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Mariangiola Gallingani
Addio, Sindaco, nemico della soffice aria grigia…
5 Marzo 2005
Mariangiola Gallingani
Non ho conosciuto molto a fondo Renzo Imbeni...

Non ho conosciuto molto a fondo Renzo Imbeni: come spesso accade nei mondi della politica, è stata una conoscenza più ufficiale e superficiale, affidata alle occasioni rituali delle riunioni di direzione e dei congressi. Una piccola polemica, tra il serio e il faceto, ricorreva tra lui e me, come del resto tra lui e tutti i fumatori irriducibili, e immancabilmente, in tempi, si direbbe oggi, tabagisticamente non sospetti, ricordo la sua premura nel porre all’approvazione di qualsiasi consesso la regola, da me tollerata di malumore, che per l’appunto metteva al bando il fumo da tabacco dalla discussione.

Ma sono stata sua cittadina, per tutti i lunghi anni in cui è stato Sindaco; forse anche, indirettamente – ma sicuramente, per quei tempi, con qualche fondamento di verità – sono stata sua cittadina anche prima, quando era Segretario della Federazione del PCI di Bologna, e quando il rapporto Comune-Partito era di natura ben più pregnante di quanto non lo sia divenuto con il passare del tempo – per non parlare dell’oggi.

E allora, durante tutti quegli anni, un attributo incombeva plubleo come il cielo da neve di oggi sulla città e sulla sua amministrazione: il grigiore – attributo giustificato probabilmente da molti fatti e contingenze, e inevitabilmente esteso alla persona del Sindaco, magari anche da molti dei con-dolenti di oggi. Io stessa non posso dire di condividere tutte le politiche comunali della stagione Imbeni, ed anzi ho preso posizione esplicitamente nei confronti di alcune scelte di gestione urbanistica e territoriale.

Ma con quel Sindaco che ci lascia – perché è sempre il Sindaco di Bologna che si continua a mostrare, anche dietro la Vicepresidenza di un parlamento Europeo frequentato, a differenza della massa degli eletti, con grande assiduità e rispetto istituzionale, anche dietro l’uomo amareggiato dalla sua ultima recente mancata candidatura: è sempre il Sindaco che si ricorda –, con lui sembra chiudersi in silenzio una pagina della vita di questa città che avrebbe forse molte altre cose da dire, che forse le dirà, che può darsi sarà interrogata – ma che per ora non sembra destare troppo interesse…

Ultimo Sindaco eletto col ‘vecchio rito’, ultimo della generazione che precede coloro che, a torto o a ragione, a partire dalle amministrative parziali del 1993, saranno detti ‘grandi Sindaci’, di un tratto del carattere e del modo di porsi credo che a Renzo Imbeni debba essere resa memoria grata: la scarsa propensione alla deriva narcisistica che avrebbe contagiato in breve i Sindaci ‘nuovi’, eletti direttamente, convincendo loro per primi, e spesso in modo durevole, di non essere tanto “Sindaci di grandi città”, quanto “Sindaci Grandi” – per poi restarlo, “Grandi”, ad libitum, qualunque altra cosa facessero, quasi fosse un titolo a vita.

Non che Renzo Imbeni dal narcisismo fosse del tutto alieno. Può anche avere infastidito, in tempi pre-prodiani, l’esibizione ciclistica o podistica di un uomo che restava comunque, anche nell’aspetto, un ex-atleta; può aver infastidito come antidoto irrilevante al ‘grigiore’, o, peggio ancora, come sua quasi demagogica conferma.

Ma la discrezione con cui Renzo Imbeni ha saputo convivere con il proprio male questi ultimi mesi e settimane, il riserbo assoluto, che ha dato alla notizia della sua morte un carattere tanto improvviso e dolorosamente inquietante, e proprio perché sono stati mesi e settimane in cui, questo sì, a livello di ruolo politico non aveva nascosto la propria amarezza per quella che pareva un’ingenerosa ‘messa da parte’ – il fatto che nessun argomento di carattere ‘privato’ sia intervenuto a colorire l’espressione pubblica del suo sentimento, credo che solo questo fatto autorizzi a supporre quanto poteva esservi, dietro l’apparente grigiore, quanta consapevolezza del senso della funzione, quanto spessore inconosciuto, dietro il suo sorriso pronto e la sua bonomia, persino nel suo puntiglio di ex-fumatore pentito. Con qualche rimpianto in più, per non averlo capito in tempo: per non aver capito che, forse, il grigiore, che a un certo punto gli fu affibbiato come maligna etichetta, era più colorato di quanto tanti allora hanno pensato.

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