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La sentenza del TAR sull'auditorium di Ravello
20 Settembre 2004
Ravello
Ecco la parte sostanziale del provvedimento con il quale il TAR Campania (Salerno, I sezione) ha dato ragione a chi sosteneva (in giudizio l’Associazione Italia Nostra) che l’auditorium, che Comune, Regione, Provincia e Sovrintendenza intendevano far sorgere a Ravello, era illegittimo. In calce il collegamento al testo integrale (pubblicato il 9 agosto 2004), scaricabile in formato .pdf, e a un mio commento

[OMISSIS]

Può a questo punto passarsi all'esame del merito della controversia. Il verbale di conferenza di servizi e l'Accordo di Programma tra il Comune di Ravello, la Regione Campania e la Comunità Montana Penisola Amalfitana per la realizzazione dell'auditorium "Oscar Niemeyer" di Ravello , redatti in data 4 agosto 2003, precisano che il Comune di Ravello non è dotato di alcuna strumentazione urbanistica e che, pertanto, trattandosi di ente sprovvisto di strumento urbanistico, il progetto è assentibile ai sensi dell'articolo 4 della legge regionale n. 17/1982.

Rileva il Tribunale che tale norma, destinata a disciplinare i limiti di edificabilità nei comuni sprovvisti di strumenti urbanistici approvati dispone, al comma 2, che "Salva l'applicazione obbligatoria delle misure di salvaguardia, di cui alla legge 3 novembre 1952, n. 1092 e successive modificazioni ed integrazioni, le limitazioni che precedono hanno efficacia fino alla data di entrata in vigore del Piano Regolatore Generale, da adottare ai sensi dell'articolo 1 della presente legge e non si applicano nei confronti degli interventi volti alla realizzazione di edifici e strutture pubbliche, o opere di urbanizzazione primaria e secondaria, di programmi per l'edilizia residenziale pubblica, nonché dei piani e degli interventi previsti dalla legge statale 17 maggio 1981, n. 219".

La concreta realizzabilità dell'auditorium discenderebbe, dunque, a tenore dei provvedimenti impugnati, dalla natura dell'opera de quo la quale, rientrando nella categoria degli "edifici e strutture pubbliche" ovvero delle "opere di urbanizzazione", non sarebbe assoggettata ai limiti di edificabilità dettati dalla normativa di salvaguardia contenuta nella richiamata legge regionale.

L'Accordo di programma ed il verbale di conferenza di servizi, sopra richiamati, danno peraltro atto che le aree interessate ricadono nella Zona 3 (di tutela degli insediamenti antichi e per nucleo) del Piano Urbanistico Territoriale dell'Area Sorrentino Amalfitana, approvato con legge della Regione Campania 26-5-1987, n. 35, onde occorre altresì verificare se sulla realizzabilità dell'opera incidano o meno le disposizioni di tale legge.

Al riguardo, ritiene in primo luogo il Collegio che non sia condivisibile la linea interpretativa prospettata in via principale dalla Regione Campania (v. pag. 4 della memoria difensiva), secondo cui la natura del PUT quale piano di coordinamento e di direttive, da specificare mediante i piani urbanistici comunali, ne escluderebbe l'applicazione in ipotesi di comuni sprovvisti di PRG, operando per questi ultimi unicamente la normativa regionale che regolamenta l'attività edilizia nei comuni non dotati di strumento urbanistico e, segnatamente, l'articolo 4 della legge regionale n. 17/1982, che consente l'intervento edilizio per cui è causa.

E valga il vero.

Con la legge 27 giugno 1987, n. 35 la Regione Campania ha approvato il Piano Urbanistico Territoriale ( P.U.T.) dell'Area Sorrentino-Amalfitana, ai sensi dell'art. 1 bis della legge n. 431/1985.

Tale Piano, a norma dell'articolo 3 della legge regionale, è Piano Territoriale di Coordinamento con specifica considerazione dei valori paesistici ed ambientali e sottopone a normativa d'uso il territorio oggetto di considerazione. Esso prevede norme generali d'uso del territorio dell’area e formula direttive a carattere vincolante alle quali i Comuni devono uniformarsi nella predisposizione dei loro strumenti urbanistici o nell'adeguamento di quelli vigenti.

