Se la presenza di grandi zone verdi nell’interno della città di Padova ha permesso a questa di accrescersi comodamente sino ad un decennio fa senza aver bisogno di espandersi eccessivamente fuori dalla cinta daziaria, oggi tuttavia la città tende ad invadere il contado spingendosi spontaneamente nella campagna verso Nord-Est e Sud-Est.
Difatti sono queste le due direzioni più favorevoli allo sviluppo soprattutto oggi, per una città che è chiusa a Ovest e a Nord da una quasi insormontabile cinta ferroviaria lungo la quale sono allineati per di più il campo d’aviazione, il Tiro a segno, il Manicomio Provinciale, il Cimitero israelitico, l’Ospedale d’isolamento ed il Cimitero monumentale; impianti questi che costituiscono un impedimento od una ragione negativa allo sviluppo della città in direzione Ovest.
Verso Est invece, cioè verso Venezia, la città ha tutta una magnifica zona libera che ha come direttrici principali la strada provinciale di Venezia, quella di Piove di Sacco e quella di Bovolenta.
Ed è appunto nella direzione di queste strade che la città si è sviluppata nei secoli spostando anche successivamente il proprio centro da Ovest a Est e recentemente, con la creazione della stazione ferroviaria, verso Nord.
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In questi successivi spostamenti del centro, da Piazza del Duomo a Piazza Erbe, da questa all’Università, e da questa all’odierna Piazza Garibaldi, una larga zona del quartiere di S. Lucia, è venuta a trovarsi con le sue case caratteristiche ma in parte malsane e con le sue viuzze tortuose proprio accanto al nuovo centro città, ad ovest di Piazza Garibaldi: di qui l’idea di valorizzare e sfruttare le aree centrali di questo vecchio quartiere, demolendolo completamente per trasportarvi un nuovo centro più moderno, idea sulla quale si basa il piano regolatore attualmente in vigore. Il quale piano prevede anche la creazione di una grande piazza al posto dell’attuale Ghetto che verrebbe pure demolito.
Moltissimi e gravissimi sono i difetti di un tale piano e qui si accenna solo a quelli di carattere generale:
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a) Spostamento del centro verso Ovest cioè nella direzione opposta a quella verso la quale il centro si è spostato nei secoli e opposta alla direzione dello sviluppo moderno della città, con evidente danno generale dell’organismo di questa.
b) Distruzione inutile e stupida di due caratteristici quartieri della città con la pretesa del risanamento mentre questo necessario scopo si sarebbe dovuto raggiungere non con lo sventramento ma col metodo del diradamento edilizio, obbedendo solo a necessità igieniche e di viabilità, dove queste veramente sussistono.
c) La zona monumentale delle Piazze Erbe, Frutti e Signori verrebbe a trovarsi chiusa fra due centri moderni, per collegare i quali sarà necessario aprire nuove strade distruggendo l’ambiente artistico e storico senza vantaggi pratici.
d) Ridicola e malinconica l’idea di una piazza del mercato al posto del Ghetto con stazione tramviaria delle linee dei colli: i mercati si fanno più modernamente e le tramvie devono essere collegate con le stazioni principali.
e) Difficoltà assoluta di manovra per le comunicazioni in queste condizioni e nessun collegamento con i quartieri periferici ad Est della città.
f) Sperpero inutile di denaro.
Oltre a questo piano dei quartieri centrali esiste un piano di ampliamento.
Di questo è inutile parlare; basta dire che non è altro che una scacchiera malamente tracciata; che lascia la zona industriale dove è oggi, cioè tra la stazione ed il centro; che chiude lo sviluppo di questa zona con un quartiere popolare a Est della città; che non prevede né parchi, né campi sportivi, né piazze degne di tal nome, né scuole, né quartieri ... solo un lottizzazione e nulla più.
Il Gruppo degli Urbanisti non ha preteso risolvere tutti i problemi ma solo indicare la strada da seguire per la loro soluzione.
Premesso che il perfetto collegamento del piano di ampliamento con quello regolatore interno è la prima condizione necessaria perchè un piano possa aver spontanea applicazione pratica, il Gruppo degli Urbanisti si è posto i seguenti obbiettivi:
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1. Congiungimento delle strade di Vicenza e dei colli con il centro e la stazione.
2. Congiungimento delle strade di Venezia e di Piove con il centro e la stazione.
3. Congiungimento del quartiere di Vanzo e della strada di Bovolenta con il centro e con la stazione.
4. Trasporto e sviluppo della zona industriale, quindi utilizzazione edilizia dell’area centrale occupata attualmente dalla zona industriale.
5. Creazione e collegamento tra loro, di nuovi veri quartieri periferici.
6. Creazione di un nuovo centro grandioso, in luogo adatto, e risanamento dei quartieri antichi in questione.
Per realizzare il punto 1 cioè il congiungimento con la stazione delle strade dei colli e di Vicenza, si è tratto profitto del vialone di Porta Codalunga (larg.m.60) proseguendolo oltre Piazza Mazzini attraverso il vecchio quartiere di via Savonarola fino all’incrocio di questa con la Riviera S. Benedetto, e da qui, attraverso le grandi zone libere delle caserme, oltre le mura, fino alla periferia dove si congiunge con l’attuale strada dei colli.
Vantaggi: pochissime demolizioni, risanamento del quartiere Savonarola, sfollamento e abbandono di traffico delle vecchie e inadatte via San Giovanni, via Vescovado, Porta San Giovanni. Le tramvie anziché ingombrare Piazza del Duomo o una futura piazza del mercato, sono logicamente incanalate alla stazione.
