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Giulio Pane
Lettera a Pirani
9 Maggio 2004
Ravello
Una lettera a Mario Pirani sull'auditorium di Ravello, che non sarà pubblicata se non qui. Mi è pervenuta il 6 maggio 2004

Caro Pirani,

quando anche lei ha ritenuto di intervenire sulla questione ‘Auditorium di Ravello’ ho pensato: “Guarda un po’ dove arriva il potere di quella lobby; scomodano persino Pirani, che siamo abituati a considerare serio e dettagliatamente informato”.

Ma adesso lei ritorna sull’argomento, facendosi portavoce delle dichiarazioni del sindaco; ho dovuto pensare che lei ci creda. E ripensando ad altri suoi scritti nei quali – con giustezza, a mio parere – se la prendeva con il conservatorismo assoluto che domina alcune posizioni della realtà ambientalista italiana, ho capito che questa è l’unica affinità tra le sue posizioni e quelle espresse dagli argomenti della lobby suddetta.

E allora elenco ancora una volta gli argomenti e contrario, già da me esposti. Nella penisola sorrentino amalfitana vige un PUT (Piano urbanistico territoriale) che ha individuato precise linee di sviluppo e di compatibilità con le condizioni storiche e geomorfologiche locali. In particolare, ha indicato che strutture di carattere fortemente attrattivo, come l’auditorium in questione, vanno ubicate altrove, in posizione baricentrica rispetto alle utenze e senza generare flussi di movimentazione che la struttura urbanistica degli antichi centri non può reggere. Perciò, quando l’ineffabile sindaco di Ravello sostiene che se avesse approvato la realizzazione di un centro sociale di 409 posti tutto sarebbe stato in regola, si può agevolmente rispondere ‘ni’, sia perché nessun centro sociale di funzione locale avrebbe ragionevolmente potuto raggiungere tale dimensione, sia perché invece una tale struttura avrebbe effettivamente potuto trovare posto ‘legale’ nel luogo prescelto (poco importa, ai fini paesistici, che oggi tale area sia un roveto-immondezzaio, perché la storia del nostro paesaggio dimostra che ogni area preservata è comunque un patrimonio suscettibile di riqualificazione, mentre un’area abusivamente occupata è comunque una disgrazia non più rimediabile).

Nessun lavoro preliminare di studio ambientale è stato condotto da Niemeyer né da altri; con ciò intendo non qualche velleitario schizzo accompagnato da una composizione ‘poetica’, ma un serio e dimostrativo studio prospettico-ambientale che dimostrasse il vantaggio paesistico dell’inserimento proposto. Ciò è in conflitto con tutta la nostra cultura; se Niemeyer è abituato a progettare nel deserto, ciò potrà anche essere, ma a Brasilia, non in Costiera. In questione sono dunque tre punti: 1 – La mancanza di uno studio a livello regionale che dimostri l’opportunità funzionale dell’auditorium a Ravello, quando Napoli non ne ha ancora uno, ed ha appena rischiato di perdere la propria orchestra sinfonica, scaricata dalla RAI. 2 – La mancanza dei presupposti urbanistici di compatibilità col PUT, che consentano di collocare una tale struttura a Ravello, già intasata dal traffico e insuscettibile di vedere ulteriormente incrementati i propri flussi turistici, così com’è invece nei propositi dell’amministrazione e di alcuni privati. 3 – La incompatibilità del progetto di Niemeyer, o di chi per esso, con la struttura del luogo, sia perché risolve con uno sbalzo di alcuni metri la contraddizione con l’area di sedime, che non lo consentirebbe, sia perché propone ancora una volta il gioco della ‘pura forma’, quale evasione dalla difficoltà e problematicità contingente della progettazione, rinnegando valori ed istanze che si sono venuti affermando con sempre maggiore evidenza nella teoria e nella prassi della moderna cultura architettonica. O non è così?

Giulio Pane, Professore di Storia dell’ArchitetturaDipartimento di Storia dell’Architettura e Restauro Facoltà di Architettura - Napoli

Vedi anche la lettera a Eddyburg di LodoMeneghetti

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