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Matteo Alberini
Camera del lavoro di Modena
13 Gennaio 2009
2009 Città bene comune, vertenza europea
Intervento al convegno “Città bene comune. Vertenza europea”, Venezia, 24 novembre 2008

Anzitutto buongiorno. Inizio con alcune premesse perché Modena, la Camera del Lavoro, sta lavorando sull'obiettivo di portare circa 300 compagne e compagni a ragionare sul proprio lavoro e il territorio, sull’intreccio che esiste fra lo sviluppo, la sua qualità, la caratteristica del lavoro, il welfare nel territorio. La ragione, tutto sommato, è scontata, anche se le difficoltà sono enormi. La ragione è semplice perché in una parte dei dati modenesi, che mostrano ciò che è avvenuto in città e nella provincia, sono facilmente riscontrabili i fenomeni descritti nelle relazioni di questa mattina. Anzi, su alcune questioni ci sono aggravanti.

Segnalo che la tendenza demografica, per la provincia di Modena, prevede in sei /sette anni anni il passaggio da 600 mila residenti a 670 mila, quindi saremmo a +70 mila. A questo dato si aggiungeranno, giustamente, circa 10 mila migranti che sono in attesa di regolarizzazione e 5/6 mila migranti clandestini. Questo fenomeno comporterà, sul piano dei diritti, un ulteriore processo, ovviamente di richieste di ricongiungimento familiare.

Accanto ai dati demografici, ve ne sono altri altrettanto chiari. E sono quelli che documentano un vistoso aumento del precariato. Siamo a circa 35 mila lavoratori precari più 4.000/4.500 partite IVA in edilizia, cioè persone costrette a mettersi in proprio per continuare a svolgere lo stesso lavoro, a cui si aggiungono 6/7.000 persone che lavorano in cooperative spurie.

Quindi il dato di “crescita” di Modena in questi anni è stato un dato pesante. E non di meno pesante il progetto, l’idea, con cui i Comuni intendevano e intendono governare il futuro. Nella idea dei comuni modenesi, tutti insieme, il progetto può portare ad un ulteriore incremento di circa 80 mila residenti nell’arco di 6/7 anni, al massimo nel 2020. Il che vuol dire che in 11/16 anni questo territorio passerebbe da 600 / 670 mila residenti ormai attuali, a 750.000 residenti. Ora però si tratta di vedere come si ragionerà anche in relazione alla fase di crisi economica che stiamo vivendo.

Le ragioni di questa scelta di espansione demografica possono essere diverse. La prima sta nella venuta meno di un percorso democratico, nel progressivo abbandono di una idea di programmazione che parte dallo sviluppo, dal lavoro, dal welfare. Un'altra è l’accettazione, da parte di tante amministrazioni, a governare le ricadute senza porsi il problema del programmare lo sviluppo. Ciò per una serie di ragioni politiche, ma anche di vincoli che stamattina sono stati richiamati: amministrativi, difficoltà finanziarie e altro.

L’uso del territorio in sintonia con lo sviluppo sostenibile,il tema dei beni comuni a partire dall'acqua, la qualità del lavoro, la quantità e qualità del welfare e le cose che qui sono state giustamente sottolineate, per assurdo, con questo dato di crescita hanno subito un processo di intensificazione, ulteriore accelerazione o crescita eccessiva: ho bisogno di più servizi, uso gli oneri urbanizzazione per finanziaria la spesa sociale, poi riparto utilizzando di nuovo il territorio per poter governare il bilanci. In questo senso noi troviamo PRG diversi, perché alcuni anni fa, molti comuni hanno completato il PRG, lo stesso Comune di Carpi che ha cambiato la vecchia idea e la stessa discussione del PSC.

Questo è uno dei dati da cui siamo partiti e accanto a questo dato sono rimasto impressionato quando tornando dalla esperienza regionale di Bologna chiedemmo al Comune di Carpi di presentare il Piano Regolatore che non era stato presentato al sindacato. Lo facemmo in Camera del Lavoro a Carpi e rimasi colpito dal fatto che le compagne e i compagni parlavano delle strade, delle connessioni, non si interrogavano invece su un dato: ”ma lì chi ci viene, chi ci abita, per quale tipo di sviluppo, in che direzione andiamo”.

