Ci sono disastri annunciati che una denunzia tempestiva impedisce; e ci sono disastri annunciati che macinano inesorabilmente tutto il loro percorso. Nell´utilissimo catalogo degli orrori ambientali realizzati o progettati in Toscana proposto ieri da Francesco Erbani ne manca uno. Mi si permetta di aggiungerlo, anche perché il silenzio con cui lo si è finora coperto dà sostanza al pericolo. La coraggiosa azione di difesa del paesaggio toscano condotta da Repubblica e da Asor Rosa fa sperare se non in un ripensamento dei responsabili dei disastri almeno nell´efficacia della vergogna pubblica per chi finora ha proceduto copertamente. In questo caso non si tratta di cementificazione ma di una aggressione all´ambiente ancora più grave perché colpisce direttamente una risorsa primaria - l´acqua - e indirettamente cancella un paesaggio unico nel suo genere, ricco di specie naturali rarissime e legato alla storia delle popolazioni circostanti da tristi memorie civili. Se si realizza il progetto elaborato anni fa dalle amministrazioni locali sarà condannata alla scomparsa nientemeno che l´area umida naturale più vasta d´Italia, il Padule di Fucecchio.
L´attacco viene da lontano e nonostante tutti gli ostacoli che ha incontrato - negli abitanti, nei responsabili della salute pubblica, nelle società di valutazione dell´incidenza ambientale, e da ultimo finalmente nel Ministero dell´Ambiente - continua sordamente ad andare avanti, sotterraneo e micidiale come il tubo che ne costituisce l´idea base. Un´idea del tubo, o - come tutti ormai l´hanno ribattezzata - del Tubone.
Ecco i precedenti. Diversi anni fa fu presa la decisione di portare le acque della Valdera, della Valdelsa e della Valdinievole ai depuratori del comprensorio del cuoio del Basso Valdarno (Santa Croce, Ponte a Egola, Castelfranco).
Era un´operazione politicamente bi-partisan: il documento dell´«Accordo di programma» era sottoscritto dall´allora ministro dell´ambiente Altero Matteoli e da tutte le amministrazioni pubbliche toscane interessate, rigorosamente e tradizionalmente di centro-sinistra: Regione, province, comuni, enti, authority, aziende municipali e quant´altro. L´accordo intervenuto tra contraenti così eterogenei si intitolava al nobile fine della «tutela delle risorse idriche». Definizione singolare, o meglio grossolano occultamento della realtà.
Il nocciolo del progetto, la sua parte più distruttiva e insieme quella che stava più a cuore ai proponenti era quella relativa alla Valdinievole. L´idea era quella di incanalarne le acque in una tubatura sotterranea lunga parecchi chilometri e portarle fino ai depuratori della ricca e inquinatissima area del cuoio: questo - si disse - per ridurre la quantità di acqua che attualmente si emunge dal sottosuolo allo scopo puramente meccanico di diluire le sostanze che la lavorazione del pellame porta ai depuratori. Con una enorme spesa pubblica si garantiva così un sostanzioso risparmio nelle spese della gestione (privata) dei suddetti depuratori: i quali intanto, liberati da ogni vincolo di osservanza delle tabelle di legge grazie alla semplice firma di quell´accordo, hanno potuto da allora macinare ogni genere di porcheria. L´altro vantaggio era per i sindaci della Valdinievole i quali, deportando le loro acque sporche, potevano cessare di preoccuparsi per le responsabilità di una depurazione in loco inesistente o deficitaria. L´operazione aveva un costo che non veniva detto: semplicemente la cancellazione dell´area umida del Padule di Fucecchio, la più vasta area umida d´Italia sopravvissuta nonostante il crescente inquinamento dei corsi d´acqua della Valdinievole che la alimentano. Operazione dissennata, presa a cuor leggero: chi si preoccupa se viene cancellata l´unica area dove sopravvivono varietà rarissime di flora, dove sono tornate a nidificare le cicogne, dove la popolazione si riunisce annualmente nel ricordo di una spaventosa strage nazista che lasciò tra i prati e le acque del Padule i corpi di 178 vittime tra uomini, donne e bambini? Ma dissennata e rovinosa anche per le conseguenze prevedibili: una grande massa d´acqua convogliata ai depuratori e immessa nel corso dell´Arno - dopo trattamenti che la rendono non più recuperabile - con la conseguente minaccia gravante sul percorso terminale del fiume fittamente urbanizzato.
Da allora, molta acqua è passata sotto i ponti; anche sotto i ponti e nelle valli del Padule. L´accordo di programma non si è realizzato. Non ancora. Proteste pubbliche, resistenze di assessori «verdi», pareri negativi di agenzie di valutazione, perfino una decisione del vigente Ministero dell´Ambiente che ha imposto la costruzione di un grande depuratore in loco per le acque della Valdinievole. Eppure nemmeno la volontà di un Ministero fa legge: si racconta che di recente sindaci e amministratori locali si siano rivolti al ministro Chiti (molto influente nella zona) minacciando una rivolta se il Tubone non si farà. Ci si chiede perché. Non dovrebbero essere proprio loro a rispettare il dovere costituzionale di tutelare l´ambiente e il paesaggio? che cosa è successo nelle amministrazioni comunali toscane, storicamente le cellule originarie della democrazia italiana?