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Ho appreso solo ieri della rimozione dell'arch Cavalcoli dal suo posto di responsabile del PTCP, e della lettera pubblicata a fine maggio in questo sito. Sono dispiaciuto del ritardo, ma ci terrei moltissimo ad aderire alla sottoscrizione della lettera.

Conosco bene il lavoro svolto da Piero visto che abbiamo lavorato in parallelo negli ultimi anni, Piero sul PTCP di Bologna e io sul PTCP di Milano. Abbiamo vissuto assieme lo sforzo di creare una credibilità per la pianificazione provinciale, e quasi in contemporanea siamo arrivati all'approvazione del PTCP delle due province.

Il dispiacere per quanto è capitato personalmente lo ho già espresso a Piero personalmente. Qui vorrei invece esprimere il dispiacere e l'allarme per la distruzione delle più valide strutture urbanistiche all'interno degli enti, che sta assumendo i contorni della sistematicità, e sta avvenendo sia in amministrazioni di destra che di sinistra.

Nell'editoriale che ho letto nel sito sono citati alcuni illustri esempi di rimozioni, ma altri sono avvenuti negli ultimi 12 mesi. Due sono attribuibili al centro sinistra: una è quella che mi riguarda, quando a luglio scorso sono stato rimosso dall'incarico di responsabile del PTCP di Milano, ed un'altra è quella, a novembre scorso, del resposabile del PTCP di Torino.

Della settimana scorsa, e quindi freschissima, questa volta ad opera di una giunta di destra, è la rimozione della responsabile della pianificazione urbanistica della Regione Lombardia, che non penso sia esagerato definire, per la dedizione e la passione che ha dedicato alla materia urbanistica in molti anni di lavoro, come la memoria storica dell'urbanistica in questa regione. Con il suo spostamento (non si sa ancora a quale incarico) viene a mancare un riferimento per moltissimi comuni e province che con lei hanno sviluppato interessantissime sperimentazioni.

In questi casi la rimozione del dirigente, oltre ad essere un duro colpo personale per chi ha dedicato tanto tempo e passione allo sviluppo di competenze interne all'ente, rappresenta generalmente l'inizio dello smantellamento della struttura e delle competenze create, e lascia soprattutto il piano senza il presidio che ne possa seguire l'attuazione e la gestione. Purtroppo lo smantellamento degli uffici urbanistici più validi sta continuando, e assume anche altre forme oltre a quella della rimozione di dirigenti e funzionari. Nella pratica quotidiana sono costretto a vedere amministrazioni che preferiscono affidare in toto all'esterno la redazione del piano, invece di valorizzare gli uffici interni, anche quando questi sono competenti e si offrono volontariamente per sviluppare il piano.

Questa situazione dovrebbe a mio parere preoccupare anche tutti coloro che svolgono l'attività durbanistica come docenti o come professionisti, e non solo coloro che lavorano all'interno di un ente. L'urbanistica è in buona parte attività pubblica, e un valido ufficio urbanistico può svolgere un ruolo importante nell'innescare a livello locale processi virtuosi di innalzamento della qualità dei piani, di presidio sulla loro attuazione, e a medio-lungo termine di miglioramento della disciplina urbanistica stessa.

Lo spoil system sui dirigenti e sugli uffici urbanistici ha dunque subito un'accelerazione esponenziale negli ultimi dodici mesi, e credo che si debba dare maggiore voce a questo fenomeno che rischia di pesare sull'intera disciplina. Ho molto apprezzato l'iniziativa di Eddyburg per il caso di Bologna, e anzi, vista la superficialità della risposta dell'amministrazione di Bologna ad un appello firmato da 70 docenti, penso che si debbano organizzare iniziative ed eventi ancora più dirompenti, per costringere all'attenzione sul tema. Personalmente sono a disposizione per contribuire a questa causa e alle iniziative che si intendessero attuare.

Ringrazio per l'attenzione. Cordiali saluti

Mannaggia a chi, per "snellire, sburocratizzare, modernizzare" introdusse lo spoil system in Italia. Mannaggia a chi lo adopera in modo così scellerato. Mannaggia a chi non ha capito che una pubblica amministrazione efficace e autorevole è una delle componenti essenziali di un paese che voglia considerarsi adeguato ai tempi che viviamo, e che l'autonomia dal potere politico (e, al contrario, la fedeltà allo Stato) è un valore da non perdere se c'è, e da costruire se manca.

Che i danni delo spoil system siano molto più ampi di quello che emerge dai pochi nomi che, a memoria, ho citato, lei lo testimonia con chiarezza: Così come testimonia il fatto che nella gestione del territorio essi siano particolarmente gravi. Resistiamo, e lavoriamo perchè qualcosa cambi. Testimoniare non è sufficiente.

Egregio professor Salzano, per caso sono capitata nel sito Eddyburg e vi ho trovato un suo articolo in cui Lei cita mio papà, Filippo Hazon, scomparso nel 1996. A tal proposito, ho un paio di osservazioni da farLe a proposito della frase - "sembra dall'assessore democri-stiano Filippo Hazon, che "superava" le norme del piano regolatore vigente concedendo concessioni edilizie (allora si chiamavano ancora "licenze di costruzione") là dove non si sarebbe potuto, con l'ipocrita formula della "licenza in precario"

Innanzitutto ritengo assai scorretto dare praticamente dell'imbroglione ipocrita a una persona basandosi su un "sembra": se tutti si mettessero a pubblicare calunnie basandosi sulle proprie senzazioni saremmo tutti calunniati e calunniatori. Ancora peggio se il soggetto del "sembra" non può neppure rispondere...

Aggiungo inoltre che la parola tra virgolette "superava" non si addice proprio a mio papà: non so se lei abbia mai avuto occasione di incontrarlo, ma sappia che per indole e per genetica era persona corretta e schiva, forse troppo rude, certo non ipocrita, ma certamente non uno a cui piaceva "superare" gli ostacoli con gabole e imbrogli.

Mi risulta tra l'altro che molto del poco verde milanese sia opera sua. Infine in generale non gradisco affatto che il nome di mio papà compaia in un articolo inerente a Tangentopoli: nulla e nessuno hanno mai potuto legare mio papà a quel fenomeno o ad altri ladrocini di stato: la mia famigli NON ha mai avuto una lira che non fosse guadagnata onestamente ne all'epoca al comune di Milano nè poi in Regione, e, al di là del denaro, papà non era certo uno che si piegava o convinceva davanti a favori, promesse, regali: si informi per esempio su come andarono le cose nei primi anni del Novanta al termine del suo ultimo incarico pubblico presso il Policlinico, ultima vicenda che lo vide "sacrificato" proprio alla sua onestà e rettitudine. Con questo non dico certo che fosse un eroe, ma semplicemente un politico corretto, non è giusto legare il suo nome a vicende che proprio non gli si addicevano.

Detto ciò la pregherei di tagliare la frase in oggetto dal suo articolo, in caso contrario vedrò di attivarmi come meglio mi consiglierà il mio legale. Cordiali saluti

L’articolo che lei cita è molto antico, è stato pubblicato sul n.3, 1992, della rivista Democrazia e diritto, quindi è molto anteriore alla scomparsa di suo padre. Mi rendo conto che eddyburg.it è molto più facile da raggiungere di una rivista scientifica. È per questo che solo tredici anni dopo la pubblicazione dell’articolo la famiglia di Hazon se ne accorge. Ma non è mai troppo tardi.

So bene chi era Filippo Hazon, sebbene non l’abbia conosciuto personalmente. È stato uno di quei democristiani che hanno affrontato con serietà e impegno i problemi dell’amministrazione della città. I suoi sforzi per avviare la pianificazione intercomunale nell’area milanese, ad esempio, non sono dimenticati. Ciò nonostante, è proprio negli anni in cui è stato assessore all’urbanistica che è stato praticato quello strano sistema di “licenze in precario” che non io ma l’allora sindaco di Milano, Pietro Bucalossi, battezzò “rito ambrosiano”. La letteratura urbanistica è ricca di riferimenti in proposito. Allego un brano del saggio di Annapaola Canevari del 1986 che lo testimonia. Ma potrei produrre una bibliografia ben più ricca: se non mi premesse risponderle subito su di un punto.