L'articolo 5 della legge detta, poi, norme di salvaguardia, destinate ad operare dalla data di entrata in vigore del P.U.T. e sino all'approvazione dei Piani Regolatori Generali Comunali.

Da quanto sopra emerge, dunque, che la richiamata normativa regionale realizza, nell'ambito della funzione urbanistica precettiva, non solo la funzione di disciplina sostanziale del potere di pianificazione, ma anche quella di salvaguardia, contenendo disposizioni che mirano ad impedire che, nelle more della entrata in vigore della obbligatoria disciplina urbanistica comunale di piano conforme alle disposizioni del P.U.T., queste ultime vengano ad essere vanificate dalla realizzazione di interventi di trasformazione urbanistica del territorio ad esse non conformi.

Orbene, la corretta lettura del richiamato articolo 5 (corroborata sul piano logico dalla considerazione della finalità stessa della norma di salvaguardia, evidentemente diretta ad impedire che sia pregiudicata l'attuazione delle prescrizioni del P.U.T.) induce a ritenere che, fino all'approvazione di un PRG a questo conforme, gli interventi relativi alla realizzazione di opere pubbliche, pur se svincolate dalle previsioni del PRG o della variante generale di adeguamento, siano possibili solo se conformi alle prescrizioni del PUT medesimo.

Ritiene il Tribunale che tale normativa di salvaguardia si applichi agli interventi di trasformazione urbanistica ed edilizia da effettuarsi nel territorio del Comune di Ravello, atteso che quest'ultimo è ricompreso nell'area di perimetrazione del P.U.T. ed è conseguentemente assoggettato alle disposizioni della legge regionale n. 35/1987, la cui normativa di salvaguardia trova applicazione in luogo delle analoghe disposizioni contenute nella legge regionale n. 17/1982 vuoi per il principio di specialità (trattandosi delle peculiari disposizioni di un piano territoriale di coordinamento con specifica considerazione dei valori paesistici ed ambientali, emanate per una particolare area del territorio regionale), vuoi per quello cronologico (dovendosi nella specie applicare la disciplina di salvaguardia del territorio successivamente emanata dall’autorità legislativa regionale).

Ciò posto, è dunque necessario verificare se la realizzazione dell'Auditorium per cui è causa costituisca o meno opera conforme al Piano Urbanistico Territoriale dell'Area Sorrentino-amalfitana, in relazione alle disposizioni d'uso del territorio dallo stesso dettate per la specifica area di intervento.

Come sopra evidenziato, quest'ultima ricade in Zona Territoriale 3 del P.U.T., qualificata quale zona di "Tutela degli insediamenti antichi sparsi o per nucleo".

L'articolo 17 della legge n. 35/1987 prevede in proposito che essa "comprende gli insediamenti antichi, integrati con l'organizzazione agricola del territorio presenti sulla costiera amalfitana e di notevole importanza paesistica".

In tale zona vengono consentiti interventi sul patrimonio edilizio esistente (restauro conservativo per gli edifici ed i complessi di particolare interesse storico-artistico ed ambientale, restauro conservativo ed adeguamento funzionale per la restante edilizia esistente a tutto il 1955), nonché interventi per l'adeguamento e l’organizzazione agricola del territorio.

Di poi, viene stabilita la regola generale del divieto di ulteriore edificazione, ponendosi, per la parte che qui interessa, una eccezione relativamente alle "attrezzature pubbliche previste dal Piano Urbanistico Territoriale e quelle a livello di quartiere, sempre che l'analisi e la progettazione del piano regolatore generale ne dimostrino la compatibilità ambientale".

La verifica di compatibilità dell'opera per cui è causa con le disposizioni del PUT impone a questo punto di acclarare se l'Auditorium che si intende realizzare rientri nel novero delle opere pubbliche consentite ed, in particolare, se quest'ultimo possa qualificarsi in termini di "attrezzatura pubblica prevista dal Piano Urbanistico Territoriale" ovvero di "attrezzatura pubblica a livello di quartiere".