Ed è cominciato un lavoro complicato che ci ha visto costruire, in primo luogo, una piattaforma come CGIL, per poi rielaborarla in modo unitario .Vi assicuro che il risultato non è stato un grande risultato. Diciamo che sul piano dell’idea dello sviluppo del territorio, la CGIL è rimasta per molti aspetti isolata. C’è stato un profondo disinteresse.

Io, che insieme a tanti altri compagni, sono di quelli che negli anni ’70 partecipava alla discussione, alla costruzione del PRG partendo dal presupposto di cosa ci va dentro, perché, per quali finalità mi sono attivato. Allora abbiamo provato a lavorare partendo da alcuni dati e riflessioni per avere l'idea di come sia possibile riuscire a invertire questa tendenza.

Uno: governo unitario del territorio. Unione, Associazione dei Comuni, cose scontate o apparentemente scontate in un area dove il governo è un governo del centro sinistra, ma non è così. Anche laddove i Comuni sono divisi da una semplice tabella, Sassuolo-Fiorano la zona delle ceramiche, l’idea di un governo unitario del territorio, la riorganizzazione di quella realtà, non passa contestualmente nella testa dei Comuni. Per noi invece questo aspetto è fondamentale se vogliamo governare le politiche del lavoro, della casa, il welfare e le ricadute sulle condizioni di vita delle persone; come è fondamentale ragionare di ASP e dell’insieme dei servizi, sanità e quant’altro. Questa è una prima grossa difficoltà su cui noi vogliamo agire e dirò come.

Due: costruire un’idea di politica e di alleanze, oltre che di rottura, ovviamente. L’alleato principe che abbiamo, pur registrando le dovute differenze, è la Provincia, che sta costruendo il Piano territoriale di coordinamento provinciale sulla base del quale cerca di introdurre elementi di riduzione della crescita o di programmazione. Segnalo che in questa operazione trova la reazione negativa di tutti i comuni. Io non so se la posizione assunta dalla CGIL abbia aiutato la Provincia nelle relazioni coi comuni, non credo. E’ una battuta però per dire che dall’altra parte, ovviamente, ci sono gli interessi dei costruttori, del sistema delle imprese, dello stesso movimento cooperativo. Lo dico anche perchè credo che nella nostra riflessione occorrerà riprendere un tema un tempo caro, quello delle cooperative a proprietà indivisa, all’Unicapi e quant’altro, che non sono più finanziate, mentre continuano altre operazioni.

Penso che una parte del movimento cooperativo abbia affiancato alla sua attività quella immobiliare che nasce molte volte dall’uso del territorio, che è quello della contrattazione sulla base della perequazione urbanistica: ti faccio questi servizi e tu mi dai queste cubature . Noi crediamo di dover rilanciare il PEEP in quanto tale, sapendo che questo territorio però è già stato in parte disegnato nelle sue prospettive edificatorie.

Noi abbiamo bisogno di costruire il processo opposto. Per questo abbiamo messo insieme gruppi di funzionari, compagni delegati dei luoghi di lavoro e pensionati, che partendo dalla loro realtà, per zona geografica, cominciano sulla base di un percorso formativo, a interrogarsi su che cosa c'è, quali sono le variabili e il dato della crescita, come facciamo la politica di accoglienza/rispetto/integrazione, cosa significano i fenomeni demografici e migratori in rapporto alla domanda e all'offerta di nuovi nidi e materne, ai processi di integrazione e al rispetto che deve esistere nel territori; cosa significa il” precariato “ in questa condizione e se si può parlare di sviluppo, di qualità;, se si può cominciare a dire quello che non va fatto, le cose di cui non abbiamo bisogno .

Immagino che alla fine usciremo con un ragionamento condiviso che sostiene la necessità di non sottrarre ulteriormente al territorio, non abbiamo bisogno che il territorio sia fonte di speculazione, abbiamo bisogno di un processo diverso, che si misuri con i temi posti dalla globalizzazione e dalla nuova divisione internazionale del lavoro, capace di confrontarsi sia con l'Europa e i grandi mutamenti in atto, sia con il tema del territorio e delle risorse.

