Non so se conoscete la Baia di Sistiana, ad un passo da Trieste. Se non l’avete ancora ammirata nella sua miracolosa integra bellezza, andateci: c’è un progetto di «valorizzazione» della Regione che incombe su di essa. Per contro, in Sardegna, altra Regione autonoma, il governatore Soru, dopo il decreto salva coste, ha varato i piani paesaggistici, il Tar gli ha dato quasi integralmente ragione, ma il centrodestra (e non solo) lo attacca a testa bassa e si sta attrezzando per un bel referendum popolare che bocci a furor di cemento quei piani illuminati. Si va facendo sempre più strada l’idea populistica che il paesaggio non appartiene all’intera Nazione (articolo 9 della Costituzione), ma delle popolazioni locali. E che lo Stato, le Soprintendenze sono dei meri consulenti tecnici.
Non c’è pace per il paesaggio italiano che pure - assieme alle città d’arte ricomprese in esso in un unico palinsesto - rappresenta la superstite risorsa primaria per il nostro turismo di qualità (le spiagge ce le siamo ampiamente giocate, Sardegna parzialmente esclusa, e le montagne ce le stiamo giocando). L’ultima legge finanziaria garantisce, purtroppo, la continuazione dell’invasione edilizia in atto da alcuni anni permettendo ai Comuni di finanziare ancora la spesa corrente con gli oneri di urbanizzazione. L’articolo 24 comma 5 del disegno di legge - come ha ben spiegato Il Sole 24 Ore di martedì 11 dicembre - «torna all’impostazione prevista lo scorso anno (il 50 % degli introiti può finanziare la spesa corrente dei Comuni e un ulteriore 25% può essere destinato alla manutenzione ordinaria del patrimonio comunale)». Anzi, questo regime, lasciatemelo dire, sciagurato viene consentito per tutto il prossimo triennio, cioè fino al 2010.
Quindi, per tre anni ancora non c’è speranza di salvezza per il già intaccato paesaggio italiano. A questo punto la commissione Settis per la revisione del Codice per il paesaggio servirà a poco quando avrà concluso (ma quando?) i lavori. E non a molto serviranno i piani paesaggistici regionali previsti per il maggio 2008 (sempre che essi non si limitino a dare buoni consigli). È vero che, grazie all’iniziativa del verde Angelo Bonelli raccolta da Rutelli, entrerà in finanziaria un fondo triennale di 15 milioni l’anno per abbattere gli ecomostri in siti come Monticchiello e, in genere, per mitigare l’impatto paesaggistico dell’edilizia più invasiva. Ma non era meglio prevenire riducendo la quota degli oneri di urbanizzazione spendibili in forma corrente anziché metterci poi una toppa, un rammendo, una mascheratura? La risposta mi pare ovvia.
Quanto ricaveranno i Comuni da quella norma? Secondo il quotidiano economico della Confindustria, «con questo intervento le spese correnti trovano un finanziamento aggiuntivo per circa 800 milioni di euro». Ciò significa che, per non trasferire ai Comuni questa cifra (o una parte di essa) per la spesa corrente, il governo, lo Stato autorizzano gli Enti locali a continuare a «fare cassa» con l’edilizia e quindi con l’ulteriore avanzata della Bruttezza nel nostro paesaggio.
Saggiamente, nel 1977, la legge n.10 firmata dall’allora ministro dei Lavori Pubblici, il repubblicano Pietro Bucalossi, stabilì che i Comuni potessero utilizzare gli introiti provenienti dall’edilizia soltanto per spese di investimento. Malauguratamente la legge finanziaria del 2001 (secondo governo Berlusconi, notate bene) travolse l’articolo 12 della Bucalossi permettendo che i Comuni potessero con quegli introiti turare invece le falle del bilancio ordinario. Prende avvio da lì il meccanismo infernale, inarrestabile, che ha concorso a devastare l’Italia più bella e integra. Tanto più laddove, come in Toscana, i Comuni sono stati sub-delegati dalla Regione alla tutela del paesaggio, preferendole, come si vede anche a occhio nudo, l’edilizia.