Non bisogna confondere (almeno, io cerco di non farlo) il giudizio sulla persona dal giudizio sull’evento: l’errante con l’errore. Il personale democristiano di quegli anni ritenne che per risolvere alcuni problemi ritenuti prioritari (la tempestività alle risposte a determinate esigenze) si potessero individuare scorciatoie alle regole generali. A Milano, in quegli anni, la cosa assunse caratteristiche macroscopiche. A mio parere fu su questa prassi che si innestò il successivo fenomeno della deregulation e dell’”urbanistica contrattata”. Ed infine su questo tessuto di subordinazione delle regole a interessi specifici che si sviluppò poi il fenomeno, a mio parere devastante, di Tangentopoli: quando l’addomesticamento delle regole, da pratica (secondo me sbagliata) adoperata per obiettivi ragionevoli (e comunque vissuti dai protagonisti come d’interesse generale), diventò prassi ordinaria per accrescere il potere di persone o di gruppi.

Lei ha ragione nel dire che ho sbagliato a dire “sembra”, poiché di certe affermazioni bisogna essere certi. In quel caso tuttavia l’espressione dubitativa esprimeva una riserva a favore di Filippo Hazon. E se qualcuno testimoniasse che si è opposto alla pratica delle “licenze in precario” pubblicherei senz’altro il documento. Emendare il testo di un articolo già pubblicato (tredici anni fa) esula dalle mie possibilità. Ciò che farò è inserire, nel mio sito, un collegamento alla sua lettera, alla mia risposta e allo stralcio dell’articolo di Canevari.

La ringrazio dell’occasione che mi ha dato di precisare ciò che pensavo e che penso.

È importante che questi referendum raggiungano il quorum. È difficile ma bisogna provarci! Se andiamo a votare, andiamoci domenica mattina: faremo registrare una percentuale di afflusso alta... hai visto mai che qualche fautore del "no" si spaventi e vada a votare?

Giochiamocela fino in fondo, è un piccolo sacrificio ma ci potrebbe dare una possibilità in più. ovviamente c'è bisogno che partecipi quanta più gente possibile, quindi inoltra questa mail a tutti i tuoi amici che sai che voteranno "sì". Mi sembra un buon consiglio. Farò così. Anche per protestare contro questa ignobile furbata di annettere gli astenuti veri ai NO

A Roma c'è un ristorante carino, con persone gentili e orgogliose della loro nuova attività. Ma questo locale ha qualcosa in più del solito ristorante: la Locanda dei Girasoli è nata dalla volontà di alcuni genitori di ragazzi con la sindrome di Down di dare una prospettiva lavorativa ai loro figli; già oggi ci lavorano come camerieri Claudio, Valerio, Emanuela e Viviana. Purtroppo, dare adeguata pubblicità al ristorante (che non è in una via molto frequentata - in zona Tuscolana) è assai difficile, e se non riusciamo a farlo conoscere in fretta, le prospettive non sono molto allegre. La pizza è buona, il locale è carino ed economico e vale la pena di dar loro una mano. Un primo aiuto è far girare questo messaggio al maggior numero di amici possibile; se poi conoscete persone o uffici nella zona Appio-Tuscolano è ancora meglio; se avete un amico giornalista che può dar pubblicità alla loro esperienza, meglio ancora...

Locanda dei Girasoli

via dei Sulpici, 117

Roma

Tel. 06.7610194

A proposito della scomparsa di De Carlo, uno dei numeroso modi per ricordarlo potrebbe essere la ripubblicazione sul sito (sempre che, a mia insaputa, non sia già accessibilissimo ripubblicato) di "Il problema della casa", Volontà n. 10-11 1948. E' il saggio che segna, anche secondo la critica internazionale (Peter Hall) la ripresa della partecipazione in urbanistica dopo la "parentesi" del periodo fra le due guerre. C'è per caso qualcuno che l'ha sotto mano?

Giro la richiesta ai lettori di Eddyburg

Caro Eddy, ti è tornato in mente, e hai deciso di pubblicarlo, l'editoriale del n. 67 (gennaio-febbraio 1983) di Urbanistica informazioni. Titolo e contenuti sono sempre validi: "I diritti del territorio". A mia volta ha ripreso corpo il ricordo, con relativo ritaglio di giornale, di uno scritto del regista Comencini, quindi di un non addetto ai lavori, che comparve il mese successivo su l'Unità. Ha la forma di un apologo, sempre calzante, che varrebbe la pena di leggere (e illustrare con il dovuto corredo di foto) nelle scuole, ma soprattutto nei consigli comunali alla vigilia degli atti in cui si decidono gli interventi che trasformano le nostre città e i nostri suoli. Lo allego per una comune riflessione, purtroppo pessimistica perchè fa emergere tutto il tempo che si è perso.

Ti ringrazio molto. Mi ricorda che la storia che conosciamo non è l'unica possibile, e che il futuro lo decidono gli uomini. Lo inserisco subito, qui

Ho visto con molto piacere (e un po’ d’orgoglio sloveno) che hai messo su Eddyburg unba bella galleria di Muusic. Vorrei informarti che è in corso una mostra di suoi quadri a Gorizia; comprende le opere della collezione Lia e Maurizio Zanei (una delle più ricche sul pittore). “Anton Zoran Music - Piccole Carte”, Gorizia, Biblioteca Statale Isontina, Via Goffredo Mameli 12 (34170); +39 0481580211 (info), +39 0481580260 (fax), +39 0481580210 (biglietteria),
isontina@librari.beniculturali.it, www.isontina.librari.beniculturali.it. Sabato 4 giugno, alle ore 18.00, sempre alla Biblioteca Statale Isontina di Gorizia, c’è poi il concerto "Piccole note del Novecento", del pianista Aleksander Rojc (autore del CD "Omaggio a Music" di Aleksander Rojc con musiche di Berg, Kogoj, Bartok, Berio, Schoenberg, Wellesz, Satie, Mompou).

Eddyburg ha ripreso con evidenza la notizia del nuovo tentativo di privatizzazione delle spiagge. Non è solo il rilancio dell’idea di Tremonti, come scrivono i giornali. Il nuovo art. 14 (“legge obiettivo per il turismo di qualità”) è la riproposizione, tale e quale, del “modello Eolie”: bypassare cioè con un “accordo di programma” tutte le procedure autorizzative necessarie. Ricordiamo che già il legislatore siciliano aveva tentato attraverso la finanziaria regionale approvata dall’Assemblea regionale siciliana il 21 e 22 Ottobre 2004 (“Misure finanziarie urgenti. Assestamento del Bilancio della Regione e del bilancio dell’azienda delle foreste demaniali della Regione Siciliana per l’anno finanziario 2004. Nuova decorrenza termini per la richiesta di referendum”) di superare quegli ostacoli prevedendo una norma, l’art. 25 (“Patto territoriale delle Isole Eolie”) che così recitava: “Ai fini della realizzazione delle iniziative previste dal Patto Territoriale delle Isole Eolie, le opere previste e finanziate dal patto, alla data di entrata in vigore della presente legge, possono essere realizzate anche in deroga al piano territoriale paesistico ed alle norme urbanistiche vigenti”. Tale articolo è stato però impugnato da parte del Commissario dello Stato per la Regione Siciliana che ne ha rilevato molteplici profili di incostituzionalità, e non è entrato mai in vigore. Adesso ci riprovano.

Anche l’idea dei casinò, secondo me, ha origini siciliane. Ma qui si scivola nel criminale e bisogna documentarsi un pochino meglio (alla prossima).

La tenacia dei nostri avversari (degli avversari del territorio e dei beni comuni) è notevole. Esprimono un’idea condivisa forte e perversa. Strano il ruolo delle Isole. Da quanto racconti, la Sicilia è il laboratorio delle perversioni. Per fortuna che un’altra grande Isola sembra voler essere, altrettanto tenacemente, il laboratorio di una concezione opposta del territorio e del bene comune: mi riferisco alla Sardegna, e alla politica della maggioranza guidata da Renato Soru.

Marigliano, 1 giugno 2005 - Grazie al sito di Risorsa.info e alla attività del prof. di Gennaro sono venuto a conoscenza del suo sito e della sua persona. Da una rapida navigazione sul suo sito credo ci siano elementi comuni tra quanto da lei sostenuto e ciò che io e molti amici/tecnici ci accingiamo a fare. Le mando in allegato un resoconto della prima riunione fatta e linvito della seconda.

Eestremamente stimolante sapere che ci sono persone come lei, il prof. di Gennaro e tanti altri esimi studiosi del territorio latu sensu che dicono la loro senza preoccuparsi troppo delle bandiere politiche del momento.

