Case di carta: la nuova questione abitativa
I dati sull’emergenza abitativa ci colpiscono per la loro rilevanza: canoni di affitto in aumento, tra il 1998 e il 2004, mediamente del 49%, ma a Venezia del 139% e a Roma del 91%. I valori degli immobili in crescita cresciuti, tra il 2001 e il 2004, di quasi il 40%, media nazionale nelle città capoluogo. In molte città, quindi, sono letteralmente raddoppiati. Gli sfratti per morosità rappresentano, nel 2002, il 68% del totale, nel 1983 erano appena il 13%. E’ anche vero che le famiglie che abitano in case di proprietà sono aumentate. Erano poco meno del 51% nel 1971 e sono diventate, nel 2001, il 71%. Incremento addirittura più consistente si è registrato nelle città metropolitane dove le famiglie in proprietà sono più che raddoppiate: dal 30,6% al 62,5%. E’ frequente la contrapposizione tra i dati sull’emergenza abitativa e quelli sulla proprietà così da poter relegare la prima a problema marginale in fase di risoluzione anche grazie ai bassi tassi dei mutui che agevolano l’accesso alla proprietà.
L’articolazione dell’emergenza abitativa dipende da più fattori ma soprattutto, e in misura sempre maggiore, dalle condizioni di vulnerabilità delle famiglie esposte ai canoni di affitto in regime di libero mercato. Oggi queste sono 3.288.990 (dati Istat 2001), pari al 76% delle famiglie in affitto. E’ questo il bacino della vulnerabilità sociale. Le stime del Cresme mostrano che nel 2007, a seguito dell’incremento dei canoni, le famiglie con un rapporto canone reddito superiore al 30% aumenteranno di circa 400 mila (da 1.355.300 a 1.758.260). E’ la linea della povertà che avanza verso l’alto. Franco Ferrarotti l’ha descritta come «la povertà dignitosa, quella che cerca disperatamente di “salvare le apparenze”». Nei grandi comuni il canone medio per un alloggio di 75 mq è di 1.089€, lo stipendio netto per un impiegato pubblico (ministero, sanità, scuola, enti locali) si aggira intorno ai 1.200€. Così avanza l’emergenza abitativa, aumenta l’insicurezza ed è emergenza sociale.
Quali le ragioni o le possibili spiegazioni della crescita del mercato immobiliare? L’osservatorio immobiliare individua l’inizio del ciclo positivo a partire dal 1997. In quell’anno, infatti, il numero delle transazioni (compravendite) è cresciuto dell’8,7%. Da quel momento la crescita è stata progressiva con un solo dato negativo, nel 2001, quando le compravendite registrano una correzione dell’1,3%. Un ciclo cominciato ben prima che si sgonfiasse la bolla speculativa della new economy e ben prima del crollo delle torri gemelle. Nel 1997 e non nel 2000 o nel 2001. Le cause quindi vanno trovate altrove.
Anche i dati sui finanziamenti oltre il breve termine dell’osservatorio statistico della Banca d’Italia indicano che tra il dicembre del 1997 e il marzo del 1998 si è registrata una inversione di tendenza nei prestiti alle famiglie per l’acquisto della casa che, nel 2004, rappresentano quasi il 30% del totale (a fronte di un 15,8% di finanziamenti per le costruzioni, e di un 10,8% per i macchinari e le attrezzature).
Cosa è successo quindi in quegli anni, tra il 1997 e il 1998, tanto da avviare in modo così deciso e repentino un ciclo economico che ha prodotto una crescita dei valori immobiliari senza precedenti? Certo è che l’allentamento da parte delle banche dei cordoni della borsa a favore delle famiglie ha avuto un effetto anticiclico e ha prodotto un aumento della domanda di acquisto di alloggi contribuendo a rivitalizzare il mercato immobiliare.
Anche il governo di allora, con la legge 431 del dicembre 1998, liberalizzando i canoni di affitto e cancellando la legge dell’equo canone consentì la crescita dei canoni e attraverso questi contribuì ad aumentare la redditività degli alloggi.
Sempre in quegli stessi anni si registrano però altri eventi significativi. Nell’ambito del più ampio processo di ristrutturazione delle imprese di produzione di beni e servizi, tra il 1997 e il 1998, si modifica radicalmente il legame tra impresa e proprietà immobiliare. Questo cambiamento radicale si traduce nell’esternalizzazione del patrimonio immobiliare che viene affidato ad una società (di nuova costituzione o già presente nella ramificazione aziendale).
Il meccanismo finanziario che si realizza è noto nella letteratura come ABS – Asset backed securitization, o semplicemente securitization. Questo meccanismo si basa sulla comparsa nel mercato di un soggetto con sole finalità immobiliari finanziato da una banca e chiamato ad incrementare la redditività degli immobili per assicurare il suo mantenimento. Redditività che è assicurata dai canoni di affitto e dai valori immobiliari che perciò devono, entrambi, crescere o comunque mantenersi su valori alti. Un meccanismo che ha necessariamente bisogno di vedere aumentare i valori del mercato immobiliare (+ domanda) e i canoni di locazione (+mercato). La coincidenza temporale (1997-1998) per cui il sistema bancario concede più facilmente mutui alle famiglie e il governo, dicembre 1998, liberalizza i canoni abolendo non solo l’equo canone ma anche i patti in deroga introdotti nel 1992, non costituisce necessariamente una spiegazione.
Conclusioni. Le case sono diventate di carta, sono state immesse sul mercato finanziario per produrre redditività e sostenere il sistema economico delle banche, la ristrutturazione delle imprese e, soprattutto, per alimentare la rendita finanziaria. I costi di questo processo di ristrutturazione gravano sulle famiglie in affitto ma anche su quelle che comprano casa indebitandosi con i mutui. Le società immobiliari fanno profitti mai visti e incrementano il fatturato da un anno all’altro. La questione abitativa ha dunque caratteri del tutto diversi da quella conosciuta in passato e anche le soluzioni che si richiedono devono essere diverse. Non è questa la sede per approfondire o delineare i caratteri di una possibile politica abitativa. Mi limiterò quindi a segnalare che se è necessario pensare ad un “progetto per le città d’Italia”, questo dovrà contenere tra le priorità l’individuazione di linee di intervento sulla nuova questione abitativa che (a) incidano sui meccanismi di finanziarizzazione, che (b) aprano il mercato a nuovi soggetti, che (c) valorizzino (invece di dismettere) il patrimonio immobiliare pubblico.