La legge sulla partecipazione della regione Toscana
Una nota per eddyburg
Le tappe della costruzione della legge sulla partecipazione della Regione toscana approvata dal Consiglio regionale il 20 dicembre 2007, cui la Rete del Nuovo Municipio ha attivamente partecipato, esemplificano una pratica di buongoverno che si incentra sul rapporto mantenutosi costante fra il metodo partecipativo di costruzione e la formulazione progressiva dei contenuti della legge
Il metodo
Va premesso che l’idea di applicare la democrazia partecipativa al livello regionale e in particolare all’attività legislativa presenta non poche difficoltà. La sede primaria della democrazia partecipativa resta il municipio, il quartiere, il luogo dove è possibile realizzare relazioni sociali di prossimità e la costruzione diretta di esperienze comunitarie. Tuttavia l’orizzonte del “federalismo municipale solidale” come prospettato ad esempio dalla Rete del Nuovo Municipio, richiede la realizzazione integrale del principio di sussidiarietà per affrontare i problemi alla loro giusta scala di risoluzione, in forme non gerarchiche. Se si vuole attribuire ai processi partecipativi il ruolo di strumento di intervento della cittadinanza attiva sulla costruzione del proprio futuro, è chiaro che tematiche come la qualità dell’ambiente di vita, la produzione, il consumo, la qualità dell’alimentazione, la mobilità, il paesaggio, le strategie di sviluppo, ecc. richiedono una forte interscalarità degli attori interessati e delle istituzioni coinvolte, dai comuni ai circondari, alle province alla regione.
Il percorso ha visto tappe diverse per modalità, temi e per livelli territoriali “di prossimità”: dalla prima assemblea di lancio del percorso del 13 gennaio 2006 [1], a numerosi incontri a livello comunale[2], a workshop rivolti a soggetti sociali di varia composizione[3], ad un grande convegno internazionale[4]; alla formazione di un gruppo di lavoro multidisciplinare che, raccogliendo i risultati dei workshop, degli incontri comunali, delle assemblee regionali della Rete del Nuovo Municipio, ha proceduto alla stesura di un primo documento per la legge[5]; al Town Meeting di Carrara[6] che ha visto la presenza di circa 600 partecipanti e la nomina di 48 delegati di tavolo; al sito internet della Regione e quello della Rete del Nuovo Municipio che hanno costantemente pubblicizzato tutto il processo partecipativo; al seminario interattivo fra assessorato e i rappresentanti di tavolo del Town Meeting per discutere il documento preliminare della giunta[7]. In parallelo al percorso è anche nato un coordinamento fra regioni sul tema della partecipazione nelle attività legislative[8]
la costruzione della legge regionale è stata dunque un banco di prova della possibilità di realizzare percorsi partecipativi interscalari, anche se nei passaggi di scala territoriale tende a d affievolirsi il rapporto diretto con i cittadini e ad affermarsi il rapporto con rappresentanze più o meno istituzionali. L’interscalarità dei processi partecipativi consentirebbe una effettiva modellazione degli organi superiori di governo come espressione delle comunità locali in una strategia di federalismo municipale solidale.
Il percorso è stato anche la ricerca del ruolo che può giocare una legge regionale nell'incentivare, promuovere, diffondere processi e istituti partecipativi a livello locale e garantirne il funzionamento senza ovviamente ledere i principi di autonomia del municipio come luogo primario della partecipazione e tenendo conto della distinzione necessaria fra azioni istituzionali (top down) e azioni che nascono dal sociale (bottom up).