Dalla sua biografia si evincono origini napoletane. Sappia che sempre più persone qui in Campania si stanno muovendo per far sì che il nostro territorio venga riscattato da decenni di degrado urbanistico e scempio paesaggistico. Siamo stufi di piangerci addosso, siamo stufi di pensare ad emigrare per un futuro migliore. Riteniamo che abbiamo diritto a continuare a vivere laddove siamo nati, consci di avere a disposizione uno dei più bei territori del mondo dove storia, cultura e paesaggio creano i presupposti per un futuro ricco di emozioni e contenuti.

Crediamo fermamente che i compiti di un tecnico non siano solo quelli del procurarsi la pagnotta ma anche quelli di operare in sinergia con tutti i professionisti del territorio nel rispetto dello stesso e del suo utilizzo.

Sperando di conoscerla presto le porgo a titolo personale, e a nome della futura associazione I Primi, distinti saluti.

Molti auguri a lei e a i Primi, ci tenga informati delle vostre iniziative

Ciao Eddy, sottoscrivo riga per riga la lettera alla Presidente della Provincia di Bologna sulla vicenda di Piero Cavalcoli, che hai pubblicato su Eddyburg. A quanto scritto, aggiungerei l'importante ruolo di Piero nell'aver fatto crescere nel corso della vicenda degli "uffici metropolitani" un gruppo di persone (professionalmente e culturalmente) che oggi opera negli uffici ella Provincia o dei Comuni limitrofi a Bologna. Non è dote usuale, e questa gli va riconosciuta.

, urbanista

de Bourgogne, 29 mai 2005 - Contre tout l'establishment, avec un seul quotidien (l'Humanité), avec un temps de parole sur les ondes de 27%, le peuple français (tous les sondages post-vote soulignent la composante populaire très dominante du vote Non) a voté à 55% contre le projet de Traité Constitutionnel, et ce, avec un de taux de participation le plus élevé depuis 50 ans.Si le parlement avait voté seul, le oui aurait obtenu environ 90% des voix.La réalité c'est que 55% du peuple égale 10 % des députés : la démocratie est très malade. Niente da aggiungere. La passione civile che anima la Francia, che ha provocato una valutazione di massa sul progetto di Costituzione europea, che ha consentito di misurare la distanza tra il Parlamento e il paese, ha confermato che la democrazia è malata.

Sorrento, 25 maggio 2005 - Caro Eddy quasi a confermarmi nel mio disagio a votare a sinistra nelle ultime elezioni regionali campane, sono venuta a conoscenza di un altro episodio sconcertante di "malapianificazione" .

In un comunicato stampa della Regione Campania, che ti allego, leggo che sono stati pubblicati i bandi per gli "aspiranti promotori" alla costruzione e gestione di due nuovi porti uno ad Amalfi e l'altro nella piccola, splendida, insenatura di Marina di Puolo nel Comune di Massa Lubrense.

Quest'ultimo porto (6,5 milioni di euro in ballo) prevede tra gli 80 e i 130 posti barca, ma anche se ne prevedesse la metà, mi sono chiesta in base a quale strumento di pianificazione si stia agendo visto che l'area rientra nel Parco Marino di Punta della Campanella ed è tutelata dal Piano urbanistico e Paesaggistico dell'area sorrentino-amalfitana.

Per comprenderci meglio, e per quanti non conoscono Puolo, si può solo ricordare tra le tante altre considerazioni che non c'è quasi strada per scendere al piccolo borgo marinaro, la cui vocazione non è mai stata legata al diporto ma piuttosto alla balneazione (si trovano qui le poche residue spiaggie di sabbia destinate a questo scopo di tutta la penisola sorrentina!).

La domanda è COME HANNO POTUTO ANCHE SOLO PENSARLA UNA TALE MOSTRUOSITA'.

Vorrei approfondire la questione... se qualcuno ne sa di più mi piacerebbe essere informata.

Cordiali saluti e con affetto

Inserisco subito il comunicato stampa che mi hai mandato.E’ una ulteriore testimonianza di quanto sia vasto l’equivoco dello “sviluppo sostenibile” e quanto sia scarsa la consapevolezza degli effetti che trasformazioni anche di limitata entità producono sul territorio: soprattutto su un territorio delicato e sensibile come quello della Penisola sorrentina.amalfitana. Eppure parliamo di persone pulite e preparate, come Bassolino e Cascetta, che hanno annunciato l’evento magno cum gaudio. Il male è profondo, e lo sforzo che bisogna fare per estirparlo è immenso. Anche perché la potenza di fuoco di quelli che distruggono, volenti o no, è gigantesca, e quella di chi si oppone quasi nulla. Altro che invocare un “ambientalismo sostenibile” come fa Giovanni Valentini!

Caro Leandro,

in nome delle tante battaglie condotte assieme, dei comuni valori e dei sentimenti di reciproca stima che ci legano, esprimo a te, come Presidente Regionale Siciliano, e a tutta Italia Nostra, la mia solidarietà, che è anche di altri militanti di Legambiente Sicilia, per l'attacco inaccettabile nei contenuti, nelle modalità e nel tono che alcuni dirigenti nazionali della mia Associazione hanno ritenuto di rivolgere a Italia Nostra.

Io non so se la Vostra posizione su metropolitana di Roma, auditorium di Ravello, eolico, sia da condividere o meno.

Non è questo il punto.

Sono però certo che diversità di opinioni, anche profonde, su argomenti come quelli citati, non possono motivare simili prese di posizione.

Ritengo allo stesso tempo, con convinzione e fermezza, che la coesione delle associazioni ambientaliste è un valore importante ed un obiettivo da perseguire in maniera determinata, pur nella differenza di posizioni.

In questo paese travolto dall'illegalità e nel quale la natura, il territorio e il paesaggio sono oggetto di un'aggressione senza eguali, non serve minimamente lanciare all'opinione pubblica un segnale di cosi' profonde divisioni nè lacerare i rapporti di collaborazione, che vanno invece coltivati e rafforzati dinnanzi a vicende come quella del Ponte sullo Stretto di Messina, della Legge delega ambientale, delle continue sanatorie, del carbone, delle ecomafie.

Potremmo stilare un elenco lunghissimo delle tante cose importanti che dobbiamo continuare a fare assieme, dinnanzi all'elenco striminzito delle poche cose, non importanti, che ci hanno diviso e che possono dividerci.

Italia Nostra ha poi un merito ed un ruolo insostituibili in questo paese, per le battaglie (che conduce in modo efficace ed esemplare) a tutela del nostro paesaggio e del nostro patrimonio culturale, minacciati, da ultimo, dal recente disegno di legge in materia di pianificazione urbanistica, sul quale si sono registrati disattenzione e silenzi, per non dire acquiescenza, di tante altre associazioni.

So che in Sicilia continueremo a collaborare e a fare ancora più cose assieme di quante non ne abbiamo fatto sino ad oggi.

Accogli, come concreto segno di solidarietà, la mia richiesta di iscrizione ad Italia Nostra.

Per il resto, della presente fanne l'uso che ritieni più opportuno.

Con affetto e stima.

Angelo Dimarca, Vice Presidente Regionale di Legambiente Sicilia

La risposta del presidente di Italia Nostra – Sicilia

Caro Angelo,

grazie per la solidarietà. La tua lettera è molto bella. E' la lettera di un uomo, di un ambientalista che crede profondamente in ciò che fa. L'onestà, la chiarezza, la passione sono valori sempre più rari, oggi. La coerenza e la tenacia, poi, non appartengono più a questo mondo confuso e disperso dietro a idoli tanto sfavillanti quanto illusori. Ed io, insieme a te, credo che ambientalismo sia innanzitutto rispetto degli altri, cultura della pace e della solidarietà, senso del limite. Comunione d'intenti.

Altrimenti, è solo cattivo gioco, lotta per il potere, per le luci della ribalta. Un gioco, una lotta che inevitabilmente producono altre devastazioni, altro dolore, altri inganni. Non ne abbiamo certamente bisogno.

Anch'io sono convinto che in Sicilia Italia Nostra e Legambiente continueranno a collaborare, e a fare ancora più cose insieme di quante non ne abbiano fatte sino ad oggi. Insieme, anche, agli amici del Wwf, del Cai, della Lipu.