Va al riguardo premesso che il percorso interpretativo deve essere ispirato al massimo rigore, coerentemente alla voluntas legis espressa dalla norma, la quale ha posto come principio generale per la zona di riferimento il divieto di ulteriore edificazione, configurando gli interventi edilizi di nuova edificazione quale ipotesi eccezionale e modulando questi ultimi in termini di attribuzione di un potere generale di localizzazione in primo luogo al pianificatore del PUT e solo per fattispecie residuale e specifica al pianificatore comunale.

La previsione di ammissibilità della realizzazione di attrezzature pubbliche risulta, pertanto, disposizione normativa di stretta interpretazione.

Ciò posto, va in primo luogo escluso che l'Auditorium costituisca attrezzatura pubblica prevista dal Piano Urbanistico Territoriale, considerato, per come peraltro appare pacifico tra le parti, che il suddetto strumento di pianificazione non contiene una espressa previsione di tale specifica opera.

Resta da acclarare se la stessa configuri o meno "attrezzatura pubblica a livello di quartiere".

Ritiene il Tribunale che al quesito debba darsi risposta negativa per le considerazioni che di seguito si espongono.

Deve in primo luogo farsi riferimento al dato letterale della norma, il quale non opera un generico riferimento alle "attrezzature pubbliche", ma richiede altresì che queste si connotino per essere "attrezzature pubbliche a livello di quartiere".

Tale specificazione - letta in stretta coerenza alla lettera della legge in considerazione del carattere eccezionale della previsione, derogatoria della regola generale del divieto di nuove edificazioni - induce a ritenere che l'attrezzatura pubblica a livello di quartiere sia una entità urbanistico-edilizia caratterizzata da una restrizione finalistica e funzionale al quartiere o comunque allo stretto contesto territoriale (di valenza sub-comunale) nel quale viene ad inserirsi.

L'opera, dunque, è posta al servizio di una parte specifica del territorio comunale e della relativa popolazione (quartiere) e non anche dell'intero Comune o di un contesto sovracomunale.

Il dato letterale, pertanto, smentisce la tesi prospettata dalla difesa del Comune di Ravello, secondo cui in un comune di piccole dimensioni, come quello resistente, la scala del "quartiere" può anche coincidere con l'intero territorio comunale.

Va al riguardo osservato che ove mai il P.U.T. avesse inteso riferirsi ad attrezzature pubbliche funzionali all'intero territorio comunale o ad ambiti più ampi lo avrebbe espressamente detto e comunque non avrebbe utilizzato la specificazione limitativa del "livello di quartiere", come dimostrato dai numerosi riferimenti normativi presenti nella legge n. 35/1987, la quale reca espressa indicazione anche ad "attrezzature pubbliche" in modo generico ( v., ad esempio, art. 17, sub zona territoriale 4) ovvero ad "attrezzature pubbliche comunali" o ad "attrezzature di interesse comunale" (v. art. 11 della legge).

D'altra parte, la suddetta restrizione finalistica e funzionale al quartiere risulta pienamente coerente con la natura della zona territoriale di riferimento (Z.T. 3), che si connota per la presenza di "insediamenti antichi sparsi o per nucleo" e non anche per agglomerati urbani accentrati. Essa è, poi, logicamente correlata alla peculiare esigenza di tutela in tale zona perseguita ed al connesso sistema delineato dalla norma, che attribuisce la scelta discrezionale (ed eccezionale) di localizzazione delle attrezzature pubbliche in generale al P.U.T. medesimo e solo per quelle "a livello di quartiere" al pianificatore comunale.

Sotto tale profilo, pertanto, assolutamente non condivisibile risulta l'affermazione contenuta nel progetto definitivo dell'opera (elaborato "studio di fattibilità ambientale"), secondo cui, per giustificare la compatibilità dell'intervento con il PUT, si afferma che "il Comune di Ravello può definirsi quartiere in un contesto geografico ed urbanistico comprensoriale..." e che "in tale ambito il Comune di Ravello, Città della Musica per antonomasia, può essere riguardato effettivamente come un quartiere con una specifica caratterizzazione". Osserva, di poi, il Tribunale che, se l'esame del dato letterale, come sopra effettuato, smentisce già prima facie che il progettato Auditorium possa considerarsi "attrezzatura pubblica a livello di quartiere", a tale conclusione a maggior ragione induce il riferimento alla funzione che l'opera è in concreto destinata a realizzare, quale risultante dalla documentazione amministrativa e tecnica relativa all'intervento per cui è causa.

