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Dialogo con Carlo Gasparrini
24 Marzo 2004
Ravello
Nella vicenda dell’auditorium di Ravello Carlo Gasparrini si è inserito con una Perizia extragiudiziale che ha redatto per il Comune. Dopo il mio intervento a Radio3 – Ambiente Italia mi ha scritto, inviandomi la sua perizia (che inserii subito in Eddyburg) e puntualizzandomi le sue ragioni, a difesa dell’intervento. Gli ho replicato, lui ha ribattuto e io ho a mia volta risposto. Qui sotto riporto la parte sostanziale dei nostro dialogo, che si è sviluppato attraverso cinque punti inizialmente posti da Gasparrini.

Punto primo

Gasparrini:

L'intervento è, a mio avviso, coerente con le procedure previste nei casi dei Comuni sprovvisti di PRG e, come sai, ha l'avallo di tutti i soggetti istituzionali preposti ad approvarlo (oltre al Comune, la Regione, la Comunità Montana, la Sovrintendenza, l'ASL e così via): la legge approvativa del PUT non cancella infatti la Legge 17/1982 per i motivi che ho provato ad esplicitare e che leggerai. D'altro canto il Comune è ancora commissariato da anni sull'argomento (con un piano adottato e sospeso) non certo per colpa dell'attuale Sindaco e sarebbe assurdo pensare che, finchè tale situazione non si risolve (così come quelle di eventuali altri comuni in situazioni analoghe), non valgano le norme derogatorie della legge 17/1982 limitatamente alle categorie di opere pubbliche in essa previste, con i danni che sarebbe facile immaginare sulla dotazione di attrezzature del DM 1444/1968.



Salzano

Non sono daccordo. La legge regionale 17/1982 è anteriore alla legge regionale 35/1987, e quindi non può prevalere su di essa. Per di più, la 35/1987 è una legge speciale, perciò prevarrebbe in ogni caso su una legge ordinaria, quale la 17/1982 è.

Gasparrini

La legge 35/1987 così recita all'art. 5 (Norme di salvaguardia): "Dalla data di entrata in vigore del Piano Urbanistico Territoriale e sino all' approvazione dei Piani Regolatori Generali comunali (ivi incluse le obbligatorie varianti generali di adeguamento ai Piani Regolatori Generali eventualmente vigenti) per tutti i Comuni dell' area è vietato il rilascio di concessioni ai sensi della Legge 28 gennaio 1977, n. 10. Sono escluse da tale divieto le concessioni relative a opere di edilizia pubblica (residenziali, scolastica, sanitaria etc.) che comunque dovranno essere conformi alla normativa urbanistica all'atto vigente, e munite del parere di conformità della Giunta regionale." Ciò significa che sono escluse dal divieto l'ERP e le opere di "urbanizzazione secondaria" (quelle del DI 1444/1968 appunto) conformi alle norme urbanistiche vigenti che, nel caso di comuni sprovvisti di PRG, sono a livello regionale la legge 14/1982 e la legge 17/1982 e, a livello nazionale il DI 1444/68 per quel che riguarda le attrezzature. La legge 17/1982, all'art. 4, chiarisce che le limitazioni edificatorie indicate, fino all'approvazione dei PRG, "non si applicano nei confronti degli intervenuti volti alla realizzazione di edifici e strutture pubbliche, opere di urbanizzazione primaria e secondaria, di programmi per l' edilizia residenziale pubblica, nonchè dei piani e degli interventi previsti dalla legge statale 17 maggio 1981, n. 219" (le stesse peraltro indicate nella legge 35/1987). Il senso della norma è chiaro, come dico nella mia perizia: garantire il blocco dell’edificazione sino all’approvazione del PRG ma consentire comunque di realizzare opere di interesse vitale (come gli edifici e le strutture pubbliche o le opere di urbanizzazione primaria) e rispettare così gli obblighi normativi per opere pubbliche previste da leggi nazionali, quali sono appunto quelle di urbanizzazione secondaria (indicate nella L. n. 847/1964 e ricomprese nelle “attrezzature pubbliche” di cui all’art. 3 del D.I. n. 1444/1968) e di edilizia residenziale pubblica (L. n. 167/1962, L. n. 865/1971 e L. n. 219/1981). Il problema non può essere posto in termini cronologici (la legge 35/1987 è successiva alla 14/1982) se la nuova legge non abroga esplicitamente le precedenti ma è anzi coerente con esse. D'altro canto, la tua interpretazione sarebbe gravemente penalizzante proprio rispetto al principio posto dal legislatore nazionale e regionale a base della formulazione di quei valori minimi obbligatori di attrezzature che i Comuni devono comunque rispettare (anche in assenza di uno strumento urbanistico e anche in aree di interesse paesistico) e avrebbe una ripercussione fortemente negativa sulla qualità urbana degli insediamenti. Nello stesso tempo, metterebbe in discussione una prassi interpretativa che da anni viene adottata in proposito nell’area sorrentino-amalfitana e che ha consentito l’approvazione e realizzazione di numerose attrezzature pubbliche in altri Comuni. L'accordo di programma firmato da tutti gli enti, comprensivo del "parere di conformità" della Regione previsto dall'art. 5 del PUT va in questa direzione. Aspetto da te delucidazioni, alla luce di quanto appena detto, dei motivi per i quali (aldilà della cronologia) ritieni che la legge del PUT abroghi le leggi urbanistiche regionali.



