La legge urbanistica
La legge più importante sarà la legge urbanistica, sulla quale vi sono tante attese nel Paese, e che, a mio avviso, vale quanto una riforma di struttura. Abbiamo avuto un rigoglio imprevisto di alcune nostre città; abbiamo un trasferimento continuo di gente che dalla campagna si addensa in grandi metropoli. La legge urbanistica del 1942 è giunta a vecchiezza senza essere giunta a giovinezza. Ha cominciato ad essere applicata negli anni 1953-1955 ed allora era già come un abito stretto per la struttura demografica del Paese. La legge urbanistica è studiata prima da una Commissione nominata dal mio predecessore onorevole Zaccagnini. Ho dovuto però, utilizzando in parte gli elementi di quella Commissione ed in parte immettendone i nuovi, far studiare di bel nuovo il problema alla luce di criteri nuovi da una nuova Commissione. Debbo ringraziare da questo banco tutti i valorosi docenti universitari, gli uomini pratici del diritto, della tecnica e dell'economia che hanno partecipato con tanta passione ai lavori della Commissione: in particolare i tre architetti che già facevano parte della precedente Commissione, Astengo, Piccinato e Samonà; l'economista Lombardini; i sociologi Compagna e Ardigò; i giuristi Giannini e Guarino. A tutti debbo rivolgere il più vivo ringraziamento, senza escludere naturalmente i valorosissimi funzionari e ausiliari dell' Amministrazione, come il Consigliere di Stato Roehrssen, l'avvocato dello Stato Savarese, il Presidente di Sezione Valle. Come il senatore D'Albora ha ricordato, la legge urbanistica in primo luogo deve essere configurata come una legge quadro nei confronti delle Regioni. É una necessità. Se è giusto che le Regioni abbiano il compito di definire la politica urbanistica, non si può consentire che tale compito . possa snaturarsi con lo stabilire un sistema di espropriazioni e di vincoli terrieri diverso dalla Sicilia alla Toscana e alla Lombardia. Il costituente, decentrando l'urbanistica, non ha inteso attribuire poteri che riguardano diritti costituzionali che non possono che essere uguali per tutti i cittadini italiani. Questi aspetti debbono essere chiariti nell'ambito di una legge-quadro a carattere unitario. Ma noi, senatore D'Albora - dico noi perchè come Presidente della Commissione, anche se l'ho presieduta soltanto all'inizio e alla fine, credo di avere avuto una parte nei lavori della Commissione - non abbiamo lavorato intorno a una legge la quale badi soltanto al futuro. Vi è una parte della legge che verrà attuata immediatamente a prescindere dalla istituzione delle Regioni. La legge dovrà funzionare dal momento in cui sarà approvata dal Parlamento: sia prima che le Regioni abbiano deliberato in materia, sia successivamente, quando le Regioni abbiano finalmente deliberato. Vi è una parte che ha carattere transitorio. Bisognerà fare in modo che si eviti la speculazione terriera e nello stesso tempo attenui la sperequazione tra i proprietari. Oggi un proprietario vincolato deve pagare le imposte e un proprietario non vincolato tende a costruire fino a livelli impossibili per ottenere la massima valorizzazione del suolo. Questo è elemento di perturbazione ai fini di un'articolazione razionale della città. Fino a quando ci sarà la corsa di chi vuole utilizzare il suolo per ottenere il massimo in contrasto con chi invece si trova ad essere sfortunato perchè vincolato, la città non si potrà costruire organicamente. O si adotta il sistema del comparto, che però occupa determinati aspetti negativi, o si adotta il sistema proposto dalla Commissione per cui i Comuni comprano, lottizzano, urbanizzano e poi vendono all'asta anche a privati.
Non voglio anticipare una discussione. Desidero soltanto assicurare che la legge è stata studiata con accuratezza, e non con intenti oppressivi nei confronti di questa o quella classe, di questa o quella categoria, ma con la visione realistica di chi vuole che le città si accrescano in maniera organica e la corsa alla speculazione cessi. Una armonica crescita delle città veramente tutti desideriamo. Il Parlamento italiano voglia favorirla con una politica urbanistica coerente.
Lo schema predisposto consta di 87 articoli suddivisi in 5 titoli.
Alcune norme, quelle di carattere generale, stabiliscono i rapporti tra la programmazione economica nazionale e la pianificazione urbanistica, affermando il principio della preminenza della programmazione economica nazionale e della necessità che la pianificazione e l'attività urbanistica si adeguino a tutto ciò che forma oggetto del programma economico. Fino a quando non sarà stato costituito apposito organo di programmazione, le direttive saranno formulale da un Comitato di Ministri presieduto dal Presidente del Consiglio.
La pianificazione urbanistica viene distinta in 4 gradi dipendenti l'uno dall'altro e cioè: piani regionali, piani comprensori, piani regolatori generali comunali e piani particolareggiati.
Tale suddivisione, pur non discostandosi gran che dalla ripartizione attuale, si differenzia sostanzialmente da essa sia perchè il contenuto e l'efficacia dei vari piani sono profondamente aggiornati, sia perché, per taluni di essi, l'adozione diventa obbligatoria.
Naturalmente, diversi sono gli organi preposti all'attuazione ed all'approvazione dei quattro tipi di piano a seconda che essi vengano adottati prima o dopo l'attuazione delle regioni e la emanazione, da parte di queste, delle relative leggi urbanistiche.
Si è previsto, in ogni caso, che i piani regionali, i quali hanno indubbiamente un contenuto che supera quello meramente urbanistico e si permea di notevoli addentellati economici, vengano approvati con decreto del Presidente della Repubblica, sentito il parere del Consiglio Nazionale dell'Economia e del Lavoro, su deliberazione del Consiglio dei Ministri.
Per la disciplina delle aree fabbricabili nelle zone di espansione urbana e della conseguente attività edilizia, lo schema prevede nell'ambito di ciascun piano particolareggiato, obbligatorio per i Comuni espressamente individuati in sede di piano comprensoriale, l'espropriazione di tutte le aree edificabili da parte del Comune, il quale è tenuto ad attuare sulle stesse, prima di devolverle all'utilizzazione edilizia, le opere di urbanizzazione primaria. Successivamente il Comune procede alla vendita all'asta dello ius ad aedificandum sulle aree urbanizzate: con possibilità, peraltro, di cessione diretta di tale diritto ad Enti che operano nel settore dell'edilizia economica e popolare.
Il problema finanziario connesso a tale disciplina è risolto col sistema del pagamento dell'indennità di espropriazione, che, al pari della materiale apprensione dei beni, può essere differito entro un anno; tale termine appare sufficiente per mettere in moto un meccanismo di rotazione delle somme occorrenti ai Comuni.
L’attuazione del sistema è altresì garantita da una speciale gestione urbanistica prevista per i Comuni, i quali dovranno farvi affluire ed attingervi, rispettivamente, i prezzi di vendita ed i prezzi di acquisto dei suoli.
Infine, altre norme fondamentali previste nel progetto riguardano l'esclusione di qualsiasi deroga in materia edilizia rispetto ai piani approvati ed ai regolamenti edilizi comunali; nonché una più drastica normativa sanzionatoria per l'ipotesi di violazione alle concesse autorizzazioni a costruire, la quale può arrivare sino alla confisca delle parti costruite in difformità. Il disegno di legge dovrà essere discusso con i competenti Ministeri e portato allo esame del Consiglio dei Ministri. In questa fase ogni suggerimento ed ogni critica, anche della stampa e degli organismi specializzati e delle associazioni interessati, saranno attentamente vagliati.