Ed, invero, l'opera non appare destinata, per natura e funzione, a soddisfare esclusive esigenze di quartiere ovvero della popolazione del Comune di Ravello.

Nella "Relazione generale e quadro economico" del progetto definitivo dell'opera si legge dell'Auditorium quale "strumento indispensabile per raggiungere una destagionalizzazione dei flussi turistici prolungando l'offerta tipica di Ravello, denominata città della musica, anche durante il periodo invernale con positivi riflessi sulle attività turistiche della intera costiera amalfitana".

L'opera risulta, inoltre, inserita nel P.I.T. Ravello, destinato alla realizzazione di un distretto turistico integrato di alta qualità Ravello­Scala.

La lettura del redatto Studio di Fattibilità del suddetto distretto turistico integrato appare al riguardo illuminante.

Si legge nella Introduzione del Rapporto Finale che "Il Festival della Musica di Ravello è una manifestazione di grande valore culturale e di interesse turistico. Il beneficio economico associato all'evento festival - oltre ad essere direttamente legato a ricavi di bigliettazione degli otto eventi del Festival - è anche indirettamente prodotto dalla spesa turistica degli spettatori associata all'attivazione di beni e servizi intermedi necessari alle attività culturali. Ravello - comunemente chiamata città della musica - trova quindi nel Festival una risorsa d'attrazione turistica di notevole interesse e di elevata potenzialità. È evidente quindi che la creazione di strutture culturali strettamente connesse all'evento - quali nel caso specifico l'Auditorium - ... assumono pertanto un'importanza rilevante in un'ottica di sviluppo culturale e dell'indotto ad esso correlato".

Il quadro di sintesi del suddetto studio (sub "Le opere in progetto: linee generali") scolpisce la funzione dell'opera in questione, qualificandola come "destinata ad integrare con spazi al coperto e spettacoli teatrali la stagione musicale di Ravello e ad offrire uno spazio di livello per attività convegnistiche e congressuali".

Ulteriori specificazioni sono contenute nel richiamato Rapporto Finale (v. cap. 4 "Sostenibilità economica e finanziaria", par. 4.1 "Individuazione e quantificazione della domanda effettiva e potenziale").

Esso afferma che "la realizzazione dell'Auditorium consentirà di incrementare la domanda (il numero di spettatori) associata alla fruizione degli eventi musicali per almeno due ordini di motivi:

- la presenza di uno spazio coperto consentirà di ampliare la stagione concertistica anche ad alcuni periodi dell'anno che attualmente non consentono la realizzazione di eventi. Inoltre, consentirà comunque la realizzazione di quei concerti programmati durante il periodo estivo che attualmente sono messi in pericolo dalle improvvise precipitazioni piovose;

- l'inserimento nel palinsesto di Ravello delle attività teatrali produrrà un positivo "effetto richiamo";

- la realizzazione dell'auditorium, per il prestigio dell'opera ed il battage promozionale e mediatico che ne seguirà, potrebbe consentire un incremento della domanda associata agli eventi normalmente programmati".

Si afferma, quindi, come "la nuova struttura sia in grado di proporre due eventi festival di cinque giorni ciascuno e ... 30 eventi musicali e teatrali di 1 giorno ciascuno", rilevandosi che "il nuovo auditorium sarà in grado di attivare 10.000 nuove unità di domanda di eventi musicali ...". Quanto, poi, alla offerta congressuale, viene specificato che "la realizzazione dell'auditorium e la sua destinazione anche a funzioni congressuali potrebbe permettere l'organizzazione di almeno 50 congressi addizionali .. In pratica, si stima che l'Auditorium possa essere in grado di generare il raddoppio delle presenze attualmente connesse a convegni e congressi".