Mi fa veramente piacere la tua richiesta di iscrizione ad Italia Nostra. E' un gesto semplice, concreto, generoso. Un gesto eloquente.

Adesso ti saluto, con altrettanto affetto e altrettanta stima. C'è ancora tanto da fare, carissimo e gentile Angelo.Invierò queste note alle sezioni siciliane di Italia Nostra e alla sede nazionale di Roma.

A presto, Leandro Janni

Ambiente, difendo quel che ci han lasciato

Una replica di Italia Nostra a Legambiente. Da l’Unità del 23 maggio 2005

Caro Della Seta,

mi scusi se al suo articolo rivolto a Emiliani e Chiarante rispondo io, “vecchia bacucca” come dice lei, ma per mia fortuna ancora sufficientemente lucida da guidare l'associazione che ho contribuito a fondare ben 50 anni fa. Chiede che si entri nel merito dei problemi, rispondo nel merito dei problemi.

1) La linea C della metropolitana di Roma. Italia nostra la vuole, la chiede da anni e insiste perché venga realizzata una metropolitana automatizzata che costerebbe molto meno (60 milioni di euro al metro di rotaia invece dei 150 previsti) e potrebbe essere realizzata in un tempo molto minore. Non riusciamo a capire perché Legambiente non ne voglia neanche parlare, di risparmiare tempo e denaro.

2) L'energia eolica: sa benissimo che per noi il problema è solo in termini di difesa del paesaggio (così come dice la Costituzione) e delle aree protette. Se si tutela una zona è perché la si ritiene di pregio, o no? Perché magari vivono là specie animali rare, o no?

3) La gestione dei rifiuti. Noi saremmo contrari al compostaggio? Ma se organizziamo corsi di compost a Genova frequentati da migliaia di persone! Forse non è informato, caro Della Seta, sui fatti a cui si riferisce: quell'impianto a Grosseto che siete tanto favorevoli a costruire non è per produrre compost per uso agricolo ma bensì "carburante" per gli inceneritori a cui voi siete favorevoli e noi (e molti altri) contrarissimi; anche perché siamo convinti che la risposta al problema sia nella promozione dell'opzione Rifiuti Zero attraverso politiche radicali di raccolta differenziata e riciclaggio. Per questo stiamo lanciando la nostra rete dei Cittadini Riciclatori alla quale speriamo lei voglia aderire.

4) Ravello: mi duole doverle ricordare che gli strumenti urbanistici non prevedono ulteriori costruzioni sul territorio già molto gravato di Ravello. Che ci vuol fare, è la legge. Legge che noi chiediamo venga rispettata e non "aggirata" per un elementare, banale principio di civiltà del diritto. Cosa vuole, in questi ultimi anni della legalità il governo ha fatto carne da macello e quindi da vecchi bacucchi un po' rimbambiti quali siamo ci attacchiamo con le unghie e con i denti a quel che ci hanno lasciato.

Desideria Pasolini dall'Onda è Presidente Italia Nostra

Non seguirò Giuseppe Chiarante e Vittorio Emiliani (prima pagina de l'Unità di ieri) sulla via delle insinuazioni e delle offese. L’immagine di Legambiente associazione ricca e compiacente verso i “poteri” non è nemmeno una cattiva caricatura: è un ossimoro, come sanno tutti coloro - amici e avversari - che ci hanno incontrato in questi 25 anni; ed è un insulto per le migliaia di militanti, per le centinaia di circoli che si battono ogni giorno nei loro territori per migliorare l'ambiente e metterlo al centro dello sviluppo. Quanto al fatto che non sapremmo dire dei no, invito i nostri amici a chiedere ai cittadini di Civitavecchia che rifiutano la centrale a carbone, ai magistrati e alle forze dell'ordine che cercano di sconfiggere le ecomafie (parola coniata e realtà portata all'attenzione da Legambiente), agli agricoltori e ai consumatori mobilitati contro gli ogm. O magari ai Mazzitelli, proprietari dell'Hotel Fuenti - l'ecomostro abbattuto pochi anni fa -, o ancora ai Matarrese, costruttori dello scempio di Punta Perotti che sembra avere ormai i giorni contati.

Amenità a parte, resta il vero punto di differenza tra Legambiente e altre espressioni dell'ambientalismo: noi crediamo che i no diventino più forti, riscuotano più consenso, se al tempo stesso si indicano e si contribuisce a concretizzare strade positive. E poiché siamo convinti che tra queste strade vi siano il trasporto urbano su ferro, l'energia eolica, il riciclaggio dei rifiuti, una tutela del paesaggio e dei centri storici che distingua (come Italia Nostra non sempre fa) tra seconde case abusive e manufatti progettati da grandi architetti (oltre che, naturalmente, legali), allora ci pare inconcepibile, e comunque sbagliato, che un'associazione ambientalista compia azioni che obiettivamente si muovono nella direzione opposta.

Anche a noi, cari Chiarante ed Emiliani, sta molto a cuore l'unità delle forze ambientaliste, compresa ovviamente Italia Nostra che è una presenza preziosa e originale nell'amnbientalismo italiano. Ma a due condizioni: che da una parte sia vista da tutti come un mezzo e non come un fine, che serva ad avvicinare gli obiettivi comuni. E che quando emergono differenze e magari polemiche, ognuno dica come la pensa sul merito e rifugga da invettive apodittiche.

Roberto Della Seta è presidente nazionale Legambiente

Signor direttore,

vorremmo provare a riassumere i punti salienti della crisi evidente che attraversa il mondo ambientalista. Due giorni fa Legambiente nazionale, enfatizza un fatto soltanto romano (la Linea C della metropolitana e il diverso parere, e quindi il ricorso, discutibile, della sezione romana di Italia Nostra) convoca una conferenza stampa per : 1) annunciare di costituirsi a sua volta in giudizio contro Italia Nostra ; 2) attaccare tutta la politica di Italia Nostra nazionale mettendo nello stesso sacco una serie di casi nei quali la stessa associazione ha detto "no". Legambiente attacca a fondo il cosiddetto ambientalismo "che sa dire solo no".

Contrapponendolo, evidentemente, al suo che sa dire dei sì.

Per comprovare tale attacco, Legambiente porta alcuni casi (di cui ieri sull'"Unità", Roberto Della Seta parla pochissimo): a) l'auditorium di Ravello per il quale Italia Nostra ha fatto ricorso al Tar vincendo la prima causa ; b) la massiccia costruzione di De Carlo a Urbino, sotto i Torricini (contestata da Mahon, Gombrich, Dalai Emiliani, De Lucia, ecc., da Comitati cittadini e da altre Associazioni) ; c) l'Ara Pacis, tormentato progetto al quale disse molti "no" Adriano La Regina ; d) il piano per l'installazione di centinaia di pale per l'energia eolica (utili ma indubbiamente deturpanti per il paesaggio).

Bastano queste munizioni per sparare a zero su Italia Nostra e la sua cinquantennale tradizione di difesa del Bel Paese, da Zanotti Bianco a Bassani, a Cederna, a Iannello, a Fazio, ai dirigenti attuali? Francamente a noi pare di no. Per cui passa una ben strana comunicazione : non più Legambiente che attacca frontalmente Italia Nostra e il cosiddetto ambientalismo del "no", bensì una sgradevole "rissa fra le associazioni".

In realtà, Legambiente è molto coerente. Ha infatti assunto negli ultimi anni questa linea : bisogna "far fruttare" i beni culturali, i monumenti, i centri storici, gli stessi Parchi, "metterli a reddito". E su tale strategia ha ricevuto e riceve finanziamenti molto ingenti dallo stesso ministro dell'Ambiente, Matteoli, descritto in modo benevolo, alla fine positivo. La linea di altre Associazioni è molto diversa, contrapposta : i beni culturali e ambientali, la cultura, sono un inestimabile valore "in sé e per sé", se il loro indotto turistico-culturale è fiorente ne siamo felici, ma quei beni hanno un valore assoluto che travalica quello commerciale.

