.
Il debito dell’iniquità è pagato all’iniquità.
Ma tu sai questo mistero. Tu solo.
Ma mi piace esprimere il dolore della perdita di Mario Luzi anche nelle parole intonate di un piccolo gruppo di lettura, che ci aiuta a ricordare il ‘ritratto’ del personaggio; sono quelle che seguono:
Mario Luzi proprio l’anno scorso ci aveva offerto una lettura magistrale di Tetrarca e altre cose.
Ne abbiamo prodotto un dvd in collaborazione con il Dipartimento di Italianistica. In un’intervista parallela con Sergio Cofferati, ospitata sul Domani a cura del nostro Andrea Severi, aveva parlato del ruolo civile della poesia.
Non aveva avuto la minima diffidenza a diventare subito amico di un piccolo gruppo come il nostro. Bastava una telefonata ed era a nostra disposizione, per leggere, per parlare, e bastava un saluto per essersi detti tutto.
Abbiamo imparato che i veri grandi sono naturalmente accessibili, non sono foderati di segreterie, non sono scostanti. Lui era un nostro amico.
Associazione "La Bottega dell'elefante", gruppo di lettura bolognese,
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