Si sottolinea, poi, come "nell'incremento del numero di utenti per la funzione musicale e per il turismo congressuale il valore artistico e di richiamo dell'edificio realizzato da un maestro dell'architettura come Niemeyer risulti un fattore determinante e rappresenti, di per se stesso, un elemento di forte attrattività".

Dalla documentazione sopra richiamata emerge, dunque, in maniera inequivocabile che l'opera in questione non è finalizzata, conformemente alla prescrizione del P.U.T. per la zona di riferimento, al perseguimento esclusivo di un interesse pubblico urbanistico "a livello di quartiere", ma è destinata anche e soprattutto al soddisfacimento ed all'incremento della domanda turistica nel territorio.

Ritiene, inoltre, il Collegio che la specifica disposizione contenuta nel richiamato articolo 17 della legge regionale n. 35/1987 (attrezzature pubbliche a livello di quartiere) escluda , altresì, la sussumibilità in essa dell'Auditorium sotto il profilo della qualificazione di quest'ultimo in termini di opera di urbanizzazione secondaria ai sensi dell'articolo 4 della legge n. 847/1964 (tesi quest'ultima prospettata dalla difesa delle amministrazioni resistenti).

E' ben vero che tale norma ricomprende tra le opere di urbanizzazione secondarie le "attrezzature culturali" e che in tale categoria può essere astrattamente ricompreso un auditorium.

Tuttavia, la qualificazione di quest'ultimo in termini di "attrezzatura culturale" non lo rende automaticamente conforme alla prescrizione del P.U.T., occorrendo l'ulteriore requisito del "livello di quartiere".

Né l'opera di urbanizzazione secondaria è per definizione struttura "a livello di quartiere".

Invero, l'elencazione in proposito fornita dall'articolo 4 della legge n. 847/1964 qualifica espressamente come "di quartiere" solo alcune tipologie di manufatti (mercati di quartiere, impianti sportivi di quartiere, aree verdi di quartiere), tra i quali non rientrano le attrezzature culturali.

Sicché la giurisprudenza (cfr. TAR Lombardia - Milano, III, 26-8-1998, n. 1337) ha avuto modo di chiarire che le "attrezzature culturali" non contengono nell'art. 4 della legge n. 847 del 1964 alcuna restrizione finalistica e funzionale al quartiere, per cui - nella mirata assenza di quella limitazione - emerge la specifica volontà del legislatore di prescindere, per quelle opere di urbanizzazione, dallo stretto contesto urbanistico.

Orbene, dato, per presupposto, che anche le opere di urbanizzazione secondaria costituiscano "attrezzature pubbliche" per come è nella loro natura ed anche nella qualificazione fornitane dal legislatore regionale (si veda in proposito l'art. 11 della citata legge reg. n. 35/1987), è indubitabile che il P.U.T. abbia inteso consentire nella Zona Territoriale 3 la sola realizzazione di attrezzature pubbliche "a livello di quartiere", connotate dunque dal requisito ulteriore della specifica restrizione finalistica e funzionale al quartiere o comunque allo stretto contesto territoriale.

Tale connotazione, per le ragioni tutte sopra esposte, difetta nell'opera oggetto della presente controversia ed, inoltre, essa non è per definizione evincibile dalla mera collocazione della stessa nella categoria della "attrezzatura culturale-opera di urbanizzazione secondaria" di cui alla richiamata legge n. 847/1964, atteso che nella suddetta previsione normativa definitoria manca il riferimento al "quartiere".

Né può dirsi che in tal modo l'attuale configurazione del PUT impedisca in assoluto la realizzazione di attrezzature culturali prive della suddetta connotazione finalistica.

Si osserva, in proposito, che la legge regionale n. 35/1987 contiene espresso riferimento alle attrezzature culturali nella disciplina della Zona Territoriale 11 (Attrezzature turistiche complementari, ritenute indispensabili per la riqualificazione dell'offerta turistica), laddove si parla di "attrezzature sportive ... con annesse strutture di servizio, soggiorno e culturali ....").

Sulla base delle considerazioni tutte sopra svolte, pertanto, può affermarsi che l'opera in questione non è conforme alle prescrizioni dettate dal P.U.T. per l'area di riferimento.