Qui sta la divaricazione. Qui sta il conflitto. Faticosamente sanato, più volte, al tavolo comune delle associazioni in un momento che richiederebbe il massimo di unità : per esempio, di fronte ad un Ministero dei Beni Culturali ridotto allo stremo, senza fondi, mentre la Arcus SpA distribuisce milioni di euro al di fuori di ogni valutazione tecnico-scientifica. Noi crediamo che associazioni e movimenti debbano mantenere una loro precisa, intangibile autonomia, culturale e dialettica. Avanzare proposte e controproposte si può, anzi si deve. Farsi finanziare ricchi progetti è un altro conto. Ne va dell'autonomia di giudizio. Un saluto sincero

Giuseppe Chiarante è presidente dell'Associazione Bianchi Bandinelli

Vittorio Emiliani è presidente del Comitato per la Bellezza


ROMA — « Sar anno anche vecchi bacucchi quelli di Italia Nostra, ma meglio essere parrucconi che fare danni » . Vittorio Sgarbi non ha dubbi: « Se devo identificare un'associazione che difenda meglio l'ambiente, penso senz'altro a Italia Nostra » .

Il mondo degli ambientalisti è da ieri in piena ebollizione. I contrasti fra Legambiente e Italia Nostra sono venuti alla luce in modo clamoroso.

Le divergenze sono tante, riguardano il restauro di monumenti come l'Ara Pacis a Roma, il Palazzo Ducale a Urbino, investono la scelta dell'energia eolica. Ma il caso su sui si è consumata la rottura netta, insanabile, è la linea C della metropolitana di Roma. Italia Nostra aveva presentato un ricorso al Tar per bloccare la gara d'appalto: il progetto non piace perché troppo faraonico, pericoloso per il sottosuolo del centro storico della capitale.

Legambiente ha replicato ieri con un contro ricorso per bloccare l'iniziativa dell'altra associazione provocando la reazione della presidente di Italia Nostra Desideria Pasolini dall'Onda: « Avevamo disagio a collaborare con Legambiente, adesso, per sua responsabilità, chiudiamo i rapporti » .

Un pericoloso muro contro muro, che provoca l'intervento di cinque sigle storiche dell'ambientalismo italiano. In una lettera aperta firmata dai presidenti Giulia Maria Crespi ( Fai), Fabrizio Vincenti ( Fare Verde), Giuliano Tallone ( Lipu), Guido Pollice ( Verdi, Ambiente e Società) e Fulco Pratesi ( Wwf), le associazioni lanciano un « fort e e deciso appello all'unità e alla compattezza » , ritengono « fondamentale non cadere in comportamenti che non solo non appartengono alla nostra cultura associativa, ma che ci distraggono dai nostri veri obiettivi e ideali » , denunciano « che ciò che è in gioco non è solo il nostro ruolo o la nostra credibilità, ma lo stesso futuro del l'Italia » . Sulla lite interviene il leader dei Verdi Alfonso Pecoraro Scanio, rilevando che a volte quelli di Legambiente « mostrano un'eccessiva disponibilità: a me non piacciono i fondamentalisti, ma neanche l'industrializzazione selvaggia. L'entusiasmo con cui Legambiente difende gli impianti delle pale eoliche è eccessivo, e nemmeno gradisco il favore con cui accolgono i progetti di inceneritori. Sono convinto che non si può dire sempre no, una soluzione va cercata, ma un conto è cercare una soluzione, un altro è sponsorizzare apertamen te i progetti degli amministratori » .

Nei gruppi di sinistra, dove Legambiente è radicata, molti prendono le difese dell'associazione, tranne che sull'energia eolica. La sua infatuazione per gli impianti ad elica suscita critiche. Su altre iniziative il consenso degli esponenti di sinistra a Legambiente è quasi unanime. Per esempio Marco Rizzo, dei Comunisti italiani, non ha dubbi sulla necessità di realizzare la terza linea, la C, della metropolitana di Roma.

« In una società moderna — dice Rizzo — bisogna risolvere i problemi. Il trasporto è fondamentale e gli ostacoli posti da Italia Nostra alla realizzazione della metropolitana vanno rimossi. Probabile che il metrò dia fastidio perché trasporta i proletari. Li conduce nel cuore della capitale e i radical chic del centro storico ne sono molto infastiditi » .

Paolo Cento, dei Verdi, parla di « sfida delle innovazioni » . Va accettata e perseguita. « Con tutte le cautele per le zone archeologiche, il metrò va fatto, Legambiente ha ragione ad appoggiare il progetto del Comune. Con questo non voglio liquidare Italia Nostra come un gruppo di nostalgici che ha fatto il suo tempo. No. fa benissimo a richiamarci al rispetto e alla conservazione dell'ambiente » .

Gentile direttore,

in merito all’inaudito attacco a Italia Nostra portato avanti da Legambiente, vorrei esprimere il mio rammarico per l’inevitabile frattura del fronte ambientalista, ma anche, in qualche modo, il mio sollievo.

Era da tempo ormai che Italia Nostra provava disagio in un’alleanza con Legambiente, non già per la naturale divergenza di opinioni su questione specifiche, ma perché si tratta di una organizzazione che ha perso negli anni gli elementi caratteristici dell’associazione ambientalista per legarsi sempre più al mondo della politica e degli affari. Prendiamo l’eolico, per esempio. Non è affatto vero, come afferma Legambiente, che Italia Nostra è contraria a questa fonte di energia pulita: è contraria però al disseminare migliaia di pale in aree naturalistiche protette o in siti di particolare pregio paesaggistico e auspica un rinnovato impegno nella ricerca sul solare. Legambiente trae dall’eolico vantaggi economici: questo ci imbarazza molto. Prendiamo la metro C di Roma: Italia Nostra si batte da anni per il metrò. Vuole -come il Cipe ha stabilito - un metro leggero e tecnologicamente avanzato.

Dicevo che siamo tutto sommato sollevati: con Legambiente, per sua responsabilità, abbiamo chiuso. E portiamo avanti le nostre battaglie insieme agli altri ambientalisti e a tutti coloro che sanno dire di si e di no: non soltanto di si, come Legambiente.

Desideria Pasolini dall’Onda

19/05/2005 12:04 - Intervento ad opponendum contro Italia Nostra sul progetto romano. Legambiente: "Da Ravello a Urbino, attenzione all'ambientalismo che sa dire solo NO"

Sulla linea C della Metropolitana di Roma anche Legambiente ricorre al Tar del Lazio. Il motivo dell’azione legale è quello di contrastare il ricorso con cui Italia Nostra e Cesia (Centro studi e iniziative per l’ambiente) hanno chiesto l’annullamento della delibera Cipe che approva e finanzia la Linea C della Metropolitana di Roma.

Una scelta “inedita e sofferta” che l’associazione ha illustrato oggi a Roma in una conferenza stampa cui hanno partecipato il presidente nazionale Roberto Della Seta e Lorenzo Parlati, presidente di Legambiente Lazio: “Certo – ha detto Della Seta - non fa piacere costituirci in giudizio contro un associazione ambientalista che ha grandi meriti nella difesa del patrimonio ambientale e culturale italiano. Ma la vicenda della Linea C è davvero emblematica di due modi diversi di praticare l’ambientalismo. Per noi, difendere l’ambiente vuol certo dire dei no: senza conflitto non ci può essere azione ambientalista, e dal nucleare al Ponte sullo Stretto di Messina, dalle centrali a carbone alla cementificazione di verde e coste, i no sono un nostro pane quotidiano. Ma noi pensiamo che occorra anche individuare degli obiettivi prioritari e perseguirli: tra questi obiettivi c’è sicuramente quello di dotare le città di una rete efficiente di trasporto su ferro, la linea C romana va in tale direzione e riteniamo un errore grave intralciarne la realizzazione sulla base di argomentazioni fragili e spesso capziose”.

L’intervento ad opponendum di Legambiente. La linea C per Legambiente è un’opera quanto mai urgente per affrontare i problemi di un traffico sempre più congestionato e inquinante e offrire alternative credibili all’uso dell’automobile. Il trasporto pubblico a Roma serve un territorio di oltre 1200 kmq, grande come la somma degli altri otto comuni più popolosi d’Italia: un territorio così esteso è servito da sole due linee della metropolitana, la prima inaugurata nel 1955 e la seconda nel 1980, un quarto di secolo fa. “Se il ricorso di Italia Nostra venisse accolto – ha affermato il presidente di Legambiente Lazio Parlati - Roma dovrà aspettare ancora molti anni prima di vedere una terza linea di metropolitana, aumenterà il suo ritardo nei confronti delle altre città europee e soprattutto diventerà ancora più difficile ricondurre il numero di auto in circolazione. Italia Nostra propone di sostituire l’attuale progetto con quello di una linea di minore portata, più breve e con un’unica galleria, progettata a suo tempo dal presidente del Cesia Tamburino, che ha firmato anche lui il ricorso: legittimo che un ingegnere sia affezionato al proprio progetto, ma non è una buona ragione per fermare un’opera di questa importanza in una città che vede aumentare ogni giorno congestione e inquinamento”.