Salzano

La legge 35/1987, quando afferma che sono escluse dal divieto a costruire fino all’approvazione del PRG “ le concessioni relative a opere di edilizia pubblica (residenziali, scolastica, sanitaria etc.)”, afferma nella stessa frase che esse “comunque dovranno essereconformi alla normativa urbanistica all'atto vigente, e munite del parere di conformità della Giunta regionale”. Alla normativa oggi vigente del PUT esse non sono certo conformi (questa è almeno l’opinione mia, ed essa coincide con quella del TAR quando sospese l’approvazione del PRG).

Per quanto riguarda la legge 17/1982 ti ripeto che nel diritto vige il principio (e i principi non si modificano con un parere tuo o mio) della prevalenza della disposizione secondo la loro successione cronologica, così come vale l’altro principio della prevalenza della legge speciale sulla legge ordinaria: ed è evidente che una legge di tutela di un ambiente come quello della Costiera non può non prevalere su una legge formata con l’occhio rivolto a Marcianise o a Gricignano o a Battipaglia

E per favore non mi venire a dire che la mia interpretazione “sarebbe gravemente penalizzante proprio rispetto al principio posto dal legislatore nazionale e regionale a base della formulazione di quei valori minimi obbligatori di attrezzature che i Comuni devono comunque rispettare”! Mi sembra proprio che ti arrampichi sugli specchi: (a) quei minimi obbligatori devono essere rispettati nella formazione dei piani urbanistici, come dice esplicitamente il DI 1444/1968; (b) un auditorium di 400 posti non rientra in certo quel “valore minimo obbligatorio” che deve essere assicurato ad ogni cittadino” (ti rendi conto che siamo in Italia?).

E non confondere “prevalenza” con “abrogazione”. La 35/1987 non abroga un bel nulla: invece, nella limitata (e delicatissima) area alla quale si riferisce, le sue determinazioni prevalgono, superano, devono essere rispettate anche se in contrasto (o meno “permissive”) di quelle di una legge che, come la 17/1982, oltre a essere antecedente, riguarda l’intera Regione Campania.

La chiudiamo su questo punto? La smetti di difendere la legittimità di una trasformazione sostenendo che tra le due leggi non c’è contrasto o che la più antica e generale prevale sulla più recente e speciale?

PUNTO SECONDO

Gasparrini

l'auditorium è a pieno titolo un'urbanizzazione secondaria compresa nelle attrezzature di interesse comune del DM stesso, e trovo singolari le omissioni in proposito di Sandro e Vezio che, per motivi incomprensibili, non citano le attrezzature di interesse "culturale" tra quelle obbligatorie per legge

Salzano

Non sono d'accordo. Le attrezzature di cui all'articolo 3 del DI (interministeriale, non ministeriale) 1444/1968 sono senza dubbio distinte dalle attrezzature d'interesse generale (le Zone F), e a differenza di queste sono attrezzature locali. Ed è evidente che non possiamo pensare di avere un auditorium di 405 posti in ogni comune della Costiera. O no?

Gasparrini

Ti rispondo: Francamente non capisco bene la tua risposta che non entra nel merito della questione, da me lungamente trattata nella perizia, di cosa siano le attrezzature pubbliche del DI (non DM, ok) 1444/1968. Ho cercato di chiarire che:

- l'elenco riportato da Vezio nella sua perizia per i privati espropriandi non corrisponde a quello del DI e omette, incomprensibilmente, le attrezzature di interesse culturale;

- le attrezzature di interesse culturale non sono elencate nella legge e quindi devono essere articolate successivamente. Da chi?: dai Comuni, ovviamente. E sono i Comuni che decideranno se fare una biblioteca, un centro socio-culturale, una sala per spettacoli o quant'altro. Non credo che dobbiamo essere noi a deciderlo e questa libertà consentirà di fare le attrezzature giuste nel posto giusto (come lo è un piccolo auditorium di 400 posti a Ravello "città della musica" che può svolgere molteplici funzioni per eventi culturali). Sai bene, peraltro, che un museo, una biblioteca o un'altro contenitore di tipo culturale non è necessariamente più invisibile di una sala per spettacoli. Anzi.

