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Ida Dominijanni
Un’altra Repubblica
1 Maggio 2008
2008-13 aprile, prima e dopo
Non c’è più la Repubblica nata dalla Resistenza, poiché è caduto “il fondamento antifascista della Costituzione”. Il manifesto, 1 maggio 2008

Trecentotrentacinque voti e diciannove applausi - tre dei quali bipartisan, altri trasversali a ranghi sparsi - segnano l'approdo del processo di legittimazione democratica della destra post-fascista in Italia. Gianfranco Fini siede nello scranno più alto della camera dei deputati, terza carica dello Stato, due giorni dopo la conquista del Campidoglio di Gianni Alemanno. Sono due prime volte nella storia della Repubblica. Dicono che cade un tabu, ma in verità a cadere è il fondamento antifascista della Costituzione, e poi chi l'ha detto che i tabu devono cadere tutti? Da ieri, non dal ’92 quando non crollò nessun tabu ma solo un sistema politico corrotto, siamo in un'altra Repubblica e alla Camera si vede anche a occhio: Fini presiede, la sinistra non c'è. Ci sono voluti diciannove anni, la lunga autodissoluzione del Pci, l'avvento del profeta Berlusconi, lo scongelamento nelle acque di Fiuggi dell'Msi, un bipolarismo e poi un bipartitismo fatti dall'alto, un tentativo fallito di costituzionalizzare la destra una e trina del '94, un serial televisivo ininterrotto, dosi massicce di revisionismo storico sulle buone ragioni dei ragazzi di Salò e sulle colpe di comunisti, socialisti e socialdemocratici e alla fine ce l'abbiamo fatta. Un paese finalmente normale?

Fini non è Alemanno e in Parlamento non brinda come farà per radio Alemanno alla legittimazione conquistata: si limita a praticarla dall'alto scranno, con le dovute astuzie e cautele. Omaggia Napolitano e solo per il suo tramite la Costituzione (impegnando la legislatura a cambiarla, e senza steccati sulla prima parte), garantisce con algido disincanto che le ideologie antidemocratiche del Novecento sono morte e sepolte (insabbiando sotto la condanna dei totalitarismi europei quella dell’italico regime), incassa «il traguardo ormai raggiunto» della memoria condivisa e della pacificazione nazionale, e vola nel XXI secolo in compagnia di Benedetto XVI innalzando la bandiera della libertà. Quale? Non quella celebrata «doverosamente» dal 25 aprile, che ormai è al sicuro, ma quella minacciata dal male assoluto di oggi, che non è più il fascismo come aveva concesso in Israele bensì il relativismo culturale. «La libertà è minacciata nello stesso momento in cui nel suo nome si teorizza una presunta impossibilità di definire ciò che è giusto e ciò che non lo è». Presidente «di parte ma imparziale», come si autodefinisce, Fini sarà anche il testimone e l’arbitro del Vero e del Giusto?Dal secolo delle ideologie e dei totalitarismi si può sempre uscire con un po’ di fondamentalismo, raccomandandosi che venga bene impartito in famiglia e a scuola.

Il resto è contorno, tanto post-ideologico quanto saldamente di destra. L’omaggio più deferente è al papa e alle radici cristiane non dell’Europa ma «della nostra patria», l’orizzonte è quello mediterraneo dei tre monoteismi ma non si va oltre, le parole più rotonde sono nazione e tricolore, il lavoro passa da fondamento della Repubblica a motore dell’economia alleato con l’impresa e i magistrati da garanti dei diritti a sentinelle dell’ordine alleate con la polizia, lo Stato ritroverà autorità e i cittadini sicurezza. A Roma, per tradurre, ci saranno meno stupri.

La seduta è finita, la transizione pure. Dalla fine, si sa, si vedemeglio anche l’inizio. C’era un partito fascista extracostituzionale, oggi c’è una destra democratica. C’era una sinistra costituzionale, oggi c’è un partito democratico. Eppure, la democrazia non sembra scoppiare di salute.

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