Nel suo contro-ricorso Legambiente, assistita dall’avvocato Riccardo Biz del suo Centro di azione giuridica, argomenta tra l’altro: “Il progetto del Comune proprio perché viaggia a trenta metri di profondità, al di sotto della linea archeologica, non mette a rischio la storia di Roma né la falda idrica. Inoltre non vi è alcun motivo di tipo trasportistico che renda preferibile in una città di 3 milioni di abitanti una metropolitana leggera come quella proposta dal Cesia (da 20mila passeggeri/ora invece che da 40mila passeggeri/ora come le altre linee di Roma). Al contrario sono evidenti i vantaggi tecnologici di avere lo stesso tipo di convogli e tecnologie per le 3 linee di metropolitana”.

Certo è che la linea C da sola può fare ben poco per sciogliere i nodi del traffico capitolino. Serve un insieme di misure urgenti, da mettere in strada subito: più corsie preferenziali, più isole pedonali, più efficienza per bus e tram di superficie, più risorse per il trasporto pubblico da reperire anche con l’introduzione di tariffe (come il road pricing) che hanno anche il vantaggio evidente di disincentivare il traffico privato. Servono insomma un sacco di cose. E serve anche la linea C. Rinunciare a questo tassello sarebbe assurdo.

Ecomostri e grandi architetti. Per Legambiente, il confronto sulla linea C della metropolitana di Roma non è l’unico esempio di atteggiamenti che richiamano una sorta di “paradosso conservazionista”, che cioè in nome dell’ambientalismo finiscono per equiparare ecomostri e gioielli architettonici, o per contrastare scelte indispensabili a fronteggiare i grandi problemi ambientali, dall’energia ai rifiuti.

“Per noi – ha affermato il presidente nazionale di Legambiente – è inaccettabile presentare come ecomostri e come scempi l’auditorium disegnato da Niemeyer a Ravello o il progetto di recupero dell’Orto dell’Abbondanza a Urbino firmato da De Carlo. E’ una visione fuori tempo e fuori luogo, soprattutto perché non tiene conto che il paesaggio italiano non è wilderness, ma è il frutto dell’intreccio tra bellezze naturali e interventi dell’uomo. Senza questa ‘intrusione antropica’ non ci sarebbero né le Cinque Terre né la costiera amalfitana. Ancora più grave è che con argomentazioni del tutto inconsistenti ci sia chi da ambientalista si batte contro l’energia eolica o contro gli impianti di compostaggio: cioè contro opere indispensabili per riconvertire in senso ecologico i sistemi energetici e quelli di smaltimento dei rifiuti. Questo ambientalismo non è più radicale ma squisitamente conservatore, perché ostacola i cambiamenti invocati in tutto il mondo dalla cultura ambientalista”.

Il nuovo Auditorium progettato da Niemeyer a Ravello. Un caso emblematico è quello dell’Auditorium di Ravello. Ha un’importanza strategica per la valorizzazione culturale di un’area di pregio straordinario. È firmato da uno dei più grandi architetti del mondo, il brasiliano Oscar Niemeyer. Rispetta scrupolosamente le norme urbanistiche. Ha ottenuto tutte le autorizzazioni necessarie. Si integra perfettamente nel paesaggio. La presenza i un simile gioiello architettonica costituirà di per sé un baluardo contro la speculazione edilizia e l’abusivismo. E’ un’opera indispensabile per quello sforzo di destagionalizzazione delle presenze turistiche necessario a porre le basi per un turismo di qualità, non distruttivo per l’ambiente: grazie all’auditorium, infatti, Ravello che già oggi è battezzata “città della musica” potrà ospitare eventi per tutto l’anno.

Il progetto di Niemeyer, regalato al Comune di Ravello, prevede 400 posti coperti con parcheggio interrato perfettamente conforme allo studio di fattibilità.

Sebbene lo strumento urbanistico comunale abbia classificato l’area come “Zona F”, destinata cioè a servizi pubblici, in seguito a un ricorso di Italia Nostra una sospensiva del Tar ha bloccato il progetto dell’Auditorium per “tutela degli insediamenti antichi sparsi o per nucleo”. Il Consiglio di Stato ha dato il via libera al progetto con sentenza dello scorso 12 maggio.

Gli impianti eolici. In Italia è nata un’associazione, il Comitato per il Paesaggio, la cui sola ragione sociale è impedire la realizzazione di impianti di energia eolica. Le centrali eoliche vanno certo localizzate con attenzione agli equilibri paesaggistici, ma sono una risorsa irrinunciabile per ridurre i consumi di combustibili fossili e scongiurare ogni tentazione di rilancio al nucleare. Presentare l’eolico come l’energia nemica dell’ambiente è un obiettivo favore reso ai difensori degli attuali modelli energetici, ed è il contrario di ciò che sostengono le associazioni ambientaliste in ogni parte del mondo. Per fare un esempio proprio ieri sulla possibilità di nuovi impianti in costruzione nella Regione Molise, Oreste Rutigliano di Italia Nostra, ha dichiarato: “La presenza di questi pali da fantascienza in Molise è negativa, incompatibile con la memoria stessa del territorio”. Oggi l’Italia è molto in ritardo nello sviluppo dell’energia eolica: abbiamo poco più di 1000 megawatt installati, contro i 17 mila della Germania, i 4000 della Danimarca, i 7000 della Spagna.

Gli impianti di compostaggio. Il compostaggio è la tecnica per riciciclare la frazione umida dei rifiuti (i rifiuti organici), ricavandone concime. Purtroppo in Italia ci sono ancora pochi impianti del genere, e in più di un caso chi prova a realizzarli deve scontrarsi con opposizioni preconcette che considerano un impianto di compostaggio alla stregua di una centrale elettrica inquinante o di un inceneritore. E’ vero il contrario, il compostaggio è una delle risposte principali per realizzare una gestione ambientalmente corretta dei rifiuti.

Tra i casi controversi, uno riguarda un impianto che dovrebbe sorgere nell’area delle Strillaie in provincia di Grosseto. La vecchia discarica nei pressi di Marina di Grosseto va chiusa al più presto a causa di alcune infiltrazioni di liquidi inquinanti nelle falde acquifere superficiali. Una volta chiusa la discarica, il Comune dovrà procedere a una costosa opera di bonifica dell’area. Nel frattempo la Provincia di Grosseto ha inserito nel piano per lo smaltimento dei rifiuti la realizzazione di un impianto di separazione “a valle” dei rifiuti che produrrà Fos (frazione organica stabilizzata) e un impianto di compostaggio di qualità per la frazione organica già separata dai cittadini attraverso la normale raccolta differenziata. A questo progetto si oppone Italia Nostra, sebbene l’impianto non comporti alcun rischio per la salute dei cittadini, favorirebbe la raccolta differenziata, accelererebbe la bonifica dell’area della discarica.

Il progetto di recupero dell’Orto dell’Abbondanza a Urbino di De Carlo. La campagna contro la realizzazione del progetto elaborato da Giancarlo De Carlo - l'ultimo di numerosi e notissimi interventi di recupero nel centro storico di Urbino che il grande architetto ha realizzato a partire dal 1970 – ha visto tra i promotori Sgarbi e Italia Nostra, con appelli inviati a Carlo d’Inghilterra e all’Unesco. Questa posizione nasce da una contrarietà di principio all’idea stessa che si possa intervenire su un edificio storico – sebbene in stato di degrado – in un centro storico. Il progetto di De Carlo prevede spazi espositivi, biblioteche, servizi informatici e luoghi di ritrovo, un “Osservatorio sulla città” all’interno di un area abbandonata, un volume vuoto compreso tra il muro di contenimento a monte e il muro a valle prospiciente il Mercatale. Nel vuoto delle ex-stalle ducali, progettate nel 1492 da Francesco di Giorgio Martini, di cui resta solo la parete lunga 126 metri scandita dai finestroni aperti sul Mercatale, verrebbe calata una struttura di acciaio e cristallo, articolata su tre livelli comunicanti attraverso scale elicoidali e intervallata da patii e giardini. Dall’esterno si vedrebbe solo la copertura in lastre piatte di cotto realizzato da artigiani, dall'andamento ondulato. L’intervento che ha scontato forti ritardi, è attualmente in fase di realizzazione. Proprio l’iniziativa dell’allora sottosegretario Sgarbi portò a i modificare la copertura che verrà realizzata non più con una curvatura di raccordo tra i due muri ma con una falda inclinata con coppi antichi.

