Come abbiamo visto, nel corso degli anni 70, sotto la spinta del movimento sindacale per la casa e il territorio, si erano venuti mettendo a punto nuovi meccanismi di programmazione per l'intervento pubblico nell'edilizia. Si trattava dello sviluppo e del consolidamento di una riforma già avviata all'inizio degli anni 60 (con la legge 167 del 1962), nel quadro di una definizione organica dei rapporti tra le strutture centrali dello Stato e le neonate regioni. La programmazione pluriennale dell'intervento pubblico nell'edilizia abitativa, l'attribuzione alle regioni delle competenze di ripartizione territoriale dei finanziamenti e di verifica dell'efficacia degli interventi, la realizzazione integrata di alloggi e servizi sociali, l'acquisizione preventiva delle aree da parte dei comuni e l'inclusione dei nuovi insediamenti nelle procedure e nelle coerenze della pianificazione urbanistica: questi erano i cardini del nuovo assetto del settore, formato con l'attenzione soprattutto alla definizione di una corretta ed equilibrata ripartizione delle responsabilità dei compiti tra Stato, regioni e comuni.
Il meccanismo non è ancora del tutto a regime, che subito lo si scardina. Si comincia con una legge per l'accelerazione delle opere pubbliche del 1978, approvata tra Capodanno e la Befana, quando i parlamentari erano ancora impegnati nella digestione delle feste. Una leggina transitoria (doveva durare solo tre anni, ma fu prorogata silenziosamente di triennio in triennio fino al 1987, e poi resa permanente) consente che le opere pubbliche siano eseguite anche se in contrasto con gli strumenti urbanistici. Per poter derogare al piano regolatore e costruire là dove esso non lo consente, o realizzare, per esempio, un parcheggio o un ospedale là dove sono invece previsti un parco pubblico o una scuola, basta che il relativo progetto sia approvato dal Consiglio comunale. Questo, così, approva il progetto tecnico di una scuola o una strada (magari subendo il ricatto dell'urgenza, pena la perdita del mutuo) e approva invece una variazione di rilievo al piano regolatore [1].
Con questa legge l'urbanistica, nei comuni, passa di fatto dalle competenze degli assessorati all'urbanistica a quelli ai lavori pubblici. Le decisioni, anche formali, sul territorio non avvengono infatti più mediante i piani (e le lunghe e ampie discussioni che questi provocano), ma con un comma marginale introdotto nelle delibere di approvazione dei progetti di opere pubbliche, di competenza appunto degli assessori ai lavori pubblici. Negli anni 60 e 70 i partiti si contendevano gli assessorati all'urbanistica. Negli anni 80 diventano invece più ambiti quelli ai lavori pubblici. Un segno non marginale dei tempi nuovi che si stanno aprendo.
[1] Legge n.1 del 3 gennaio 1978, Accelerazione delle procedure per l'esecuzione di opere pubbliche e di impianti e costruzioni industriali. Questa stessa legge introduce un'altra gravissima norma: il ripristino, come forma generale e ordinaria di contrattazione, della trattativa privata, che era stata fortemente limitata dalla Direttiva comunitaria 305 del 1971 e dalla conseguente legge 540 del 1977.