I contenuti
Il testo della Giunta ha recepito in gran parte gli esiti complessi del processo partecipativo, che sintetizzo nei seguenti punti:
- dar corpo e piena attuazione allo Statuto regionale in merito alla partecipazione dei cittadini alle scelte di governo affermando il principio del metodo partecipativo come “forma ordinaria di governo in tutti i settori e in tutti i livelli amministrativi”;
- realizzare nei processi partecipativi la massima inclusività soprattutto dei soggetti più deboli e privi di rappresentanza;
- promuovere forme di autoorganizzazione e di autogoverno della società civile;
Per quanto riguarda la partecipazione su scala locale la legge prevede:
- la promozione e la diffusione dei processi partecipativi locali, incentivando le “buone pratiche” e progetti specifici di attivazione di processi partecipativi promossi da enti locali, cittadini, associazioni;
- la definizione dei principi che garantiscono requisiti essenziali del processo partecipativo: inclusività, trasparenza e pari opportunità di accesso alle informazioni, condivisione preliminare delle regole della discussione e del confronto, definizione dei tempi del dibattito pubblico;
- sostegno delle iniziative autonome della società civile e delle sue forme associative.
Per quanto riguarda le procedure partecipative per le politiche regionali la legge prevede, oltre alla generalizzazione e sistematizzazione delle procedure partecipative già presenti in molti settori:
- l’attivazione di procedure straordinarie di dibattito pubblico regionale su opere di particolare inpatto socioterritoriale;
- la sperimentazione dei processi partecipativi in settori di competenza regionale di particolare importanza quali le grandi scelte in materia di gestione e di governo del territorio, di politica ambientale, sanitaria, sui servizi pubblici locali, ecc.
La messa in campo di una pluralità di soggetti che restituisce diritto di parola a ampi interessi sociali modifica l’orizzonte e i contenuti delle strategie, spostando le forme di governance dal modello toscano storico della concertazione (fra livelli istituzionali) e programmazione negoziale (fra rappresentanze di interessi, con i suoi risvolti consociativi), alla democrazia partecipativa. Questo passaggio è destinato ad influire, ad esempio, sulle strategie di governo del territorio. Se è vero che siamo di fronte ad una crescente divaricazione fra scelte di crescita economica legate ai processi competitivi delle forze economiche sul mercato globale e benessere dei cittadini (come si evince dai conflitti crescenti, anche in Toscana sulle grandi opere), è evidente che l’introduzione nel dibattito pubblico degli interessi sociali allargati relativi ai beni comuni, il territorio l’ambiente e il paesaggio in primis, è destinato a mettere a nudo questa forbice e a modificare l’agenda politica e gli obiettivi strategici rispetto a quelli portati avanti da attori (poteri finanziari, immobiliari, commerciali e industriali, ecc) che vedono gli abitanti come degli intrusi nelle decisioni di uso e governo del territorio.
D’altra parte il fatto che la legge assuma la democrazia partecipativa come forma ordinaria di governo rappresenta un passaggio strategico fondamentale per almeno due ragioni:
a)impone una radicale trasformazione nel funzionamento dell’amministrazione locale oggi abituata ad agire per politiche di settore che rispondono a specifici interessi del settore stesso e non fanno riferimento ad una domanda aggregata espressa attraverso un dibattito pubblico, rispetto alla quale valutare le singole politiche di settore. La attivazione della partecipazione come forma ordinaria di governo dovrebbe avere come prima conseguenza la riorganizzazione intersettoriale del sistema decisionale;
b) favorisce il passaggio dell’azione partecipativa da questioni puntuali, solitamente determinate dagli effetti di scelte generali già compiute sulla qualità della vita degli abitanti, a questioni più generali del futuro di una città, di un territorio, di una regione, delle sue scelte ambientali, produttive, di consumo, ecc; consentendo ad esempio di affrontare in forme nuove il rapporto fra città e mondo rurale (qualità alimentare, energia, acque, paesaggio, reti corte di produzione e consumo, ecc); uscendo dunque da una visione “quartieristica” della partecipazione per affrontare i temi dell’autogoverno della comunità locale.
Infine il principio di sussidiarietà: l’applicazione radicale della Regione Toscana di questo principio ad esempio nella legge 1/2005 sul governo del territorio suscita, soprattutto in molti urbanisti, ma anche in alcune forze politiche e ambienti culturali, forti perplessità. Si verificano cosi spinte per ripristinare organi di controllo sovraordinati, verso un neocentralismo regionale. Le motivazioni ruotano intorno al concetto della debolezza dei comuni a fronte dei poteri forti (interessi della rendita immobiliare in primis) a decidere autonomamente, e alla connivenza oggettiva dei comuni stessi con gli interessi economici e speculativi, determinata dalla debolezza crescente della finanza locale e al ricatto su ICI e oneri di urbanizzazione.