- sfido chiunque (e quindi anche te) a dire poi che, nella categoria delle attrezzature culturali, non siano comprese le sale per spettacoli: tu sai molto bene che in questa direzione è stata interpretata la legge da tantissimi comuni (ho fatto ampie citazioni di autori nella mia perizia e l'Italia è fortunatamente piena di standard "di quartiere" che hanno consentito di realizzare cinema, teatri, sale per spettacoli in genere e auditorium appunto). Come è giusto che sia, d'altronde: un bravo giurista sa che il problema, su materie di questo tipo, è la giurisprudenza "di fatto" che si determina nell'applicazione della legge e non una presunta fedele interpretazione della volontà del legislatore che non traspare affatto dal testo normativo (che si limita ad enunciare, fortunatamente, le categorie di attrezzature) e sarebbe quindi assolutamente arbitraria;

- in un picclo centro (2500 abitanti), non esiste il problema di un'articolazione delle attrezzature per "quartieri": il centro nel suo insieme è assimilabile alla scala del quartiere (nelle città i quartieri sono molte miggliaia di abitanti, infatti). Quindi la scala locale indicata nel DI è, per Ravello, quella dell'intero centro. Ma su questo non mi dilungo perchè l'ho fatto nella mia perizia e tu sei perfettamente a conoscenza del concetto e delle pratiche che ne discendono nella programmazione dei servizi;

- sai bene poi anche che le attrezzature culturali non sono nominate nel DI tra le attrezzature di livello superiore. Anche se lo fossero, la sala di Niemeyer non potremmo classificarla certo tra queste.

E allora cos'è quest'opera? Quali sono le attrezzature "di interesse culturale"? Se fossero giuste le cosi che dici dovremmo arrivare alla conclusione che un'opera come quella di cui stiamo parlando (anche troppo) non potrebbe essere classificata e realizzata come un'attrezzatura pubblica. Mi sembrerebbe francamente paradossale (e non posso pensare che tu voglia dire questo, ma a questo si arriva seguendoti nel ragionamento). Poi ci meravigliamo perchè l'urbanistica viene odiata da alcuni (da altri lo è per motivi gravi e strumentali): facciamo il possibile per rendere complicata l'attuazione di cose che dovrebbero essere di normale amministrazione.

Salzano

La questione non è se un auditorium faccia o non faccia parte delle “urbanizzazioni secondarie”, o possa o meno essere considerato tra gli spazi pubblici di cui all’articolo 3 del DI 1444/1968. La questione è capire se un auditorium come quello progettato sia o no tra le opere previste, o consentite, dal PUT.

L’area dove dovrebbe sorgere l’auditorium ricade in Zona territoriale 3 del PUT. Questa zona – teniamolo presente – secondo la legge 35/1987, articolo 17, comprende “gli insediamenti antichi, integrati con la organizzazione agricola del territorio, presenti nella costiera Amalfitana e di notevole importanza paesistica”; una zona che “va trasferita nel Piano regolatore generale, come zona di «Tutela Integrata e Risanamento»”. In questa zona – prosegue la norma - ”con una progettazione estremamente dettagliata, documentata e culturalmente qualificata, il Piano regolatore generale fornirà indicazioni e norme (mediante elaborati di piano di dettaglio in scala almeno 1:500: planovolumetrici, profili, fotomontaggi etc.) tali da (omissis)”.

In questa zona delicatissima la legge 35/1987, sempre nel medesimo articolo 17, prescrive che il PRG deve

impedire ulteriore edificazione, fatta eccezione per:

- le attrezzature pubbliche previste dal PUT e quelle a livello di quartiere, sempre che l'analisi e la progettazione dettagliata del Piano regolatore generale ne dimostrino la compatibilità ambientale;

- eventuali limitatissimi interventi edilizi residenziali e terziari, ove ne sussista il fabbisogno di cui ai precedenti, articoli 9 e 10, e sempre che l'analisi e la progettazione dettagliata del Piano regolatore generale ne dimostrino la compatibilità ambientale”.

