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Oscar Luigi Scalfaro
Costituzione, noi non cederemo
11 Dicembre 2005
Scritti 2004
Da l'Unità del 28 marzo 2004 riprendo questo intervento sulla riforma dello Stato, pubblicato dal n. 99 di “Critica liberale"

L’Assemblea Costituente è stata guidata da grandi giuristi che, oltre a essere giuristi di chiara fama, avevano una dote fondamentale, più importante, a mio avviso, dell’essere giuristi famosi: quella di non avere mai piegato la schiena di fronte alla dittatura. Costoro hanno scelto e per così dire, fatto nascere, una democrazia parlamentare.

La forza del Parlamento invece, se passasse questa riforma verrebbe fortemente menomata. La formula per l’elezione del capo dello Stato era, all’inizio, semplice, tipica di una democrazia parlamentare a tutti gli effetti.

Mentre questa assemblea che si andrebbe costituendo poco alla volta renderà difficile l'elezione del capo dello Stato, e ho la sensazione - non voglio fare il profeta, perché non è il mio mestiere - che trovare un denominatore comune tra i parlamentari, il che non è facile neppure in situazioni ottimali, possa diventare pressoché impossibile.

Secondo quanto è previsto dalla Costituzione, attualmente, è il Parlamento che dà la fiducia al Governo ed è il medesimo Parlamento che lo licenzia, invece secondo questa proposta di riforma, il premier non ha bisogno di chiedere la fiducia, perché essendo stato eletto e designato, presenta il programma, la squadra di governo e il gioco è fatto.

In questa ipotesi di riforma, si aggiunge che se però il premier dovesse chiedere la fiducia, dovrebbe chiederla non su un singolo tema, ma su tutto e nell'eventualità in cui non dovesse ottenerla, allora dovrebbe intervenire il capo dello Stato e sciogliere le Camere. Ma, come voi capite, in questo modo il capo dello Stato diventa una figura di nessun rilievo, metaforicamente si potrebbe dire che “il capo dello Stato, si trova nella condizione di un uomo messo in canottiera”, perché nel momento stesso in cui il premier risulti sfiduciato, non c'è nessuna altra soluzione se non lo scioglimento delle camere, di conseguenza il decreto di scioglimento potrebbe firmarlo chiunque, anche un commesso della presidenza del Consiglio, o chiunque altro, a tal punto il ruolo del capo dello Stato risulta inficiato!

Ma non si creda che io sia così critico per il fatto che ora è in carica un premier che certamente non riscuote la mia fiducia, in realtà il problema è più complesso e con una tale riforma non mi sentirei sicuro per la nostra democrazia neppure per il futuro, chiunque fosse il premier! Come è possibile pensare che il capo dell'esecutivo possa sciogliere il Parlamento? Questo è un atto di guerra! Si badi, nella proposta di legge, non si afferma che a sciogliere le Camere è il Primo Ministro, anzi su questo specifico punto si raggiunge un fariseismo incredibile, perché si afferma che il presidente del Consiglio, anzi il Primo Ministro, chiede lo scioglimento “sotto sua esclusiva responsabilità” e il capo dello Stato deve limitarsi a ratificare una decisione già presa da altri. Anche a una analisi sommaria appare chiaro che l'istituto del capo dello Stato, come garante della vita parlamentare, appare del tutto svuotata di significato. Mi è capitato di sentire dei commenti subito dopo che era stata presentata questa proposta, da parte di alcune persone che sembravano voler sfuggire al caldo, ma pare che non siano sfuggiti e dicevano esattamente così: «Con questa proposta di legge viene fortemente rafforzata la funzione di garante del capo dello Stato»! Giorni fa, parlando ai magistrati ricordavo l'esperienza all'Assemblea Costituente: «Eravamo 555 all'Assemblea Costituente, certo si è fatto un lavoro incredibile di mediazione» mentre ora si propongono soluzioni che stravolgono totalmente la Costituzione, si arriva persino a presentare proposte che risultano tragicomiche. Infatti si dice che il Senato per votare deve avere la maggioranza, ma si deve, nel computo, tener conto dei soli membri eletti, come a dire che i senatori a vita scelti dal capo dello Stato non hanno sufficienti facoltà intellettuali per votare! È come se il capo dello Stato, pensando di nominare qualcuno Senatore a vita, lo chiamasse e gli dicesse: «Guardi, io vorrei nominarla senatore a vita, lei è un pittore famoso, lei è un commediografo, lei è un poeta, lei è uno scrittore, e per questi suoi meriti intellettuali può intervenire su grandi temi, può essere una voce veramente importante nel momento in cui c'è bisogno di fare grandi scelte, ma sappia che quando poi si vota, lei non conta, è come se non ci fosse!». Mi chiedo, se la situazione è effettivamente questa, come si può dire che in questo modo si rafforza la posizione del capo dello Stato?