Naturalmente questi problemi esistono, ed è quotidiana la verifica della devastazione patrimoniale che produce sul territorio toscano.
La legge sulla partecipazione può essere tuttavia un forte deterrente per una risoluzione in avanti del problema, senza ritorni al neocentralismo.
Infatti una applicazione integrale e radicale del principio di sussidiarietà, quale quella attivata dalla Regione Toscana, ha senso solo se il Comune è effettivaespressione della comunità e degli obiettivi di interesse collettivo che scaturiscono dalla cittadinanza attiva e non di pochi interessi forti di natura privatistica. Solo con processi partecipativi ampi e strutturati è possibile che il Comune esprima una reale capacità di autogoverno che, nell’attivare politiche che rispondano agli interessi relativi al benessere degli abitanti, consente autentici livelli sussidiali con gli altri livelli di governo del territorio.
La legge 1/2005sul governo del territorio costituisce dunque un banco di prova immediato degli effetti potenziali della legge sulla partecipazione: attivando infatti quanto già delineato nell’articolo 5 della legge (statuto del territorio) sulla democrazia partecipativa, e rafforzato con le modifiche introdotte dalla legge sulla partecipazione, è possibile attivare un percorso che, dalla individuazione condivisa delle risorse essenziali in campo ambientale, territoriale e paesistico, alla definizione delle invarianti strutturali e alle regole statutarie per la loro conservazione e valorizzazione, si sviluppi un dibattito pubblico che porti alla stesura dello statuto del territorio come strumento socialmente condiviso, a carattere “costituzionale”.
Questo percorso (accompagnato da altre forme di organizzazione della finanza locale) consentirebbe maggiore autonomia dell’ente locale e una reale espressione della società locale nel difendere e valorizzare il proprio territorio come risorsa per modelli di sviluppo autosostenibili.
Opportunità e rischi di una normativa sulla partecipazione
L’articolato di legge è l’esito di un complesso processo interattivo: esso non appartiene a qualcuno in particolare, e ciascuno vi ritrova qualche elemento della propria visione del mondo, e anche cose che non si condividono, parzialmente o interamente. Anche per la Rete del Nuovo Municipio è così. Il nostro giudizio finale è che la legge offre opportunità che non esistevano, che essa può attivare politiche e progetti innovativi, incoraggiare e rafforzare le azioni spontanee della popolazione.
Tuttavia il destino di una legge resta alla fine legato alla dialettica politica e sociale, alla capacità degli abitanti di piegare quella legge ai propri bisogni e alle proprie aspettative: l’attuazione della legge potrà avere il carattere sperimentale che dichiara (dopo 4 anni dovrà essere sottoposta a verifica), se i movimenti, i comitati e le organizzazioni sociali di base, sempre più attivi in Toscana, avranno la volontà di “mettere alla prova” la legge, ad esempio chiedendo di aprire procedimenti di dibattito pubblico sui temi più scottanti della grandi opere, verificando l’effettiva apertura di processi partecipativi nei piani strutturali, controllando gli esiti dei processi e proponendo, al termine della sperimentazione, le modifiche e i miglioramenti necessari.
(21 dicembre 2007)
[1] L' assemblea ha visto la partecipazione di circa trecento persone (amministratori e funzionari pubblici, associazioni e altre realtà del terzo settore, università, cittadini, etc.). Dall'assemblea del 13 gennaio a Firenze sono emersi molti elementi di riflessione interessanti rispetto al percorso di costruzione della legge, che hanno permesso di costruire un quadro delle potenzialità e problematicità che occorre affrontare quando si parla di partecipazione, a partire dalle riflessioni sull'idea di fare una legge regionale e sulla situazione in cui ci si trova ad operare, dal racconto di alcune esperienze di partecipazione in atto sul territorio toscano e dalle prime dichiarazioni di disponibilità a collaborare al processo di costruzione della legge.