Quindi è inutile qualsiasi esegesi sul rapporto tra standard urbanistici e urbanizzazioni secondarie. I formalismi giuridici si infrangono sulla chiarezza della norma. Il PRG (che a Ravello non c’è, non per colpa di Italia Nostra) può prevedere non “urbanissazioni secondarie” o “centri culturali e da spettacolo”, ma “attrezzature di quartiere”. In parole povere, e da urbanista, quegli spazi pubblici di cui è essenziale che il cittadino disponga a una distanza tale da poterli raggiungere pedonalmente. Certo, in quartieri urbani si può anche pensare a una sala polivalente, a una biblioteca di quartiere, o a simili attrezzature. Ti sembra che sia questo il caso dell’auditorium progettato da Niemeyer-Zoccato?

PUNTO TERZO

Gasparrini

E’ un'attrezzatura "necessaria" non solo dal punto di vista normativo ma anche dal punto di vista dell'utilità inconfutabile di mettere in rete e valorizzare le strutture turistico-culturali esistenti, come dimostrano una serie di studi qualificati svolti per conto del Comune e che sono a supporto della valutazione di "compatibilità ambientale" che accompagna il progetto.

Salzano

E chi lo nega? Ma il fatto non cancella il diritto.

Gasparrini

Non ti rispondo perché la mia visione del diritto in questo caso l'ho già espressa. Ma prendo atto che sei d'accordo sulla necessità di un auditorium a Ravello.

Salzano

Non ho mai detto che sono “d'accordo sulla necessità di un auditorium a Ravello”. Ho detto che non ho mai negato questa necessità. Ma se si ritiene che un auditorium lì è davvero necessario, dopo aver ammesso che non si può farlo subito perché è illegittimo, bisognerebbe chiedersi che percorso occorre seguire per farlo. Lascio perdere l’aspetto procedimentale e mi soffermo sul merito urbanistico.

Poiché l’auditorium non è certo una struttura commisurata alle esigenze di 2500 abitanti, ma almeno di livello intercomunale (non parlo da giurista, quale non sono, ma da urbanista) occorrerebbe studiare il territorio almeno alla scala del presumibile bacino d’utenza. Vogliamo riferirci alla Costiera amalfitana, o vogliamo considerare l’intera penisola sorrentino-amalfitana? Naturalmente coinvolgendo gli altri comuni, oppureinveswtendo come protagonista un livello sovraordinato: la Regione? Forse si.

Poiché il sito è quello che è, occorrerebbe approfondire in particolare lo studio su due aspetti rilevantissimi: quello paesistico e ambientale da un lato, quello dell’organizzazione della mobilità e dell’accessibilità dall’altro. Se non facessimo così, correremmo il rischio di danneggiare un paesaggio la cui eccezionalità mi pare dimostrata, e saremmo certi di provocare disastri dal punto di vista di una viabilità già oltre l’orlo del collasso (se consideri le devastazioni del paesaggio che i lavori sulle infrastrutture hanno provocato).

Se gli studi confermassero l’opportunità e l’utilità di realizzare l’auditorium lì, occorerebbe tradurli in una serie coordinata e coerente di scelte sul territorio: in un piano, che probabilmente avrebbe qualche analogia con il PUT, ma naturalmente sarebbe più aggiornato, preciso, rigoroso, operativo. Dimenticavo, bisognerebbe provvedere anche alle risorse necessarie per renderlo effettivamente operativo (e allora, fatalmente, ci domanderemmo se, tra tutti gli interventi necessari, l’auditorium è proprio quella prioritaria).

Sulla base delle direttive di questo insieme di “scelte politiche tecnicamente assistite” (di questo piano territoriale) occorrerebbe poi redigere il piano comunale e, solo su questa base, affidare (magari con una procedura di pubblica evidenza? Non ne sono innamorato, ma forse un confronto tra soluzioni diverse potrebbe essere opportuno, per chi non s’innamora delle vedettes) affidare un incarico di progettazione, realizzare, inaugurare, con la certezza che il paesaggio sarebbe più bello che pria, e che le 400 automobili o i 5 pullman (pubblico, orchestrali, tecnici ecc.) non intaserebbero la precaria rete stradale e non solleciterebbero la realizzazione di nuove strade: magari avvalendosi di qualche nuova interpretazione corriva delle leggi, o a una legge ad hoc, o a una raccolta di firme prestigiose.