Postilla

L’auditorium di Ravello “rispetta scrupolosamente le norme urbanistiche”? Questa affermazione rivelerebbe una faziosità impensabile nell’ambiente in cui è stata pronunciata se non fosse il prodotto dell’ignoranza. L’auditorium è palesemente illegittimo. Così hanno decretato gli unici tribunali di giustizia amministrativa che hanno condannato l’intervento., L’ultimo (il Consiglio di Stato) non si è pronunciato nel merito, ma ha respinto la contestazione unicamente per un errore d’indirizzo (sic!). Si vedano, nella cartella SOS Ravello, l’ultima sentenza del TAR Salernoe l' eddytoriale 42, con i link ad altri materiali. Si veda anche la recente opinione di Vezio De Lucia

Ascontrarsi sono soprattutto due modi diversi di intendere l'ambientalismo. Da una parte c'è chi, come Legambiente, ritiene che ormai non si possa più dire sempre e solo no a ogni intervento o progetto, e accusa gli altri di essere dei conservatori. Dall'altra c'è invece chi - come Italia Nostra - pensa che per fare una vera battaglia ambientalista non ci si possa contaminare troppo con le istituzioni. Il risultato è che tra due delle principali associazioni ambientaliste italiane, da alcuni giorni è scoppiata una vera e propria guerra combattuta a colpi di ricorsi e controricorsi al Tar e, soprattutto, di pesanti accuse: «Vivono in un mondo che non esiste più. L'Italia è cambiata e oggi non basta solo opporsi, ma bisogna chiedersi come fare per risolvere i problemi», dicono ad esempio a Legambiente dei rivali. Che non esitano a contrattaccare: «Il problema - va giù pesante Italia Nostra - è che avete troppi interessi da difendere». In altri tempi divergenze di questo tipo si sarebbero risolte probabilmente al chiuso di una stanza e attraverso un «franco confronto». Oggi le cose vanno diversamente e se dopo un po' di scaramucce le incomprensioni restano si finisce davanti al giudice. E' successo così per la linea C della metropolitana di Roma, la terza che dovrebbe servire la capitale. Decisamente contraria alla sua costruzione - ritenuta un pericolo per le zone archeologiche e la stabilità di interi edifici - Italia Nostra ha presentato un ricorso al Tar per bloccarla. Ieri la contromossa di Legambiente, attraverso un altro ricorso al Tar con cui spera di fermare l'iniziativa avversaria. «Una scelta inedita e sofferta», ha spiegato Roberto Della Seta, presidente di Legambiente. «Certo non fa piacere costituirci in giudizio contro un'associazione che ha grandi meriti nella difesa del patrimonio italiano. Per noi difendere l'ambiente vuol certo dire dei no, ma pensiamo che bisogna anche individuare degli obiettivi prioritari e perseguirli: tra questi obiettivi c'è sicuramente quello di dotare le città di una rete efficiente di trasporto su ferro, e la linea C va in questa direzione».

A dividere le due associazioni non c'è però solo la metropolitana di Roma. Legambiente ha addirittura preparato un mini-dossier in cui elenca i capitoli del «paradosso conservazionista», vale a dire tutti i progetti a cui Italia Nostra si è opposta. Linea C a parte, si va dall'auditorium di Ravello, sulla costiera amalfitana, allo sviluppo dell'energia eolica, all'Ara Pacis di Roma, al modo migliore per eliminare i rifiuti. «In nome dell'ambientalismo si combattono scelte che valorizzano e migliorano l'ambiente», accusa l'associazione di Della Seta.

Un'offesa, quella di essere dei conservatori, dura da accettare per Italia Nostra, che non nasconde il suo «sollievo» per la frattura creatasi nel fronte ambientalista: «Era da tempo, ormai - confessa la presidente Desideria Pasolini Dall'Onda - che provavamo disagio in un'alleanza con Legambiente, non già per la naturale divergenza di opinioni su questioni specifiche, ma perché si tratta di una organizzazione che ha perso negli anni gli elementi caratteristici dell'associazione ambientalista per legarsi sempre più al mondo della politica e degli affari». E a richiesta, non si risparmiano gli esempi. A partire proprio dall'eolico. «Il nostro non è un no indiscriminato, ma siamo contrari a progetti che riguardino le aree protette», spiega la portavoce dell'associazione, Nanni Riccobono. «Legambiente invece è favorevole alla costruzione di 100 pale eoliche nel parco dell'Alta Murgia, distruggendo così l'unico luogo in Italia in cui vive il falco grillaio. Se lo fa è perché ha interessi precisi»: Quali? «In Lucania - prosegue Riccobono - ha chiesto a un'azienda che si occupa di eolico, la Fri-el Spa, 57 mila euro più Iva per promuovere una campagna a favore dell'eolico. Tutto lecito, però si richiede un parere su questo tipo di energia. Quale sarà quello più obiettivo, il nostro che non prendiamo un euro o quello di chi ci guadagna?». Altro esempio, i rifiuti: «Loro sono per gli inceneritori e i termovalorizzatori che producono diossina - dice Riccobono -, noi per la raccolta differenziata e il riciclaggio».

«Se ci accusano di trovare soluzioni ai problemi, allora ce ne vantiamo», è la replica di Legambiente. «Non si esce dall'emergenza rifiuti in Campania solo con la raccolta differenziata. Essere contrari a tutto vuol dire far vivere la gente con i rifiuti in mezzo alla strada per altri vent'anni. Allora meglio gli inceneritori». Non manca una scatto di orgoglio: «Quando combattevamo contro la vecchia chimica siamo stati attaccati dai sindacati che ci accusavano di non pensare ai posti di lavoro degli operai. Adesso ci sembra paradossale che le critiche arrivino da altri ambientalisti». E le accuse di avere degli interessi nell'eolico? «A quelle non rispondiamo neppure - è la replica di Legambiente - con l'associazione dei produttori di eolico abbiamo fatto un protocollo di intesa che prevede la riduzione al minimo dell'impatto ambientale. Non abbiamo altro da dire».

Siracusa, 7 maggio - Forse potranno interessare i lettori di eddyburg alcune integrazioni e correzioni all’articolo di Giovanni Valentini sulle progettate trivellazioni nel Val di Noto.

È vero intanto che l’autorizzazione a svolgere quelle ricerche, in vista di future estrazioni di idrocarburi, è stata concessa nella più assoluta mancanza di trasparenza. Basti dire che il parere di compatibilità ambientale, che ha esentato il progetto dalla procedura di V.I.A., non è stato nemmeno pubblicato sulla “Gazzetta Ufficiale” (contro queste irregolarità sta per essere presentato ricorso al Tar). Del progetto si è avuta notizia poco alla volta e faticosamente, dopo di che è esplosa la protesta degli abitanti (con comitati spontanei, ecc.). Questa è stata così forte e unanime che numerosi politici, anche del centrodestra, a loro volta hanno preso posizione contro l’iniziativa, fino ad impegnarsi a chiederne la revoca. Vedremo cosa ne verrà fuori.

Per valutare correttamente l’accaduto va però premesso: a) L’autorizzazione per le ricerche nel Val di Noto non è l’unica esistente. Anche a volersi limitare alla sola Sicilia (ma assai istruttivo sarebbe un paragone con quanto va accadendo in Basilicata), si sa che autorizzazioni analoghe, altrettanto silenziosamente, sono state concesse per altre aree. Se – come è auspicabile – si dovesse giungere ad una revoca per questa di cui parliamo, il problema resterebbe tuttavia irrisolto per il resto dell’isola. “Non nel mio giardino”, quindi, anche se – ne sono certo – qualche politico demagogo non mancherà di farsi bello per aver “salvato” il Val di Noto da un pasticcio prodotto dalla sua stessa amministrazione. Sull’Etna o altrove però (e si tratta spesso di aree non meno delicate e importanti) saremo al punto di prima. È evidente allora che il problema può essere risolto solo attraverso una pianificazione non settoriale, alla luce del sole ed evitando che scelte di simile portata siano affidate ad un solo Assessorato, in modo da stabilire, dopo aver ponderato tutti gli interessi in gioco, delle priorità condivise; b) Perché ciò avvenga è essenziale che siano applicati con rigore gli istituti normativi già esistenti: la V.I.A. e, adesso, la V.A.S. (Valutazione Strategica di Area), scandalosamente elusi in Sicilia. È attraverso queste procedure, da attivare prima del rilascio delle autorizzazioni, che si garantisce fra l’altro la trasparenza e la partecipazione del pubblico.

