MILANO - Dal fondo fuligginoso dell´accampamento bruciato nel pomeriggio di San Silvestro, una donna con la gonna lunga sino alle scarpe da ginnastica sfondate, continua a raccattare cavi elettrici e tubi. Lo fa da ore. Li ha sistemati su una coperta e chiama un uomo imbronciato, insieme la sollevano a fatica. «Saranno trenta chili di rame, per quattro euro al chilo, fanno 120 euro. Meglio dell´alluminio, 80 centesimi al chilo. L´incendio a qualcuno sta rendendo dei soldi», scherzano in perfetto italiano due giovani cognati, uno kossovaro e l´altro rumeno.
L´ultimo incendio ha raso al suolo un intero angolo della «plasticopoli» abusiva di via Barzaghi, dietro il cimitero Maggiore. Le fiamme, stando ai testimoni, «sono spuntate dalla roulotte di un ubriaco, con quattro figli. Quel deficiente è scappato senza avvisare e così la mia roulotte, che avevo pagato 800 euro, e ci avevo messo le lampade rotonde delle discoteche, s´è incenerita. Avevo comprato un maialino per festeggiare la fine dell´anno, s´è carbonizzato anche lui», dice un giovane con una camicia stirata. «La colpa - aggiunge un suo amico - è tutta dei barboni che sono arrivati qua e non sono capaci di accendere regolarmente le bombole del gas, non sapevano nemmeno che cos´erano».
Li chiamiamo ancora campi-nomadi, ma è sbagliato. I vecchi zingari, «il sasso scagliato da dio attraverso il mondo», come si definivano, c´entrano zero con queste masse di diseredati piovute dall´Europa dell´Est. Il popolo delle plasticopoli, delle roulotte senza ruote, delle catapecchie di compensato e alluminio, di linoleum e lenzuola di carta è formato, più semplicemente, da poveri. Poveri di soldi, ma anche di cultura, di educazione, di senso pratico. Non gli mancano figli, umorismo e rassegnazione: «No, non abbiamo avuto freddo, ci siamo stretti con gli amici e i parenti che non hanno perso la casa, poi ognuno ha rubato le scarpe migliori ed è uscito».
Intere folle proletarie di stranieri si sono arenate in questi ultimi anni ai margini di Milano, autocostruendo tetti dovunque. Sotto tangenziali, tra i campi abbandonati dai contadini, accanto alle ferrovie, sotto i tralicci dell´alta tensione, vicino agli sfasciacarrozze. Il censimento è in costante evoluzione. Sempre nella zona Barzaghi-Triboniano, esistono altri quattro campi abusivi, simili a quello bruciato come un pozzo di petrolio. Poi, altri campi crescono nelle aree dell´ingegner Salvatore Ligresti a sud di Milano: ci sono i bosniaci nelle cascine di Vaiano Valle, e spuntano i romeni di via Ripamonti e via San Dionigi. E romeni (sempre loro, i più numerosi) si sono piazzati, senza il minimo titolo per starci, in viale Cassala, in via Stephenson, in via Boffalora, in via santa Rita da Cascia. E non è finita qui, ma è anche inutile continuare a elencare questa sorta di pulviscolo d´uomini che s´è posato dovunque «mancano» case e fabbriche. Dove cresce la protesta della gente, come sta accadendo a Opera, per dire no a prefabbricati e ricoveri per stranieri.
Spesso le suore ne sanno più dei poliziotti, perché portano tra le baracche vestiti, quaderni e anche pediatri volontari. «Anche i capifamiglia hanno paura, tra loro arriva "gente cattiva", che pretende, pretende, e chi può aiutarli?». Le stime comunali parlavano di cinquemila senzatetto, ma sono numeri da correggere e portare decisamente più in alto. Ogni certezza su dati così variabili sarebbe assurda. Chi può fugge dalle plasticopoli: «Non fotografarmi, altrimenti le mie vecchie fidanzate italiane dicono: "Ma dove vive?". Invece io ho casa in via Novara, qui mi sono rimasti gli amici», spiega uno che si definisce «ex jugoslavia».
Gli zingari odiavano la prostituzione, ma oggi molte vite (e molte famiglie) sono un mercato. Più d´un rumeno dei campi ha imparato dagli albanesi che una donna, messa sul marciapiede, può rendere più d´uno stipendio regolare. Di queste miserie la città si accorge quando se ne accorge la cronaca nera. Ma tutti i giorni sono sotto gli occhi di bimbi, che non raramente imparano a guardare gli estranei come se fossero nemici.
Nota: contemporaneamente, da Parigi lo International Herald Tribune (articolo tradotto su Mall) racconta un campo di solidarietà e l'azione politica su temi paralleli (f.b.)