Mi è capitato, in un incontro con tre o quattro amici, sere fa, non per scelta mia, c'era qualche altra persona che manovrava il televisore, di sentire l'intervista del vertice responsabile di Forza Italia che non ha esattamente il dono di un eloquio garbato. Ha descritto l'Italia dicendo che mai era riuscita a contare nella politica internazionale e adesso invece ha un peso incredibile! Di fronte ad affermazioni di questo genere non c'è bisogno di nessun commento!

Riguardo ai girotondi, il mio pensiero potrà apparire un po' semplicistico, eppure a mio parere ritengo estremamente positivo il fatto che la gente si interessi, che intervenga nel dibattito politico, perché le democrazie vivono in proporzione di quanta fiducia e partecipazione raccolgono, se si occupano di politica persone di altissimo valore, ma numericamente poche, allora la democrazia è estremamente debole.

In generale, mi pare importante che si riesca a raccogliere le firme di persone nuove, per così dire conquistate alla causa e che hanno manifestato fino ad ora idee diverse, ma se sono valide e coraggiose ben venga il loro contributo, ben vengano anche coloro che appaiono dubbiosi e tormentati, che non sono pochi, ne ho trovati tanti anche nella mia città, perché ci sono persone che sono pentite, però occorre fare attenzione, perché spesso da parte di costoro si sente dire, «basta, mai più, mi hanno portato via il voto, non pensavo che si sarebbe arrivati a tanto, non li voterò mai più!», poi questo stato di grazia e di meditazione si esaurisce e queste stesse persone dicono: «ma questa sinistra, tutti in guerra uno contro l'altro!». Con questo sistema della rissa continua non si potrà migliorare la situazione.

Infatti di fronte ad una male occorre chiedersi come evitare che aumenti e cercare di estirparlo, lottando uniti. Questo è il punto.

Nel momento in cui esplode una malattia, i bravi medici cercano in primis delle soluzioni per prevenirla e per bloccarla, poi cercano la cura più idonea. In politica non è molto diverso. Sarà forse una proposta semplicistica, ma la lunghissima esperienza, sono al cinquantottesimo anno di vita politica, mi suggerisce questo: è sufficiente avere una sola idea forte ed essere disposti a viverla e ad attuarla. Questo è davvero importante, questo significa collaborare, questo significa essere uniti.

Non mi sembra neppure opportuno optare per formule troppo vincolanti, perché poi realizzarle è difficile e diventa faticoso dimostrare che si è comunque uniti, anche se su qualche punto si è in disaccordo.

Evitiamo quindi di apparire deboli sotto questo profilo e che certe divisioni naturali siano strumentalizzate e si possa essere accusati di essere sempre divisi, tenendo anche conto che è infinita la forza di chi ha in mano tutti i mezzi di comunicazione e quindi è facile far dire ai media: «ecco, guardate sono già tutti divisi»…

Vorrei sperare - e ho finito e vi ringrazio - che di fronte a questa riforma ci siano coloro che, pur appartenendo ad orizzonti politici diversi, provenendo dall'esperienza democristiana, socialista, laica, religiosa, abbiano il coraggio, la forza e la nettezza di essere conseguenti, perché temo molto, proprio a causa della mia lunghissima esperienza, quella che è una delle vocazioni più invincibili, cioè la vocazione ad essere servo. Mi viene sempre il terrore che questa vocazione finisca per prevalere e che tutte le impostazioni teoriche si svuotino di significato e, grazie a due o tre avverbi, sia possibile passare dall'altra parte e allinearsi con il più forte. (…) Cerchiamo di essere ragionevolmente ottimisti, perché presentarsi col tono della sconfitta è sbagliato, ma occorre avere un'idea chiara: e affermarla con coraggio: non siamo, con l'aiuto di Dio, assolutamente disponibili a cedere in nessun modo.

Questo intervento sulla riforma dello Stato è pubblicato dal n. 99 di “Critica liberale”, il mensile della sinistra liberale diretto da Enzo Marzo (
info@criticaliberale.it)


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