E’ un incanto la costiera amalfitana. Il clima assolato e colorato, intenso e denso. Natura e cultura travolgono bruscamente la quotidianità di chi viene da fuori. Uno spettacolo diffuso di colori, in una cura minuta di spazi, giardini, piccole case e alberghi di tradizione. L’atmosfera è rarefatta, ma sempre inclusiva. Ospitalità e disponibilità, nel culto del mare e del sole. C’è sempre una soluzione possibile, per tutto. Limoni, maioliche colorate, calce bianca sulle case con i tetti bombati, vigneti, terrazze e speroni sul mare. Il continuo camminare, lo scendere e salire nei piccoli centri, nei vicoli, nelle piazzette, con gli odori di natura e di cucina che si fondono dappertutto, veri e propri aperitivi “low cost” che stuzzicano di continuo l’appetito.
Ravello vigila dall’alto, al centro di questo panorama unico. Uno straordinario ambiente, in un clima temperato dall’aria fresca sotto le cime dei Lattari posti a cornice della Costiera. Ravello si affaccia da due lati, da una parte sulla gola che condivide con Scala fino al mare di Atrani, dall’altra sulla costiera di Maiori e Minori, in un blu totalizzante. Dalla piazza principale si arriva con un piccolo tunnel sul fianco che si affaccia sulla costiera verso Maiori, dove c’è una strada panoramica con un muretto basso e grigio a dorso d’asino. E’ via Giovanni Boccaccio e ci sono frotte di turisti da tutto il mondo. Si fanno le foto con quello sfondo unico alle spalle. Anche se sono le 12,30, nell’assolatissimo e caldo ferragosto. Il clima, l’atmosfera sono intensi. Tutti parlano sottovoce. Anche le poche macchine autorizzate sembrano procedere in punta di gomme. Nel soffuso brusìo di sottofondo, all’improvviso una frase si percepisce netta: “Not the station!” E’ una coppia di giovani inglesi, in un gruppetto di coetanei che si fanno le foto. Il ragazzo implora un amico di non includere nella foto ricordo qualcosa che sta lì sotto, nello sfondo. Basta avvicinarsi al muretto per capire cos’è che il turista non vuole nella foto: un enorme blocco di cemento bianco, sproporzionato rispetto alle costruzioni di contorno. Sembra la stazione ferroviaria di un treno che non c’è. E’ l’Auditorium di Ravello.
Tornano alla memoria le polemiche di 5-6 anni fa contro un’opera voluta dall’allora sindaco margheritino Secondo Amalfitano, con il sostegno militante del sociologo De Masi e di tutto il solito, indistinto panorama politico, da Brunetta a Realacci, da Bertinotti a Bassolino, con Augias, Cacciari e Cassano nelle retrovie. E tutti i partiti schierati a favore, senza eccezioni di rilievo. Come anche le associazioni ambientaliste: a partire dalla Legambiente, apertamente favorevole, con il Wwf silenziosamente complice. Era il periodo della critica diffusa all’ambientalismo del no, in piena subalternità alle ragioni del fare, del costruire. Tutti dentro un’armata potente, trasversale, francamente sproporzionata contro poche voci contrarie, uniche schierate accanto all’urbanista Vezio De Lucia: Italia Nostra, Vittorio Emiliani, Eddyburg, sito cult degli urbanisti. Quattro, essenziali, le obiezioni dei dissidenti: innanzitutto, l’opera era in contrasto con il piano urbanistico territoriale e mancava la preliminare variante del Consiglio regionale; eppoi, il prevedibile choc paesaggistico che sarebbe stato prodotto dall’impatto dell’Auditorium su quel contesto unico al mondo; inoltre, la stessa Regione Campania considerava Ravello turisticamente “satura” e quindi da non “sviluppare” ulteriormente. Infine, ma non ultima, l’esigenza di destinare le ingenti risorse economiche a situazioni campane assai più arretrate e quindi più meritevoli di attenzione, proprio sul tema della riqualificazione culturale (Scampìa? Bagnoli? L’agro nocerino?).
Il tema posto dai proponenti e dai loro sostenitori si fondava invece tutto sul potenziamento del turismo a Ravello, con la musica colta in grado di attrarre turisti anche fuori stagione. Si sono susseguiti ricorsi al Tar (che ha dato ragione a Italia Nostra) e al Consiglio di Stato (che ha invece giudicato irregolare il ricorso di Italia Nostra). E così l’armata della politica senza distinzione ha vinto, l’Auditorium è quasi completato. E il problema ora è chi lo deve gestire, se il Comune di Ravello o la Fondazione Ravello presieduta da De Masi, con Realacci e Brunetta ancor oggi assieme nel board di indirizzo strategico. L’ex sindaco Amalfitano, nel frattempo sostituito alla guida del Comune di Ravello, è passato al Pdl e collabora a Roma con il ministro della funzione pubblica Brunetta.
Ora l’opera c’è e fa impressione: non si capisce proprio che c’entra in quello straordinario contesto paesaggistico. Continua a non cogliersene il senso.
Per chi vuole invogliare frotte di turisti ad ascoltare musica tutto l’anno a Ravello resta il problema di come semplificarne i collegamenti, visto che d’estate è tutto molto complicato mentre d’inverno sono richieste addirittura le catene per passare il Valico di Chiunzi sui monti Lattari, per arrivare dall’autostrada che attraversa l’agro sarnese-nocerino. Ma c’è già una proposta, grottesca e agghiacciante, che si affaccia periodicamente: collegare direttamente la Costiera Amalfitana all’autostrada mediante un tunnel sotto i Lattari. La solita risposta, “per valorizzare il cemento ci vuole necessariamente altro cemento”, come è capitato proprio nell’agro sarnese-nocerino un tempo terra di coltivazioni e di produzioni ricchissime e oggi letteralmente coperto da cementificazioni e urbanizzazioni senza qualità.
Qui l'appello dei 165 intellettuali che difesero l'illeggittimo e devastante progetto, con tutte le firme. E qui una intera cartella di eddyburg dedicata all'evento e alla polemica.