Prima scintilla: Cortina, dove Luca Zaia prese il 77,8%. Seconda: Asiago, dove arrivò al 68,6. E poi Zoldo Alto e Colle Santa Lucia e Borca e Pieve di Cadore... C'è una rivolta di cittadini e paesi e contrade «amiche», sulle montagne del Veneto, contro il Piano Casa regionale. Reo di tradire il primo dei giuramenti autonomisti: «Padroni a casa nostra». Falso, accusano i ribelli: al posto di Roma, decide tutto Venezia. Spalancando le porte agli speculatori, ai palazzinari e ai capitali sporchi.
Tutto avrebbe potuto immaginare, il governatore del Carroccio, tranne che l'insurrezione scoppiasse ai piedi della Tofane, dove l'intero centrosinistra raccolse alle regionali di un anno fa un umiliante 14,6%. E così sull'Altopiano, dove non arrivò neppure al 20%. Eppure i sindaci delle due celebri località turistiche, l'ampezzano Andrea Franceschi e l'asiaghese Andrea Gios, eletti alla guida di liste civiche che guardano a destra, non hanno avuto dubbi nel fare asse e mettersi alla guida della ribellione.
Per capire, occorre partire dalla foto urbanistica. Cortina ha poco più di 6.000 abitanti e circa l'80% della proprietà immobiliare è in mano a non residenti. Asiago ha mezzo migliaio di anime in più e insieme con Roana e Gallio, gli altri due principali poli di attrazione dell'Altopiano dei Sette Comuni, storicamente affratellati dalla comunità cimbra (Siben Alte Komeun) condivide la stessa sorte: quasi tre quarti delle case sono intestati a «foresti». Una risorsa, per chi vive di turismo, e nessuno è così sciocco da lagnarsene. Ma, insieme, anche un problema. Sempre più grave.
Tanto più se in passato la gestione di questa «fioritura» di seconde case è stata un po' troppo «spontanea» col risultato che, denuncia Gios, «esistono zone intere caratterizzate dalla presenza di edifici unifamiliari, ville di dimensioni rilevanti con ampi giardini, costruite negli anni 70 come case per vacanza in lottizzazioni prive di marciapiede con strade strettissime e senza adeguati sottoservizi».
Questo è il contesto. Non dissimile, per certi aspetti, a un'altra ferita del territorio. Quella delle aree industriali. Anch'esse lasciate crescere a dismisura senza una visione d'insieme, come se si trattasse solo di accompagnare senza intralci la crescita dei capannoni. Con la conseguenza che il Veneto si ritrova con 10 aree industriali a Comune che diventano addirittura 14 in provincia di Treviso. Dove Crocetta del Montello, come accusa l'urbanista Tiziano Tempesta, è arrivata ad avere 5.714 abitanti e 28 aree industriali. Una ogni 204 residenti. Da pazzi.
In un territorio così, il più urbanizzato d'Italia dopo la Lombardia anche se è per quasi il 44% montagnoso o collinare, ha senso cercare la ripresa nel cemento? Nonostante migliaia di capannoni vuoti (38 milioni di metri cubi tirati su soltanto nel 2002 grazie alla Tremonti bis) e nonostante siano state costruite in questi anni secondo i calcoli di Tempesta «abitazioni sufficienti a dare alloggio a circa 788.000 persone» e cioè il triplo delle 243.000 in più registrate all'anagrafe, in buona parte straniere?
Bene, in questo contesto il nuovo piano casa del Veneto, per forzare la mano ai sindaci rompiscatole, contiene per la cosiddetta «prima casa» poche righe micidiali. Dove si spiega che i proprietari di un immobile hanno diritto ad aumentare la cubatura purché «si obblighino a stabilire la residenza e a mantenerla almeno per i ventiquattro mesi successivi al rilascio del certificato di agibilità».