Chiarite le vere ragioni, di metodo oltre che di merito, che portano a respingere con forza l’iniziativa, mi sia concesso però di criticare anche alcune asserzioni fuorvianti dell’articolo di “Repubblica”.

Che le estrazioni di idrocarburi mettano a rischio “il patrimonio del Barocco, le chiese e i palazzi, ecc.”, compromettendo così “l’industria del turismo”, è indubbiamente argomento di facile presa, ma che potrà essere facilmente smontato in qualche prevedibile futuro briefing dei petrolieri: gli impianti infatti, una volta a regime, sarebbero praticamente invisibili, oltre che lontani dai centri abitati. Un forte rischio potenziale riguarda invece la falda idrica, l’agricoltura, gli ecosistemi, ed è per queste ragioni che il principio di precauzione dovrebbe scoraggiare questo tipo d’iniziative in aree così fragili. Fa un po’ sorridere, al riguardo, il richiamo, accanto al Barocco, del celebrato pomodorino di Pachino. Questa coltura (per niente tipica, si tratta di una varietà israeliana introdotta una ventina di anni fa!), con le sue immense serre di plastica è stata in realtà una vera catastrofe per l’ambiente (in tutti i sensi, paesaggio incluso) e, pur se economicamente riuscita, si è affermata proprio a spese dell’agricoltura tradizionale (vigneti).

Se queste imprecisioni possono essere perdonate a chi scrive da lontano, mi pare invece pericolosa la ricetta che, in alternativa al petrolio, l’articolista condivide con il neoministro Miccichè: “più campi da golf, scuole di vela e porti turistici” (meno male, ci risparmia i casinò). Queste iniziative – distruttive per l’ambiente almeno quanto le trivelle, oltre che spesso economicamente fallimentari – sono state incoraggiate con massicci contributi a fondo perduto, sia regionali che nazionali (legge 488, delibere Cipe, ecc.), e non a caso adesso sono oggetto di un’intensa campagna promozionale.

In particolare sui campi da golf come panacea per i mali del Sud l’altro neoministro Stanca, dopo Miccichè, non ha temuto di perdere la faccia. Ma c’è poco da ridere, sono in gioco interessi enormi e anche l’attenzione della mafia per questo lucroso affare (puro movimento terra e speculazione su aree estesissime, con le spese pagate) è ormai documentata. Dispiace che giornalisti seri come quelli di “Repubblica” non se ne siano resi conto.

Caro Eddy, la prossima settimana, giovedì 12 maggio, ho organizzato a Roma un seminario su Buenos Aires. E' una sorta di resoconto del viaggio che ho fatto lo scorso Novembre. Saranno presenti alcuni dei docenti che ho incontrato a Buenos Aires, in particolare Pedro Pirez terrà un intervento sul processo di privatizzazione nella costruzione della città (ad esempio la privatizzazione della società di distribuzione dell'acqua) e di come questo incide sulla qualità urbana e sulla vita degli abitanti). Il Prof. Alberto Federico Sabatè si occuperà, invece, di descrivere le diverse forme di autorganizzazione della cittadinanza e di come queste costruiscono beni pubblici. Si tratta di forme di costruzione dal basso della città che sopperiscono alla carenza (quasi totale) di politiche pubbliche. Sarà presente anche un collega di Bogotà che descriverà, invece, un caso del tutto diverso. Un caso in cui il governo è riuscito a formulare un progetto di sviluppo della città e a perseguirlo con costanza. Un progetto che come sostengono molti osservatori ha fatto di Bogotà un caso di successo e una sorta di laboratorio per le politiche urbanistiche nell'America Latina.

L'obiettivo è semplicemente di raccontare queste realtà che però mostrano, sebbene con più forza e con maggiore evidenza, aspetti della costruzione della città che forse non sono poi così lontani dalla nostra realtà.

Ti chiedo se puoi diffondere attraverso Eddyburg l'invito a quanti possono essere interessati all'iniziativa.

Grazie Giovanni. Posso chiederti una nota sulle esperienze che ritieni più interessanti? Qui il link alla locandina

Gent.mo professore, intanto da lettrice assidua del suo Eddyburg (e badi bene che non mi classificherei di sinistra, né, tanto meno, di destra!) la ringrazio per le eccellenti aperture culturali che, realmente come finestre, lei ci propone sul mondo: trovo interessantissime tutte le rubriche che contribuiscono allo “spessore” del giornale nel suo insieme.

Simpaticissima, poi, questa rubrichetta sulle parole o le frasi che “inflazionano” (o sarebbe meglio dire “imperversano” nel) il mondo della comunicazione..italiana quasi volessero proporsi come un identificativo di un gruppo...del tipo “chi dice questa parola o usa questa circonlocuzione è a pieno titolo ammesso in questo o quel gruppo degli aventi facoltà di esprimersi”...roba da matti!

E a tal proposito mi permetto di suggerirle, come frasi che sento, a mo' di pausa dialogica dallo spessore pseudo-intellettuale, e piuttosto come intercalare, “ in buona sostanza” o anche il meno recente “a livello di: che ne pensa?

In realtà io credo che perfino il tanto abusato “come dire” avrebbe un suo senso preciso e non stonerebbe se....se come in tutte le cose e con tutte le cose non lo si usasse “senza senso”! Quello che credo è, in conclusione, che dovremmo tutti riappropriarci degli strumenti che la lingua ci offre per sviluppare un linguaggio comprensibile anche se personale...insomma: riflettiamo prima di buttar via le parole al vento. Che ne dice? Se ci preoccupassimo, prima di parlare, di cercare di capire se abbiamo realmente qualcosa da dire...beh....credo che in giro per l'Italia ci sarebbe un po' meno inquinamento acustico. Per non parlare del degrado linguistico, cui fa da cassa di risonanza il tubo catodico, che, e mi duole dirlo, ci viene proprio dai cosiddetti operatori (giornalisti in primis!...categoria di cui faccio parte).

Con “soppesata” stima e sincera gratitudine per quel che fa...la saluto cordialmente

Una sua lettrice

PS Mi permetto di riportare, sempre che non sia sgradita, una frase che a me è parsa molto semplice e pur molto "pregnante" del già Cardinal Ratzinger, ora Papa Benedetto XVI: “La morale è il coraggio di rinunciare alle grandi parole vuote”....mi pare interessante.

Sono perfettamente d’accordo lei. Il problema è l’impiego insensato (= senza senso) delle parole: il mancato rispetto per questo delizioso strumento di comunicazione. Se rispettassimo le parole, rinunceremmo a svuotarle svalutandole.

“Il papa bavarese”

Caro Eddy, un breve commento in occasione del nuovo 'Papa Bavarese'. Non ho cantato l'alleluja dopo la fumata biancha a Roma. Sono mai stato un amico di "Don Ratze" perche come uomo è molto freddo, come teologo molto rigido e sempre un 'saccente'. È un osso durissimo contro la cosidetta cultura sessantottesca, molto intelligente ( anzi troppo...) e rappresenta la vecchia chiesa che fa anche un po di paura. Si sente da lontano la cultura inquisizione di una volta. Per me come cattolico battezzato con aqua santa all inizio della mia vita e durante gli anni sessanta con aqua d'illuminismo resta il "Papa vero" Papa Giovanni XXIII, perche ha aperto le finestre di una chiesa scura verso il mondo. Credo per i 'cattolici di sinistra' e per i preti che fanno un buon lavoro per i poveri in tutto il mondo non si cambia molto con il nuovo Papa Bavarese. Forse sia una situazione migliore per loro di testimoniare una fede diversa di 'Papa Ratze' che ha mai mai avuto un rapporto diretto con il popolo. Conosce il popolo bavarese solo quando ha l'incontrato alla kermesse folcloristiche per un brindisi di Birra. Di una birra leggera naturalmente.... Un fratellissimo saluto dall 'altra Bavarese'

Molti condividono i tuoi sentimenti. Aspettiamo e guardiamo.

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