QUALCUNO del centrodestra, forse Bondi con quella sua faccia da omino di burro che portava Pinocchio e Lucignolo nel paese dei balocchi, ha apostrofato l´opposizione pochi giorni fa dicendo: «Dovete smetterla di considerarci inadatti a guidare il paese e di pensare che voi e soltanto voi abbiate questo compito affidatovi dal destino». Io non so se nelle file dell´opposizione ci sia veramente chi ritiene che la sua parte abbia ricevuto quell´investitura quasi per diritto divino. Non credo, ma se c´è e se la pensa in questo modo sbaglia di grosso. Ma che questa destra italiana, pur sostenuta da un cospicuo consenso elettorale, sia strutturalmente inadatta a guidare la politica d´un grande e complesso paese europeo, lo credo anch´io. E non perché difettino nella maggioranza parlamentare persone degne per moralità, buoni studi e vivace intelligenza, ma per una ragione più profonda: questa maggioranza non ha alle sue spalle una struttura sociale portatrice di valori, di costumanze e di interessi che costituiscono il terreno fertile nel quale la rappresentanza politica può mettere a dimora le sue radici. Manca una classe che, sia pure partendo da una propria visione del bene comune, esprima una cultura adeguata a interpretare l´interesse generale e a rappresentarlo politicamente.
Questa lacuna spiega il fallimento della politica berlusconiana e il progressivo sfaldarsi della maggioranza parlamentare dopo appena due anni e mezzo dalla vittoria elettorale del 2001; spiega l´occasionalità delle scelte compiute, la loro frequente reversibilità, l´ossessione scompaginante dell´eventuale perdita del potere poiché il potere si è dimostrato l´unico collante capace di tenere insieme una coalizione elettorale senza radici.
La destra di Fini, i cattolici moderati di Follini, la stessa Lega, vantano almeno una loro sia pure parziale rappresentatività sociale; ma Forza Italia no, le cosiddette partite Iva non esprimono valori comuni e tanto meno comuni interessi. E non è affatto casuale che le crepe dell´attuale maggioranza si siano rivelate proprio in quelle terre del Nordest dove la piccola imprenditoria e le ditte artigiane hanno la maggiore densità sul territorio.
Manca insomma una borghesia degna del nome, che abbia non solo la capacità di condurre i propri affari ma anche quella di farsi carico degli interessi del paese e di esprimere un´egemonia culturale senza la quale la rappresentanza politica galleggia nel vuoto, soggetta a tutti i venti delle cangianti emozionalità e alla pressione di tutte le lobby e di tutte le corporazioni.
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Per la verità la lacuna borghese non può essere imputata alla coalizione berlusconiana poiché è un fenomeno di arretratezza che ha accompagnato la storia d´Italia per quasi i tre quarti del suo percorso. Soltanto la destra storica, quella dei Minghetti, e dei Sella, dei Ricasoli, dei Lambruschini, degli Spaventa, poté governare e costruire lo Stato unitario traendo la sua investitura da quella borghesia fondiaria che possedeva, a metà dell´Ottocento, i tre quarti della ricchezza nazionale.
Quella borghesia, dislocata soprattutto nel Centronord del paese, investì gran parte dei suoi profitti agricoli nell´ammodernamento delle sue aziende e nella commercializzazione dei suoi prodotti, impegnò il nascente Stato unitario da lei medesima guidato ad una politica di grandi infrastrutture nei settori delle acque e dei trasporti ferrati, promosse l´esproprio delle terre e dei benefici ecclesiastici avendo di mira l´estensione d´una borghesia agricola anche nelle zone del latifondo meridionale e sopportò infine senza fiatare il peso dell´imposta fondiaria che proprio in quegli anni fece affluire nelle casse dell´erario più del 50 per cento del gettito tributario totale.
Dopo di allora ci fu soltanto un´altra fioritura borghese che coincise con il quindicennio liberale di Zanardelli e di Giolitti e fu all´origine dell´industria italiana.
Il resto nella nostra storia unitaria è silenzio. La borghesia degradò da classe dirigente a potere assistito, delegando l´esercizio della politica e autoconfinandosi nella difesa dei propri interessi di categoria tutelati dai dazi, dalle commesse pubbliche, dai pubblici appalti trasformati in benefici, dall´accesso al credito bancario e dalle facilitazioni fiscali.