[2] Il lavoro di discussione e di ascolto per la costruzione della legge è continuato nei mesi successivi con l'organizzazione di assemblee locali (Piombino, Marina di Bibbona, Montespertoli, Prato, Livorno, Pistoia, Rosignano, Grosseto, Pisa, Viareggio, Lucca) e con un'attività di inchiesta consistente in interviste ad attori privilegiati e schede descrittive delle esperienze di partecipazione in Toscana.
[3]I primi workshop territoriali (settembre 2006), che si sono tenuti nell'area metropolitana di Firenze-Prato-Pistoia e Circondario Empolese-Valdelsa e nell'area costiera livornese-maremmana (Follonica), avevano l'obiettivo di fornire indicazioni utili alla costruzione della guida alla discussione del Town Meeting, mentre il terzo workshop, che è svolto ad Arezzo (ottobre 2006), ha avuto lo scopo di approfondire la riflessione sui temi chiave emersi finora dal percorso partecipato di costruzione della legge. Per facilitare la discussione nei workshop, i contenuti emersi nel corso degli incontri sono stati sintetizzati in quattro tematiche principali: cultura della partecipazione;partecipazione e potere politico; partecipazione e macchina amministrativa; partecipazione, inclusione, autopromozione sociale.
[4]Il 19 maggio 2006 la Regione Toscana, con la collaborazione del prof. Luigi Bobbio, ha organizzato il Convegno Internazionale "Le vie della partecipazione" con l'obiettivo di mettere a confronto esperienze e metodi di partecipazione di vari paesi del mondo.
[5] il testo “Contributo alla stesura di una legge regionale sulla partecipazione”, novembre 2006, si trova sul sito della Rete wwww.nuovomunicipio.org
[6]Il Town Meeting si è svolto il 18 novembre 2006 in occasione della fiera annuale delle pubbliche amministrazioni (Dire&Fare, Marina di Carrara, 15-18 novembre 2006).. L’electronic TM, organizzato dalla Regione Toscana e da “Avventura Urbana” di Torino è stato sperimentato per la prima volta in Italia a Torino con più di mille persone. E’ uno strumento di democrazia deliberativa con voto elettronico, articolato in tavoli di discussione, e un tavolo di regia che in tempo reale sintetizza le opzioni dei diversi tavoli e le mette in votazione. Ha riunito cittadini estratti a sorte, amministratori pubblici locali, persone attive nei comitati, nelle associazioni e nel volontariato.
A conclusione dei lavori sono stati eletti dei rappresentanti di tavolo (48) con il mandato di continuare a seguire il percorso di costruzione dell’elaborato di legge.
[7]Nelseminario dell’8 febbraio 2007 a Firenze la bozza del documento preliminare preparata dall’Assessorato di Fragai è stata discussa e integrata dai delegati eletti al TM e dai componenti del gruppo di lavoro della Rete del Nuovo Municipio.
[8]L'iniziativa, in continuità con l'idea nata in occasione della terza assemblea nazionale, promossa dalla Rete del Nuovo Municipio, degli enti locali/territoriali che sperimentano pratiche partecipative, Bari, 5 Novembre 2005), segna l'inizio di un lavoro comune tra le regioni impegnate in processi partecipativi nei rispettivi territori. Al primo incontro fiorentino (14 febbraio 2006) hanno partecipato rappresentanti delle regioni Abruzzo, Lazio, Puglia, Toscana e della Rete del Nuovo Municipio.Alla seconda riunione (18 maggio 2006) si sono aggiunte, Friuli Venezia Giulia, Emilia Romagna, Umbria, Veneto e un rappresentante del Dipartimento Funzione Pubblica del Governo.
E' di casa in Toscana il modello partecipativo
da il manifesto del 22 dicembre 2007
La costruzione della legge sulla partecipazione della regione Toscana approvata il 20 dicembre 2007 esemplifica una pratica di buongoverno fondata sul rapporto costante fra il metodo partecipativo attivato e la formulazione progressiva dei suoi contenuti.
