«Abbiamo una ricchezza finanziaria e patrimoniale pari a 8 volte il reddito annuale. Se bisogna trovare risorse, perché si deve sempre considerare il reddito corrente, cioè quell'ottavo, e non il resto?». Insomma, una patrimoniale: corollario obbligato al lungo ragionamento sulla necessità di una redistribuzione dei redditi che Guglielmo Epifani viene a fare a Rimini, ospite del meeting di Cl. Il segretario Cgil è accolto cordialmente: da chi c'è, perchè la sala rimane semivuota; strariperà invece nel pomeriggio, ospitando un incontro col cardinale Scola.
TASSE. Di una patrimoniale, dice Epifani, «conosco bene i rischi. Bisogna valutare bene i pro ed i contro, e può darsi che i contro prevalgano. Ma so anche che se colpisco il reddito che si genera anno dopo anno, colpisco lo sviluppo: allargare la platea su cui intervenire mi pare sensato. Del resto Siniscalco ha calcolato il valore del patrimonio pubblico includendovi l'aria e l'acqua. Si può vendere tranquillamente tutto questo e considerare intoccabili i patrimoni accumulati? Oggi per ogni euro invest ito in attività produttive, cento lo sono in attività finanziarie: questa sproporzione è uno dei grandi problemi che frenano lo sviluppo»«. Altra faccia della medaglia: »Negli ultimi quattro anni gli indici di disuguaglianza sono tornati ad aumentare. C' è stata una redistribuzione dei redditi non giusta e non efficiente: questo problema va rimesso al centro delle responsabilità pubbliche. Non condivido una politica di riduzione fiscale che avvantaggi chi ha di più. Una concentrazione esagerata della ric chezza non conviene a nessuno».
AUTUNNO. Quanto caldo sarà? Dice, Epifani: «Al governo chiedo solo di non peggiorare la situazione che c'è, intervenendo su quattro punti». Il primo riguarda i prezzi: «Ci hanno sempre risposto che non è vero che aumentano. Vorrei che cambiassero opinione , e che provassero a tenerli sotto controllo: quel poco che possono fare, lo facciano». Il secondo, è l'equo reperimento di risorse. Il terzo: «Vorrei che facessero qualcosa di utile per le imprese italiane, sostenendo quelle che vogliono investire: il problema non è il profitto, è come viene impiegato». L'ultimo: «Non vengano fatti tagli alle spese sociali fondamentali». Il segretario Cgil aggiunge alcune idee e proposte. Ad esempio, «più che pensare a panieri differenziati, sarebbe più semplice inserire nel paniere universale qualche bene che stranamente non compare, per esempio la casa, le spese per i mutui, le ristrutturazioni. . .». Per raffreddare i prezzi, «sarebbe utile, sul modello francese, una convenzione tra governo e grande distribuzione». Approva, Epifani, la modulazione dell'accisa sulla benzina: «Ma bisognerà eliminare anche l'Iva sull'accisa, una tassa sulla tassa, una cosa assurda, mai vista».
DELOCALIZZAZIONI. «Andrebbero accompagnate da politiche europee, non nazionali; altrimenti avremo solo risposte nazionalistiche, corporative, difensive. Questa Europa è strana: ci sono settori in cui disciplina anche le virgole, altri su cui non c'è nulla . Si arriva al paradosso di imprese che ricevono dall'Europa fondi per investimenti nel proprio paese, e li utilizzano all'estero».
CONTRATTI. Prospettive dopo l'interruzione del rapporto con Confindustria? «La verifica del sistema contrattuale ed un suo riordino non possono prescindere da una posizione unitaria di Cgil-Cisl-Uil: questa è architettura di sistema, bisogna farla in quat tro, non sono possibili architetture separate. Il problema è quando - e se - riusciremo a stabilire una piattaforma comune». Ci sono commissioni da riattivare per avviare il confronto fra i tre sindacati, afferma Epifani: «Se arriviamo ad una mediazione trasparente, se i lavoratori la approvano, potrà iniziare il confronto con Confindustria. Se le opinioni divergenti superano il bisogno di compromesso, continueremo come abbiamo fatto fino ad oggi: ognuno tirerà dalla sua parte». La prospettiva non gli garba: «La cosa peggiore comunque è che neanche si provi a metterci a confronto. Io preferisco un percorso di chiarezza: ognuno dica cosa pensa e perché. Ci vuole uno sforzo non piccolo, ma preferisco affrontare di petto il cuore delle difficoltà piuttosto che far finta di nulla, non mi piace lo sfilacciamento che ne deriverebbe». E come cambierebbe la Cgil il sistema contrattuale? «Il problema più rilevante è il numero di contratti collettivi, oltre 400: bisogna ridurre, accorpare». Poi, il rapporto tra contrattazioni: «Non persuade che per rafforzare il secondo livello si debba indebolire il primo. In Italia la contrattazione aziendale si fa nel 30% delle imprese: se il contratto nazionale è debole, condanniamo la maggioranza dei lavoratori ad una bassa protezione».