La Repubblica ed. Palermo, 8 luglio 2015
Raccoglie in sé quattro progetti di legge firmati da deputati di ogni schieramento, promette una svolta epocale per i preziosi e spesso fatiscenti centri storici siciliani. Una svolta che preoccupa gli ambientalisti, in particolare Italia Nostra, ma che molti considerano inevitabile. L'Ars da il via libera con 51 voti a 0 alla norma in cinque articoli, ritoccati dopo le polemiche sul rischio che, invece di salvare le zone antiche, si desse il via a un nuovo sacco edilizio. «Sono attacchi che non si comprendono - assicura il Pd Anthony Barbagallo, uno dei padri del ddl - si colma un vuoto legislativo soprattutto per i circa 200 comuni che in Sicilia non hanno alcun strumento urbanistico e per i centri storici che presentano alti tassi di degrado». «Una legge generica e sommaria - attacca il presidente regionale di Italia Nostra, Leandro Janni - che scavalca i tradizionali strumenti urbanistici permettendo interventi in singoli edifici senza paletti». «Sono previsti pareri e vincoli - ribatte Barbagallo - innanzi tutto delle Soprintendenze».
In effetti la legge richiama le principali norme nazionali e non tocca alcune edificio o zona di interesse artistico. E soprattutto lascia intatte le prescrizioni di quei Comuni che hanno strumenti di pianificazione. Palermo, ad esempio, ha già il suo piano particolareggiato e potrà decidere di applicare o meno le nuove norme. Catania, che non ha regolamentazioni per il centro storico ed un piano regolatore del 1964 la dovrà mettere subito in pratica. Ad iniziare dalla fase più importante: entro 180 giorni i Comuni senza regolamentazioni per i centri storici dovranno approntare lo "studio di dettaglio". Un piano nel quale si delimita l'area considerata "centro storico" (nella quale possono anche essere inserite zone limitrofe con caratteristiche, anche di degrado, simili) e poi si classificano uno per uno gli edifici in nove diverse categorie. Dall'edilizia di base non qualificata ai monumenti.
Dalla classificazione dipende il tipo di intervento che si potrà realizzare sull'edificio o sulla zona. Per l'edilizia di base si potrà anche demolire "con modifica della sagoma" o accorpare, demolire e ristrutturare "più unità edilizie o immobiliari". In parole povere ricostruire interi borghi e parti di quartieri cambiandone anche la destinazione d'uso. Proprio questo preoccupa gli ambientalisti ma per la verità questo "studio di dettaglio" ha paletti precisi. Realizzato dall'ufficio tecnico comunale in conferenza dei servizi con Sovrintendenza ai beni culturali e Genio civile e con gli altri enti competenti. Poi approvato dal consiglio comunale e pubblicato per un mese per permettere eventuali rilievi di cittadini o soggetti interessati. Dopo questo periodo, anche senza rilievi, il consiglio comunale è chiamato ad una nuova e definitiva approvazione.
Se dopo 180 giorni il Comune non avrà il suo studio, scatterà l'intervento sostitutivo dell'assessorato al Territorio. Per i diversi tipi di interventi possibili sono necessarie documentazioni e certificazioni. È chiaro che molto dipenderà dai vincoli decisi nello studio di dettaglio. «Ma ciò permetterà di risanare zone disabitate e pericolanti - ricorda Barbagallo citando la relazione della commissione presieduta da Gianpiero Trizzino - realizzando alloggi popolari, incentivando le strutture ricettive come l'albergo diffuso». Ma anche costruire edifici antisismici e parcheggi sotterranei "fatti salvi i vincoli archeologici". Le ruspe, dunque, entrano nei centri storici. Se per farli rinascere o stravolgerli dipenderà molto dal lavoro delle conferenze di servizio.
[Andiamo bene! L'esperienza italiana dice che le conferenze di servizio servono per far passare tutto quello che interessa i poteri forti ed èfuori dalle regole]