Abbiamo bisogno di sviluppare politiche vertenziali e rivendicative che vedano il nesso tra arredo urbano e coesione sociale, politica industriale e mercato del lavoro, welfare e politiche di rispetto, integrazione e accoglienza per l'immigrazione e non solo,ecc.

Perché 300 persone coinvolte? Semplicemente perché sono il numero di persone disponibili che abbiamo nelle zone. Con quale obiettivo ? Noi vorremmo fare, prima in ogni zona, poi a livello provinciale nel periodo compreso tra febbraio e marzo 2009, la” Conferenza di Zona” sui temi dello sviluppo, welfare, uso del territorio, risorse, in modo da” condizionare”, uso questo termine, le campagne elettorali del 2009 provando a dire come CGIL, quello che noi pensiamo, dentro alla nostra autonomia e partendo dai soggetti chei rappresentiamo.

Guardate che sarà un lavoro complicato e difficile. Ce lo dice anche l'esperienza passata allorquando due anni fa su questo tema e su un altro che (la nuova tassazione attraverso l’aumento della addizionale Irpef) abbiamo fatto i presidi sotto i Comuni .Vi assicuro che esiste mal di pancia sul tema dell’autonomia e sul presidiare i Comuni, che sono poi in effetti Comuni retti da Amministrazioni per i quali molti di noi votano; è stato complicato e difficile far digerire la possibilità del conflitto ma penso che oggi siamo ad un livello più alto di autonomia ed elaborazione.

Il percorso nelle zone è partito, molti stanno già ragionando su quelle dimensioni dell'impatto sul loro territorio. Ovviamente a pieno titolo nella discussione c’è il tema della casa. Il dato che sta emergendo è che, pur facendo accordi di perequazione, le case sono in affitto al 30%; si regge bene se le case dopo 8 anni non vengono vendute, altrimenti quel cittadino in affitto è costretto a comprare o ad uscire. I gruppi di lavoro attivati quindi stanno unificando elementi di critica e di valutazione che nascono dal basso, critica e valutazione che deve poi tornare nei luoghi di lavoro per raccordare questa attività.

Mi illudo che tutto sia facile? Penso di no. Mi illudo che tutto sia perfettamente uguale ed omogeneo? Anche questo no, penso che si possa costruire, dentro un ragionamento che guarda l’Europa, dentro un ragionamento che guarda la globalizzazione, temi richiamati nel percorso formativo, una nostra visione autonoma e critica dello sviluppo, che mettiamo al servizio, innanzitutto della CGIL e del territorio, e che deve diventare una piattaforma.

Questa è la cosa che stiamo provando a fare .A questa ne affiancheremmo un’altra, che come CGIL ancora non abbiamo deciso, ve l’anticipo, si tratta di fare un blog che si chiamerà LAST, lavoro, ambiente, sviluppo, territorio - lavoro, ambiente, scuola, territorio - lavoro, ambiente, servizi, territorio.

Aperto a tutti i soggetti che, valutata l’idea, (LAST sta anche per ultima occasione, lo sappiamo benissimo) sono disponibili a esprimere un parere, una valutazione, un contributo e a sentire quello che non solo la CGIL ma persone, personalità e soggettività sono disponibili a fare. Questo è un servizio che mettiamo ad disposizione nel territorio. Ci rivolgeremo ovviamente a lavoratori, ancora a delegati, a dirigenti, a ingegneri, ad architetti, perché l’altra preoccupazione che avvertiamo è il silenzio di una parte degli architetti.

In un territorio come Modena, che per anni ha costruito un Piano Regolatore nel modo sopradescritto, che è stato alla base anche di un' idea di programmazione in Emilia Romagna, penso al cosiddetto “sviluppo policentrico” - era Germano Bulgarelli, ex-Sindaco di Modena, l’assessore competente - Modena ha rischiato e rischia di perdere quella storia, quella cultura e quella tradizione. Noi pensiamo invece che ci siano ancora le personalità e le volontà per condividere il progetto e far ragionare in termini diversi.

Grazie.

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