Il metodo
Il percorso, avviato dalla regione con la Rete del Nuovo Municipio, ha visto molte tappe: dalla prima assemblea del gennaio 2006, a numerose assemblee promosse dai comuni, a workshop rivolti a soggetti sociali articolati, a un convegno internazionale di confronto di esperienze; a un primo documento programmatico rappresentativo dei processi partecipativi; ai siti internet della regione e della Rete; al Town Meeting di Carrara di circa 600 partecipanti con 48 delegati di tavolo; al seminario fra l'assessorato e i delegati di tavolo. In parallelo al percorso è anche nato un coordinamento fra sette regioni sulla partecipazione nelle attività legislative.
La costruzione della legge è stata dunque un banco di prova della possibilità di realizzare percorsi partecipativi interscalari incentivando, promuovendo, diffondendo processi e istituti partecipativi dal livello municipale a quello regionale. Questa interscalarità apre la prospettiva politica che gli organi superiori di governo diventino espressione delle comunità locali in una strategia di federalismo municipale solidale e di applicazione integrale del principio di sussidiarietà facendo interagire azioni istituzionali (top down) e azioni che nascono dal sociale (bottom up).
I contenuti
Il testo della legge ha recepito in gran parte gli obiettivi emersi dal processo partecipativo:
- attivare la democrazia partecipativa come «forma ordinaria di governo in tutti i settori e in tutti i livelli amministrativi»;
- realizzare nei processi partecipativi la massima inclusività dei soggetti più deboli;
- promuovere forme di autorganizzazione e di autogoverno della società civile;
- attivare procedure straordinarie di dibattito pubblico regionale su opere di particolare impatto socioterritoriale;
- sperimentare i processi partecipativi in settori di particolare importanza quali le grandi scelte in materia di gestione e di governo del territorio, di politica ambientale, sanitaria, sui servizi pubblici locali, ecc.
La messa in campo di una pluralità di soggetti che restituisce diritto di parola a ampi interessi sociali modifica l'orizzonte e i contenuti delle strategie, affiancando la democrazia partecipativa alle forme di governance del modello toscano della programmazione negoziale, con i suoi risvolti consociativi. Questo passaggio è destinato a influire, ad esempio, sulle strategie di governo del territorio: l'introduzione nel dibattito pubblico degli interessi sociali relativi ai beni comuni, in primis il territorio, l'ambiente e il paesaggio, è destinata a modificare l'agenda politica rispetto agli interessi di attori (poteri finanziari, immobiliari, commerciali e industriali, ecc) che considerano gli abitanti come degli intrusi nelle decisioni di uso e governo del territorio; e ad attivare un percorso che, porti alla stesura socialmente condivisa dello statuto del territorio come atto «costituzionale» di una comunità locale.
La legge sulla partecipazione può costituire inoltre un forte deterrente per una risoluzione in avanti del problema della sussidiarietà, senza ritorni al neocentralismo regionale.
Infatti un'applicazione integrale e radicale del principio di sussidiarietà, quale quella attivata dalla regione Toscana, ha senso solo se il comune è effettiva espressione della comunità e degli obiettivi di interesse collettivo che scaturiscono dalla cittadinanza attiva. Solo con processi partecipativi ampi e strutturati è possibile che il comune esprima una reale capacità di autogoverno del proprio territorio come risorsa per modelli di sviluppo autosostenibili, a garanzia di autentici livelli sussidiari con gli altri livelli di governo del territorio.
L'attuazione della legge avrà il carattere sperimentale che dichiara (quattro anni di sperimentazione) se le espressioni della cittadinanza attiva, in forte crescita in Toscana, avranno la volontà di «metterla alla prova», ad esempio chiedendo di aprire procedimenti di dibattito pubblico sui temi più scottanti della grandi opere, verificando l'effettiva apertura di processi partecipativi nei piani strutturali, controllando gli esiti dei processi e proponendo, al termine della sperimentazione, modifiche migliorative o l'abrogazione della legge.