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Armando Stella
Uno Smeraldino nel nuovo Eataly
22 Maggio 2013
Territorio del commercio
Con buona pace dei puristi della cultura e delle loro anche condivisibili ragioni, la vitalità urbana passa sempre dalla composizione funzionale, anche stravagante se serve.

Con buona pace dei puristi della cultura e delle loro anche condivisibili ragioni, la vitalità urbana passa sempre dalla composizione funzionale, anche stravagante se serve. Corriere della Sera Milano, 22 maggio 2013, postilla (f.b.)

E per dessert: il teatro. Tra le cucine degli chef, gli scaffali dei millesimati e il banco dei prosciutti dop, buon appetito e godetevi lo spettacolo: «Proporremo concerti dal vivo tutte le sere e straordinari ospiti a sorpresa». Là dove c'era lo Smeraldo, il salotto per il dopocena della gente comune, in autunno entrerà Eataly, il supermarket dei cibi alti e certificati. Un megastore di 3.500 metri quadri, l'itinerario del gusto che gira su una «U» e sale per tre livelli. La novità sarà inserita tra il primo e il secondo piano, nel punto di massima visibilità. Un palcoscenico. Annuncia il patron Oscar Farinetti: «Conserviamo la memoria viva del teatro popolare». Se il centro enogastronomico di Firenze è un omaggio al Rinascimento, se il punto vendita di Roma è dedicato alla bellezza e il gemello di Bari celebrerà il fascino del Levante, l'Eataly di piazza XXV Aprile farà suo l'immaginario del pop e del rock. La parabola è compiuta: dallo Smeraldo dei Legnanesi allo smeraldino del piemontese Farinetti.

«Stiamo allestendo una roba enorme, nello spirito culturale del teatro che ci ha preceduti»: il patron di Eataly l'aveva anticipato al Corriere tre mesi fa, facendo lezione di marketing, servendo pochi dettagli e lasciando furbescamente inappagata la curiosità. Ora il format è definito: un palco a unire verticalmente i primi due piani dell'edificio; un cartellone di ospiti annunciati e qualche comparsata fuori programma. Infine, per fortificare il legame col passato, Farinetti ha chiesto la «collaborazione» di Gianmario Longoni, storico direttore dello Smeraldo: «Mi diverte l'idea di riproporre la tradizione del teatro del 700 — sorride Farinetti, l'imprenditore che ha conquistato New York e prepara lo sbarco a Chicago —. Il teatro in cui si beveva, si mangiava e si ascoltava buona musica».

Lo Smeraldo di Cats e del Boss, la sala del Fantasma dell'opera e del riservatissimo Bob Dylan, insomma, il palazzo al 10 di Porta Garibaldi è chiuso dal 30 giugno scorso, martoriato dai lavori e ucciso dai ritardi del parcheggio interrato. Oscar Farinetti da Alba — 58 anni, già proprietario di UniEuro, ideatore di Eataly e ambasciatore del made in Italy — ha rilevato il teatro, ha progettato il market, avviato i cantieri e programmato 3-400 assunzioni. Ieri l'altro, da Palazzo Marino, ha ricevuto il preventivo degli oneri di urbanizzazione (la tassa sulla ristrutturazione): un milione e 240 mila euro. Letta la cifra, ha vacillato: «Ho pensato di lasciar perdere». Ci ha ripensato? «Apriamo, apriamo... Al Comune di Milano si son sbattuti da matti, hanno accelerato l'iter, l'istruttoria è stata completata in meno di un anno. E però, ora basta: le leggi di questo Paese sono assurde, puniscono chi produce lavoro. Vanno cambiate».

Il megastore sarà inaugurato tra fine settembre e ottobre, nonostante la stangata degli oneri e le scommesse perse. Ricordate il voto di Farinetti alla vigilia delle elezioni? «Se vincesse Maroni mi verrebbe voglia di fare un mostruoso kebab allo Smeraldo, anziché Eataly». Roberto Maroni è il nuovo presidente della Lombardia. Eppure, dopo Porta Garibaldi, Eataly dovrebbe arrivare anche a San Babila.

Postilla
Certamente l'idea di avvolgere la cultura dentro un cartoccio di patatine fa storcere il naso, così come l'ha fatto storcere comprensibilmente sostituire a una storica piazza antistante un teatro un parcheggio da supermercato, ma proviamo a guardarla da un'altra angolazione. Dove prima c'era una sola funzione, tra l'altro abbastanza elitaria, per vari motivi – di cui non è il caso di discutere qui – abbandonata se ne insediano varie, con un mercato decisamente aperto e potenziale, diciamo sperimentale. Non ci sono i presupposti per osservarlo con attenzione, l'esperimento? Verificare quanti flussi di utenti genera, il tipo di mobilità preferito, le debolezze così come i punti di forza da sviluppare magari in altre esperienze simili. C'è nell'aria anche una moratoria dei grandi complessi commerciali extraurbani, concorrenti diretti di questi modelli di riqualificazione centrali mixed-use, che sono da sostenere, magari con maggiore attenzione a ruoli ed equilibri centro-periferia. E certo senza continuare a rimpiangere un'età dell'oro, vuoi commerciale, culturale, o anche sociale, che spesso esiste solo in una memoria vaga e distorta (f.b.)

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