Invero, la localizzazione dell'opera sul sito individuato avrebbe dovuto necessariamente passare per una variante al Piano Territoriale, la quale, come risulta dall'articolo 15, u.c., della legge n. 35/1987, richiede l'approvazione del Consiglio Regionale.

Al riguardo, per come emerge dall'insegnamento del Consiglio di Stato (cfr. Cons. Stato, VI, 5-1-2001, n. 25), ben può essere utilizzato lo strumento dell'accordo di programma previsto dall'articolo 34 del Testo Unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, considerata la portata generale dell'istituto i cui limiti oggettivi devono essere individuati con il solo riferimento all'ampia definizione contenuta nella citata norma (e che pertanto può riguardare anche opere ed interventi che comportino la modifica di un piano territoriale paesistico).

Peraltro, l'accordo di programma non può derogare agli ordinari criteri di competenza, con la conseguenza che sullo specifico effetto di variante al P.U.T. risulta necessaria una pronunzia (in via preventiva o successiva) del Consiglio Regionale della Campania, competente ai sensi del citato articolo 15 della legge n. 35/1987.

Nel caso in esame, a prescindere dalla considerazione assorbente che gli atti amministrativi impugnati non hanno espressamente disposto alcuna variante, ma anzi hanno affermato la conformità dell'opera al Piano Territoriale, (e ciò ne comporta, attesa l'illegittimità del decisum, l'obbligatorio travolgimento), si rileva che precedentemente all'atto di esternazione costituito dal decreto regionale di approvazione n. 617 del 16 ottobre 2003, non è intervenuta alcuna determinazione (di autorizzazione preventiva o di ratifica successiva) da parte del competente Consiglio regionale.

Da quanto sopra consegue la fondatezza dei primi due motivi di ricorso e l'annullamento degli atti amministrativi oggetto di impugnativa (evincibili dalle indicazioni contenute nell'epigrafe del ricorso, nel fatto e nei motivi di gravame, cfr. Cons. Stato, VI, n. 25/2001 e IV, n. 465/1981 ) che hanno illegittimamente affermato la conformità dell'opera in questione al P.U.T. e la realizzabilità della stessa sulla base della prescrizione normativa di cui all'articolo 4 della legge regionale n. 17/1982.

Resta assorbito l'esame degli altri motivi di ricorso.

Va pertanto disposto l'annullamento del decreto dell'assessore all'urbanistica della Giunta regionale della Campania n. 697 del 16-10-2003, dell'Accordo di Programma tra il Comune di Ravello, la Regione Campania e la Comunità Montana Penisola Amalfitana sottoscritto il 4-8-2003, del verbale di Conferenza di Servizi del 4-8-2003, delle delibere di ratifica della Giunta Regionale n. 2525 del 6-8-2003, del Consiglio Comunale di Ravello n. 22 del 27-8-2003 e della Giunta esecutiva della Comunità Montana n. 117 del 7-9-2003.

Le spese del presente giudizio possono essere integralmente compensate fra le parti costituite , in considerazione della peculiarità della controversia.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania Salerno (Sezione I), definitivamente giudicando sul ricorso in epigrafe proposto da Italia Nostra o.n.l.u.s. e dato atto della rinuncia dell'intervento ad adiuvandum da parte dell'Associazione Italiana per il World Wide Fund for Nature W.W.F. Italia o.n.l.u.s., lo accoglie nei limiti di ragione e, per l'effetto, annulla il decreto dell'assessore all'urbanistica della Giunta regionale della Campania n. 697 del 16-10-2003, l'Accordo di Programma tra il Comune di Ravello, la Regione Campania e la Comunità Montana Penisola Amalfitana sottoscritto il 4-8-2003, il verbale di Conferenza di Servizi del 4-8-2003, le delibere di ratifica della Giunta Regionale della Campania n. 2525 del 6-8-2003, del Consiglio Comunale di Ravello n. 22 del 27-8-2003 e della Giunta esecutiva della Comunità Montana n. 117 del 7-9-2003.

Il mio commento alla sentenza, e ai rischi successivi

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