«Questo vuol dire — accusa il sindaco di Asiago — che qualsiasi persona, di qualsiasi parte d'Italia, può comprare una casa ad Asiago, richiedere e ottenere l'ampliamento fino al 35% in più rispetto al volume esistente o addirittura fino al 50% in caso di demolizione e ricomposizione volumetrica, solo impegnandosi a trasferire per due anni la residenza. E se poi non si trasferisce davvero? Cosa facciamo: avviamo una causa giudiziaria fino in Cassazione per demolire? Ma ci si rende conto dell'impatto di questi interventi? Così ogni turista che ha una seconda casa è spinto a trasformarsi in un immobiliarista d'assalto». Per non dire, accusano i sindaci, dei rischi di una infiltrazione di capitali sporchi: cosa possono desiderare di più i mafiosi, i camorristi, gli 'ndranghetisti, se non un bell'investimento ad Asiago o a Cortina? Basta comprare un rudere, trovare un prestanome che si impegni a portarci la residenza...
Laura Puppato, già sindaco di Montebelluna e capogruppo in Consiglio regionale del Pd, dice di non essere d'accordo. E spiega che sì, il suo partito a dispetto di tanti ambientalisti ha votato a favore del piano casa delle destre «perché sui centri storici e altri punti avevamo ottenuto dei cambiamenti radicali al testo e volevamo rispondere a chi ci accusava di ostruzionismo. È chiaro che quando voti una legge pensi alle persone perbene: sulla prima casa nel 99% dei casi le persone non vanno ad artefare la propria situazione anagrafica. I Comuni possono fare regolamenti più rigidi come ha fatto Salzano. Possono mandare i vigili a controllare se uno ci vive davvero in quella casa...»
«Eh no, abbiamo letto e riletto tutto con gli avvocati virgola per virgola e manca completamente la sanzione per chi fa il furbo — risponde Andrea Franceschi —. Infatti il proprietario di una baracca per le api, al quale avevamo negato la sua trasformazione in una villa, si è subito fatto sotto. E così i padroni di una casa, anche loro stoppati in passato, che il giorno stesso hanno chiesto di aggiungere un piano per un totale di trecento metri cubi. In entrambi i casi la proprietà, e lì si vede la "buonafede" sulla prima casa, era intestata a società... Mettiamo che la spuntino: una volta che il danno è fatto cosa facciamo? I Comuni sono completamente tagliati fuori dalle scelte regionali. Che Cortina debba avere le stesse regole di Marghera fa venire i brividi».
La cosa più grave, rincara il sindaco di Asiago, «consiste nel fatto che il testo di legge non limita l'incremento delle unità abitative (appartamenti) ricavabili con l'applicazione del piano casa e, dunque, l'edificio ampliato (la vecchia villetta con giardino) potrebbe essere suddiviso in un maggiore numero di unità abitative: dall'originaria villetta turistica i più "furbi" potrebbero ricavare 8/10 nuovi appartamenti da porre sul mercato delle "seconde case" in spregio alle norme urbanistiche locali e alle limitazioni che il nostro Comune ha inserito a salvaguardia del territorio e dei fragilissimi equilibri urbanistici e sociali del territorio».
«Ma mica tutti possono portarsi la residenza!», dicono i sostenitori del «piano». «Dettagli», rispondono a Cortina. «Sui fienili c'erano regole che imponevano la residenza per 20 anni. Ma la scappatoia i furbi la trovano sempre».
Ed è lì che sindaci girano il coltello nella ferita: «Non vogliamo che scelte così importanti, con un così forte impatto sul territorio siano prese a Venezia. Rivendichiamo il diritto e il dovere di decidere le nostre sorti». E citano una dichiarazione di Zaia un attimo prima d'essere eletto: «L'urbanistica la deve fare l'ente locale. Se qualcuno pensa di mettere in piedi un neocentralismo regionale, allora andiamo tutti a casa». «Pienamente d'accordo — ironizza Andrea Franceschi —. Ma lo Zaia di oggi è d'accordo con lo Zaia di ieri?»