Caro Eddyburg,
con alcune amiche, dirigenti di uffici urbanistici comunali, ci siamo incontrati la sera dell’8 marzo scorso. La fortunata coincidenza di poter avere – a Firenze e dintorni – un gruppo di donne, funzionari pubblici, dirigenti nei rispettivi enti (talvolta anche a dispetto del ruolo formale loro assegnato), potrebbe avere un grande significato per dare voce ad una componente tanto importante quanto... silenziosa. Per queste ragioni ti scrivo queste poche righe, sperando che siano ospitate nel sito.
Crediamo che parlare del ruolo delle donne nell’urbanistica o, peggio ancora, di urbanistica al femminile sia una clamorosa sciocchezza. Diversamente, è molto sensato parlare degli urbanisti pubblici, i funzionari che ogni giorno con il loro tenace e competente lavoro sostengono il “mandato sociale” del mestiere di urbanista: la difesa degli interessi collettivi, delle ragioni dei cittadini presenti e futuri, della cultura, dell’ambiente. In poche parole, di tutto ciò che non sta negli interessi particolari di chi promuove le trasformazioni del territorio. Una funzione di garanzia che, per sua natura, non può che essere pubblica. In un tuo eddytoriale era riportato un piccolo episodio: a metà degli anni sessanta, l’ Unione Donne Italiane organizzò un convegno sul tema “Obbligatorietà della programmazione dei servizi sociali in un nuovo assetto urbanistico”, a Roma, il 21-22 marzo 1964. Una grande organizzazione di massa aveva organizzato e svolto una vasta campagna di mobilitazione dell’opinione pubblica, aveva raccolto migliaia di firme in calce a una proposta di legge d’iniziativa popolare, e aveva posto al centro della sua iniziativa un convegno di studi. Quel lavoro ebbe uno sbocco: quattro anni dopo la rivendicazione di spazi maggiori per le cittadine e i cittadini diventò legge.
Mai come ora sarebbe utile ridare voce agli urbanisti pubblici, mettendo in rete le idee e le esperienze, provando ad alimentare il consenso attorno alle ragioni dell’urbanistica pubblica e, di conseguenza, portando ad un diverso riconoscimento del lavoro degli urbanisti che lavorano, stabilmente o temporaneamente, presso comuni, province, regioni e altri enti pubblici. Idee, dibattito e iniziative, nella speranza che queste possano trovare ascolto e – soprattutto – traduzione in migliori condizioni di lavoro nella pubblica amministrazione, mettendo quest’ultima in grado di assolvere pienamente alla propria funzione.
In conclusione, caro Eddyburg, ti chiediamo di ospitare, ogni tanto, qualcuna delle nostre riflessioni, mettendoci a disposizione il “megafono” del sito. Se poi qualcuno degli urbanisti pubblici che frequentano il sito fosse interessato a fornire un contributo, raccontando la propria esperienza o mettendoci a parte delle sue idee, ne saremmo ancor più felici.
Grazie.
Sarei felicissimo se questo tuo appello fosse raccolto. Un paio d'anni fa tentammo dimettere insieme un'associazione degli urbanisti pubblici, ma allora non funzionò: gli UP sono (o almeno erano) troppo occupati dalle loro routine per poter impiegare tempo in un'iniziativa diversa. Forse il tempo è maturo per riprovare, con energie più fresche e più ... femminili! Il bisogno c'è: lo testimonia del resto la lettera di Antonio Sciabica, appena inserita. Lo spazio di Eddyburg è vostro, occupatelo.