PUNTO QUARTO

Gasparrini

un piccolo (400 posti!) e pregevole intervento di architettura contemporanea che interpreta in modo straordinario linguaggi, qualità spaziali, disposizioni al suolo e relazioni con il paesaggio, valorizzando la straordinaria stratificazione della costiera amalfitana e introducendo nuovi valori fisici e simbolici capaci di consolidare e arricchire quelli esistenti (ma su questo aspetto, so che non sei d'accordo quindi non insisto)

Salzano

Ti credo, come credo a Cesare de Seta che sostiene che Niemeyer ha fatto il progetto, e non solo il bozzetto come invece aveva scritto il Sindaco ( Corriere del Mezzogiorno, 15 gennaio 2004, p. 1). Ma non è questo un punto che io abbia sollevato. Tra l'altro, del progetto ho visto solo il materiale pubblicato in internet, perciò, benché conosca bene Ravello, non sono in grado di confermare né di smentire la tua affermazione. Dunque, fino a prova contraria ti credo. Ma non c'entra con le ragioni della mia critica.

Gasparrini

Prendo atto della tua fiducia e della disponibilità a pensare che questo sia possibile. Molti non lo sono per principio.

PUNTO QUINTO

Gasparrini

E’ compatibile, in una lettura più dettagliata del progetto, con i requisiti spaziali e ambientali che possono ricondursi ad una interpretazione complessa e non manichea del suo "impatto" (ovviamente, non condivido la tua posizione secondo cui è comunque sbagliato aggiungere qualcosa all'attuale, intoccabile, bellezza del paesaggio).

Salzano

Quando ero assessore ho chiamato Giancarlo De Carlo a Mazzorbo (Venezia), Vittorio Gregotti a Cannaregio (Venezia), Gino Valle alla Giudecca (Venezia). Non ho quindi nessuna pregiudiziale ostilità nei confronti dell'architettura moderna nei paesaggi consolidati. Posso sostenere che forzare la legge per abbellire un luogo già bello, investire risorse pubbliche per migliorare un luogo già ottimo e distrarle da altri impieghi più urgenti, aumentare il carico urbanistico in contrasto con l'unico piano territoriale esistente in quell'area, e in assenza perfino di un piano regolatore vigente, è un errore? L'ho detto e continuo a ripeterlo fino alla nausea. La questione centrale è per me quella della legalità. E invece, di fronte ai puntuali rilievi di De Lucia tutti hanno detto che, si, c'è "qualche problema legale", oppure che ci sono "questioni burocratiche", ma in un modo o nell'altro si troverà il modo di risolverle. Nessuno che abbia voluto cercare di entrare nel merito, né quando la sola perizia in campo era quella di De Lucia, né quando ce n'erano due che dicevano cose diverse. Forse il fatto che De Lucia fosse stato interpellato da un gruppo di cittadini anziché da un ente pubblico rendeva meno valide le sue ragioni? No, caro Carlo, la ragione è un'altra, e sta nel clima che tutti respiriamo e da cui molti si fanno condizionare. Il clima per cui se una causa è da me ritenuta giusta la legge, le regole che valgono per tutti, non valgono. Come ho scritto a de Seta, trascurare la questione della legittimità, ridurla a quisquilia o pinzillacchera, o considerarla come cosa che possa essere risolta con una interpretazione ad usum delphini o, peggio ancora, con una legge ad personam, è molto pericoloso. Significa cedere alla tendenza che sembra dominare oggi nel nostro sciagurato paese: la tendenza a considerare prevalenti certi interessi specifici (poco importa se di singoli soggetti o di intere comunità locali o scientifiche) rispetto alla legge comune. Ti piaccia o no, Carlo, questo è berlusconismo, il quale, come tutti i virus, conosce i portatori infetti e i portatori sani.

Gasparrini

Proprio perchè conosco bene lo spazio che hai dato all'architettura contemporanea a Venezia (ricorderai che ci siamo incontrati da te sul piano di Venezia, assieme a Edgarda, allo stesso Vezio e a tanti altri per discutere sulle regole della conservazione/trasformazione del centro storico) e proprio perché ho sempre pensato che la tua posizione sui centri storici non fosse quella della cristallizzazione tout court (come quella di altri) ferma restando la nostra comune posizione su una rigorosa conservazione del patrimonio storico (cosa che ho perseguito anche nel nuovo Piano di Roma), non capisco il tuo attuale radicalismo sull'argomento. Se mi dici oggi che, in realtà, la questione principale è quella della legittimità, ti seguo e ne stiamo discutendo civilmente. Certo con argomentazioni di segno diverso ma che credo abbiano pari dignità e richiederebbero, da parte di altri, la stessa pazienza e voglia di capire che stiamo dedicando noi ad affrontare questioni così complesse e delicate

Salzano

Non mi soffermo sulle altre questioni, per le quali ti rinvio alla lettera aperta a Cesare de Seta di Lodo Meneghetti che troverai in Eddyburg. Con affetto

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