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Fischi e fiaschi. Corrispondenza con Cesare de Seta
24 Marzo 2004
Ravello
Cesare de Seta era presente alla discussione in TV (RAI3, Ambiente Italia, 24 gennaio 2004) nella quale recitavo la parte del Bastian contrario. Mi ha scritto, gli ho risposto. Ecco la corrispondenza. Potete leggere anche la perizia stragiudiziale di Carlo Gasparrini, che l’autore mi aveva cortesemente inviato; è in formato .pdf ( perizia stragiudiziale di Carlo Gasparrini).

La lettera di Cesare de Seta

Caro Eddy, il Sindaco di Ravello mi invia la Tua lettera per conoscenza, visto che io non avevo tuo e-mail, né conoscevo il tuo sito; aggiungo qualcosa di mio per poco che possa valere. La tua risposta e garbata e piena di concetti che per larga parte condivido in linea generate, in linea di principio. II tono della tua intervista in tv e del Tuo articolo sul CdM era assai più duro... e con una vena demagogica che considero estraneo al tuo carattere e alla tua biografia intellettuale che presumo di conosce un po'. Ti ho risposto su alcuni punti in diretta tv, con un certo disagio che amici comuni hanno ben inteso: perché averti avuto come contraddittore mi ha creato disagio.

Ovviamente, al contrario di te, io penso che anche a Ravello o nella mia ben più amata Capri si possa fare della modernità, a condizioni che ci sia qualità dell'architettura consapevole del sito e legalità rispettata (come spiega in modo impeccabile la perizia del mio amico, collega e già allievo Carlo Gasparrini): penso che entrambe le circostanze siano presenti a Ravello. Rara avis, aggiungo! Perché di fronte a volgare architettura anch'io penso che Ravello, Capri o Venezia debbano per quanto possibile restare immuni da brutture. Cos! come considero effetto di cattiva o pessima informazione la favola che Niemeyer non abbia fatto che uno schizzo. Per quanto poco valga la mia testimonianza aggiungo quanto segue: nella primavera del 1999 sono stato invitato alla Fiera del libro di Rio de Janeiro dal mio editore brasiliano, poi ho fatto giro di conferenze a Brasilia, Victoria, Salvador de Baia. A Rio ho chiesto di incontrare Niemeyer che mi ha accolto calorosamente net suo studio dicendomi che conosceva i miei libri francesi (forse mentiva per la tradizionale cortesia carioca!): sui tavoli aveva il progetto di Ravello. Me to mostrò e ne parlammo con lui e i suoi collaboratori. Lui disegna come un padreterno e ti assicuro che solo lui poteva disegnare I'Auditorium che ha progettato. Magari ci fossero per il mondo dei cloni di Niemeyer, converrebbe ingaggiarli! Dunque su questo punto puoi stare certo che il progetto e suo! Al rientro chiesi a De Masi di farmi avere il progetto appena sarebbe giunto: quando giunse to studiai con un certo scrupolo e to misi a confronto con il topos che conosco bene anche se non come Capri. Ne scrissi un articolo per "Ars" rivista diretta da Calvesi per la De Agostini-Rizzoli che usci sempre net 1999. Un po' rivisto ho pubblicato quel testo "Niemeyer a Ravello" net mio "L'architettura della modernità tra crisi e rinascite", Bollati-Boringhieri, 2002, pp. 258-61. Poi nella miscellanea in onore dell'amico Lionello Puppi che del maestro e il maggior esegeta italiano. Dunque le mie opinioni si sono formate del tutto al di fuori di questo bailamme burocratico-tar di questo ultimo mese. Ti rubo ancora qualche minuto. Vivevo a Parigi al tempo in cui Mitterand aveva deciso di costruire la Piramide: con André Chastel, maestro e amico, ci convincemmo delta bestialità della Piramide. Su "Le Monde" e sul "Corriere" conducemmo una battaglia con tanti intellettuali schierati pro e contro. Perdemmo come sai. Inaugurata la Piramide il mio (nostro) amico Antonio Cederna andò a Parigi e scrisse un articolo entusiasta a favore della Piramide per "Repubblica": gliene dissi di tutti i colori come si fa tra vecchi amici perché io penso ancora che la Piramide e uno sfregio al Louvre. Ma con Antonio siamo rimasti amici fino alla fine prematura: spero che questo apologo rispondente al vero e questa mia testimonianza tu voglia intenderli.

La mia risposta

Venezia, 30 gennaio 2004

Caro Cesare,

non avevi bisogno di ricordare l’episodio della piramide di Pei per augurarti che l’amicizia tra noi non sia turbata dalla storia di Niemeyer a Ravello. Figuriamoci. Sia tu che io siamo uomini liberi, diciamo quello che pensiamo e la nostra amicizia non ci impedisce di avere idee diverse; ma se alla base dell’amicizia c’è il rispetto, nessun contrasto può spezzarla.

Cela dit, a me sembra di parlare al vento, o di adoperare una lingua che non è più quella che i miei compatrioti comprendono; e questo sì che mi turba. La questione del merito dell’intervento (se sia bello o no, se sia giusto o no, se sia correttamente inserito o no) è l’ultima delle mie preoccupazioni. Ho una mia valutazione, e l’ho espressa – mi sembra – chiaramente anche nella lettera al sindaco di Ravello. Non mi scandalizza che altri abbiano opinioni diverse, e l’ho detto in tutte le salse. Certo, mi piacerebbe discutere anche su questo, come mi piacerebbe discutere con chi (anche tu, mi sembra) ritiene che per progettare in un sito così delicato non è necessario averne respirato l’aria e toccato i sassi e l’erba. Ma in tutto ciò non c’è nulla che mi indigni. Figuriamoci: c’è anche chi crede che l’architettura sia solo quella disegnata (Massimo Scolari, per esempio), o che un progetto possa essere spostato da una parte all’altra del territorio (Carlo Aymonino, per esempio): opinioni discutibili, che infatti discuto e, se posso, contrasto, ma non per questo mi indigno.