Gli appelli contro lo scempio del Belpaese arrivano, quotidianamente, da tutta Italia. A Casole d’Elsa (Siena) è emerso uno dei casi più gravi e imbarazzanti. Qui, difatti, la magistratura è giù intervenuta a bloccare il cantiere di una lottizzazione orrenda e sospetta. Ma si è venuto a sapere che il Piano comunale d’Intervento adottato il 30 novembre 2001 «continua ad essere approvato per stralci sino al 27 maggio 2007», ben diciassette stralci, pubblicati sul B.U.R.T della Regione. Come spiega una lettera della locale sezione di Italia Nostra, che non ha avuto concrete risposte ufficiali ai propri interrogativi sulle numerose concessioni e costruzioni in essere nel cuore della splendida Val d’Elsa.
Anche dall’Umbria vengono acuti segnali di allarme. Lanciati nell’ancora recente convegno promosso a Trevi dall’etruscologo Mario Torelli a difesa di quel colle decorato, da secoli, di splendidi e produttivi uliveti. Nell’alto Lazio, nella Tuscia, a Sutri per esempio, si avverte forte la pressione speculativa di Roma, praticamente inarrestabile. A Bologna è in pericolo, qui per una lottizzazione avallata dal Tar e dal Consiglio di Stato, l’integrità della collina coraggiosamente vincolata (ben 2.500 ettari) ai tempi di Dozza e Fanti. Sull’Adriatico, dal litorale inesorabilmente cementificato, dove le dune sono quasi tutte sparite, costruzioni di ogni genere stanno ormai risalendo le vallate. Per esempio nelle Marche seminando, nel massimo disordine, capannoni, ville e villette in un paesaggio che ancora pochi anni fa si presentava integro. A Colli del Tronto (Ascoli Piceno) si è tenuto pochi giorni fa un affollato, appassionato convegno organizzato da Sd, con la presenza di numerosi comitati, e aperto dall’intenso saluto del pittore Tullio Pericoli che qui è nato e che qui è tornato, d’estate, a lavorare, a dipingere paesaggi.
«Non rubateci il nostro futuro. Aiutateci a salvare ciò che di bello è ancora salvabile», è intitolato l’appello lanciato, anche da personalità fuori dalla politica come l’ex procuratore della Cassazione, Galli Zucconi Fonseca, a Regione, Province e Comuni marchigiani. I cui recenti piani regolatori prevedono invece «forti espansioni residenziali e produttive» (nonostante la crescita lentissima della popolazione), con «un danno gravissimo e irreversibile alla bellezza» delle Marche, flagellate da alluvioni disastrose alla prima pioggia prolungata e battente. Situazione denunciata dal presidente della Provincia ascolana, Massimo Rossi e dal docente universitario Piergiorgio Bellagamba autore di un lucido volume sul paesaggio violentato, con foto che parlano da sole.
Giorni fa mi è capitato in un dibattito televisivo di sentire affermare, spontaneamente, dal rappresentante del Collegio Nazionale dei Geometri, Pavoncelli, che anche questo organismo «è allarmato da un eccessivo consumo di suolo» (e quindi di paesaggio), troppo intenso per il nostro delicato Paese, il più intenso d’Europa. Le associazioni agricole, in specie la Coldiretti, denunciano la sottrazione ormai insostenibile dei terreni migliori a favore del cemento e dell’asfalto. Al convegno di Colli del Tronto il giovane assessore provinciale di Biella, Davide Bazzini, è venuto a dare una sofferta testimonianza: «La stoffa migliore del mondo viene prodotta in un territorio che fa schifo». È un ragionamento analogo a quello che fanno i produttori toscani dei grandi vini: capiscono di venderli meglio all’estero se il loro mirabile paesaggio rimane bello, se non imbruttisce. Come purtroppo sta accadendo.
Date queste premesse, cosa ci aspettavamo dal governo Prodi? Almeno una prima riduzione, in legge finanziaria, della percentuale di proventi edilizi utilizzabile per spese correnti. Non la conferma della quota di un anno fa e, soprattutto, non la proiezione di quell’incentivo a cementificare sino al 2010. Su questi temi strategici si misura tuttora, eccome, la differenza concreta fra destra e sinistra.
Sullìargomento si veda anche l'eddytoriale n. 109