La lacuna borghese è stata dunque, salvo brevi intervalli, una costante della vita italiana. L´ultimo tentativo di soffiare sulle sue ceneri e risvegliarne un´ormai spenta vitalità fu effettuato da Ugo La Malfa che i residui dell´Italia borghese ignorarono o addirittura sospettarono di para-comunismo. Di lui si accorsero solo quando fu morto, ma allora evidentemente era troppo tardi anche perché la sua lezione non ha avuto successori.
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Senza una borghesia vitale, creativa, portatrice di cultura e d´un progetto politico realmente riformatore, una destra democratica ed europea non può nascere e infatti non è nata. Basta osservare il mediocre collateralismo della Confindustria di D´Amato e di Fossa per misurare il danno storico di quella lacuna.
Si dirà che la Democrazia cristiana, nel quarantennio durante il quale ha guidato lo Stato, ha esercitato il suo potere politico in rappresentanza della borghesia; ma non è vero, non è così. La Dc ha fortemente contribuito ad alimentare la piccola borghesia degli impieghi pubblici e para-pubblici, ha scambiato favori con la grande industria del Nord, ha tenuto a balia il capitalismo di Stato (verso il quale è forse lecito qualche rimpianto vedendo oggi all´opera i suoi successori privati), ha dato mano ai palazzinari e ha prosperato all´ombra dell´Italia parrocchiale.
Nelle condizioni date, la Dc è stata probabilmente il meglio del possibile, realizzando l´anomalia d´un partito di centro politicamente chiuso a destra e progressivamente aperto verso sinistra. Quando l´impalcatura è crollata si è avuta conferma che la sua classe dirigente era molto più avanzata della sua base la quale – come del resto la base del socialismo craxista – è quasi interamente rifluita sulla scia berlusconiana.
Si è parlato molto nei giorni scorsi di Giulio Andreotti in occasione della sua assoluzione dai reati che gli erano stati attribuiti, ma con una speciale attenzione alla sua opera di uomo politico e di uomo di Stato. A me è venuta in mente un´immagine che usai molti anni fa per definire la sua funzione nel panorama politico nazionale. Forse era un´immagine un po´ troppo colorita ma non voleva essere insultante, soltanto didascalica. Andreotti, dicevo allora e continuo a pensare adesso, ricorda i mitili o cozze che dir si vogliano, che prosperano nutrendosi con acque reflue e rendendole depurate dai bacilli che le inquinano. Funzione che in un certo senso fu svolta dall´intero partito, anche se alcuni di quei bacilli passarono in circolo con tutti i loro effetti inquinanti.
Oggi la barriera dei mitili non c´è più e il depuratore naturale delle acque reflue è venuto a mancare. Purtroppo si vede.
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Una borghesia seria e consapevole dell´ufficio che è tenuta a svolgere per poter esistere, non avrebbe tollerato che il governo del paese fosse nelle mani del solo vero monopolista esistente in Europa. Murdoch è più forte di lui in termini di fatturato ma non detiene monopolio in nessuno dei paesi nei quali opera.
Una borghesia seria e consapevole non avrebbe tollerato che il bilancio dello Stato fosse gestito da un commercialista funambolo che riesce a salvare l´erario dalla bancarotta vendendo in anticipo i ricavi dei cespiti tributari, liquidando il patrimonio pubblico, trasferendo furbescamente le spese dell´ultimo trimestre dell´esercizio al primo trimestre dell´esercizio successivo e aiutandosi con i riporti staccati (alias swap) stipulati col sistema bancario. Il tutto per mantenere aperta l´ipotesi d´uno sgravio fiscale in favore dei contribuenti più agiati, ancora di là da venire.
Una borghesia seria e consapevole non avrebbe sopportato un premier che si è autotrasformato in un cane da riporto al servizio di Bush e di Putin, mettendosi per sua scelta alla berlina di tutta Europa, sia di sinistra che di destra.
Ma una borghesia consapevole e seria non c´è, non c´è più, ammesso che vi sia mai stata.
Per questo una destra decente, moderata, europea, non esiste e tarderà molto a venire. Quella che poteva essere la sua rappresentanza politica è un carro di Tespi dove gli attori recitano senza copione. Improvvisano. Berciano.
Fanno le smorfie. Raccontano barzellette. Ma, lo ripeto, la colpa non è loro.
La sinistra, che pure non brilla, fu educata dalla classe operaia e dal Terzo Stato: un´educazione di cui per fortuna restano ancora le tracce.