Ciò che mi preoccupa e m’indigna è, invece, il modo in cui valenti intellettuali, molti dei quali miei amici, altre persone che apprezzo e rispetto, trascurano la questione della legalità: sorvolano, o trattano con sufficienza, o tacciano di pastoia burocratica l’aspetto a mio parere centrale (e sul quale mi sono lungamente soffermato in tutte le sedi) della illegittimità sostanziale dell’intervento, e del grave rischio che si corre procedendo con procedure derogatorie: dalla interpretazione distorcente alla legge ad personam. Di questo voglio parlare e di questo ho parlato.

Ho letto la perizia del dolcissimo Carlo Gasparrini, che continuerò ad amare anche dopo averla letta. Mi sembra platealmente sbagliata sui due punti sostanziali.

Il primo. Gli standard di cui Gasparrini parla diffusamente nella sua perizia, quelli dell’articolo 3 del DI 1444/1968, sono senza ombra di dubbio quelli di livello locale, di quartiere, di vicinato. Tutta la discussione che condusse al decreto, le esperienze su cui si basa, la stessa letteratura successiva confermano questa tesi. E del resto, perché mai, se no, gli altri standard (quelli di livello superiore) sarebbero stati distintamente disciplinati nelle “zone omogenee F”?. Le quali non a caso sono state definite “attrezzature pubbliche d’interesse generale”.

Il secondo punto. La legge regionale 17 del 1982, che consente ai comuni sprovvisti di PRG di realizzare opere di urbanizzazione primaria e secondaria non può essere considerata derogatoria rispetto alla legge regionale 35 del 1987, con la quale la Regione Campania ha approvato il PUT, per due buoni motivi giuridici, che sono dei principi del diritto: perché una legge anteriore non può modificarne una successiva, perché una legge speciale(quale indubbiamente la 35/1987 è) prevale su una legge ordinaria.

Ciò che non riesco a capire è perché la Regione Campania, che mi sembra così determinata a far realizzare l’auditorium (che tu dici di Niemeyer, e devo crederti) a Ravello, in tutti gli anni che sono trascorsi dalla decisione di realizzarlo a oggi non abbia, con una sua regolare legge, modificato quella del 1987. Meglio ancora, perché non abbia inoltre provveduto (se il PUT non la convince o le sembra inadeguato e troppo datato) ad affrontare il problema come lo si farebbe in un paese “normale” (non voglio dire “civile”): redigendo e approvando, magari con un atto amministrativo e non con una legge, un piano territoriale avente i contenuti e l’efficacia di tutela del paesaggio che la legge (quella promossa da Peppino Galasso, ti ricordi?) attribuisce a tali tipi di piani.

In questo modo si sarebbe anche potuto verificare se una struttura quale l’auditorium di Ravello, che mi sembra indubbiamente una struttura d’interesse e di livello sovracomunale, possa essere compatibile con l’attuale assetto delle strutture per la mobilità della costiere amalfitana e dell’intera penisola sorrentina-amalfitana, o se possa essere resa tale con appropriati interventi di modifica di tale assetto, da attuare contemporaneamente (o magari prima, vista la disastrata situazione delle comunicazioni nell’area).

Sto divagando. Mi sto ponendo il problema di che cosa sarebbe stato giusto fare se si fosse voluto favorire quell’intervento (che a me continua a non piacere), ma si fosse voluto procedere secondo una logica razionale e, diciamolo, moderna. Perché la modernità è questo, Cesare: affrontare i problemi con i metodi e gli strumenti appropriati. Ed è almeno a partire dal piano di New York del 1811 (e in Italia dalla legge urbanistica del 1942) che il metodo e gli strumenti appropriati per affrontare questi problemi sono quelli della pianificazione del territorio.

Certamente questa, che il ragionare con te mi ha indotto a toccare, è una questione seria, sulla quale sarebbe utile discutere e riflettere, da parte di tutti e non solo degli urbanisti.

Ma questione ancor più seria, oggi, è quella che a me – come ho detto e ripetuto – sembra centrale: quella della legalità. Trascurare questo problema, ridurlo a quisquilia o pinzillacchera, o considerarlo come cosa che possa essere risolta con la scappatoia d’una interpretazione adusum delphini o, peggio ancora, con una legge ad personam, mi sembra pagare un pedaggio molto grave alla tendenza che sembra dominare oggi nel nostro sciagurato paese: la tendenza a considerare prevalenti certi interessi specifici (di singoli soggetti o di intere comunità, poco importa) rispetto alla legge comune. Ho bisogno di citare i nomi dei soggetti e dei provvedimenti che hanno agito e agiscono in questa direzione? Non credo, i giornali ne sono pieni.

Con affetto


PS – Mi sembrerebbe giusto, equo e salutare mettere nel mio sito, oltre questa mia, anche la tua che l’ha provocata. Se non hai nulla in contrario. Mentre non metterò la replica del sig. Amalfitano che mi arriva or ora, perché insinuazioni sull’interesse personale non le ho mai fatte nei confronti di nessuno e non ammetto che si facciano nei miei confronti.

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