Da via Savonarola una nuova arteria, oltrepassando il canale, traversa via San Pietro, passa attraverso giardini, senza demolizioni, taglia via R. da Piazzola, via Dante, il quartiere S.Lucia e finisce a Piazza Garibaldi.
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Per realizzare il punto 2, cioè congiungimento delle strade di Venezia e di Piove con la stazione e il centro, si è tratto profitto del grande viale Falloppio (larg.m.50) proseguendo questo, da una parte fino alla stazione, oltre il fiume, creando così una grande arteria quasi simmetrica al Viale Codalunga; dall’altra parte fuori delle mura a Sud-Est fino ad incontrare al di là di queste il centro di un grande quartiere periferico di espansione e la strada provinciale Piove di Sacco.
La strada di Venezia che arriva già attualmente al viale Falloppio lungo via G. B. Belzoni, verrebbe portata al centro attraverso una nuova arteria cittadina parallela alla vecchia via Altinate, passante per giardini quasi senza demolizioni fino a Piazza Garibaldi. Questa arteria porterebbe al centro anche il traffico dei Quartieri universitari e della Fiera Campionaria.
Vantaggi: sfollamento di Porta Pontecorvo e quartiere San Francesco, via Altinate, via Zabarella; utilizzazione edilizia dell’attuale zona industriale; creazione di una grandiosa arteria di espansione dalla stazione e dal centro verso Sud-Est; quasi nessuna demolizione.
Quanto al punto 3, il quartiere di Vanzo dovrebbe arrivare al centro lungo la riviera XX Settembre, via Roma, Canton del Gallo.
Via Roma dovrebbe essere porticata nel lato Est per guadagnare la larghezza del marciapiede. Vantaggi: nessun sventramento o demolizione.
La città verrebbe così un sistema di grandi arterie direttrici: una mediana Nord-Sud (Corso del Popolo) che condurrebbe dalla stazione al centro e alla città antica; una laterale Nord, Sud-Ovest dalla stazione ai colli; una laterale Nord, Sud-Est dalla stazione alla parte nuova della città.
Una trasversale da Ovest a Est congiungerebbe queste tre direttrici.
Quanto al centro, questo non è concepito come una piazza, ma, molto più modernamente, come un sistema di strade e piazze; sulle sue arterie di traffico avrebbero modo di sorgere grandi palazzi, negozi, ecc., e le piazze potrebbero nobilitarsi di edifizi pubblici dei quali la città ha bisogno. Il quartiere del Ghetto dovrebbe essere lasciato nel suo carattere, solo diradato con qualche demolizione delle case più infelici, aereato con la creazione di larghi e piazzette, reso più vivace con ritocchi edilizi: risanato insomma.
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Le moderne regole vogliono che 1/2 circa dell’area totale della città venga riservato a zone verdi (prati, campi sportivi, giardini ecc.), congiunte in sistema con viali alberati. Padova consente facilmente di ottemperare a questa necessità: un parco situato fuori Porta Venezia, prima della zona industriale, presso le curve pittoresche dei canali, potrebbe essere congiunto, lungo tutta la periferia delle vecchie mura, con altri giardini e con il grande campo polisportivo a Sud-Ovest (attuale Tiro a segno, Canottieri, Soc. nuoto ecc.).
Ogni quartiere periferico (Bassanello, strada Bovolenta, Quartiere Liviano, quartiere operaio presso le industrie, Arcella, quartiere Euganeo) dovrebbe essere provveduto di scuole con ampi campi sportivi e di giuoco.
Tutti questi quartieri dovrebbero poi essere congiunti tra di loro con arterie periferiche, mentre un grande anello finale di circonvallazione chiude tutta la città separandola anche dalla zona industriale.
Padova ha bisogno di un mercato generale: è stato collocato a Nord-Est presso la ferrovia. Di lì si irradia una rete stradale che servirà a portare le derrate in tutti i quartieri centrali e periferici, dotati ciascuno di un mercato locale.
Occorre inoltre un moderno nuovo ospedale: è stato collocato presso l’attuale, ma fuori delle mura, vicino al Parco, in facile comunicazione con le cliniche universitarie.
Quanto alla futura rete tranviaria dieci linee principali, di cui cinque trasversali e cinque anulari, saranno sufficienti a servire a tutto il movimento della città portando le prime dalla periferia al centro, le seconde congiungendo tra di loro i centri periferici.
Quando si presenta il problema della trasformazione e dell’ampliamento di una antica città, si delinea generalmente una corrente di opinioni, comune e volgare, la quale insiste perchè vengano demolite e ricostruite le vecchie zone centrali ormai insufficienti, sovrapponendo quindi un nuovo centro ad uno antico; convinta che questo voglia dire rinnovare, svecchiare, sicura di rappresentare la tendenza giovanile e più libera non si accorge invece di rappresentare il più arretrato conservatorismo.
I sostenitori di questo ordine di idee partono dal presupposto antistorico che il centro di una città è sempre stato e sempre sarà immobile pressappoco nello stesso punto e che allontanarsene sia per lo meno impossibile. Essi concepiscono l’ingrandimento di una città come l’allargarsi concentrico di una macchia d’olio; in cui tutta la periferia deve riferirsi al centro e su questo gravare: concezione ormai medioevale che i mezzi di locomozione, il genere della vita di oggi e la rapidità degli sviluppi edilizi hanno ormai superato nella pratica.
Il centro di una città si è sempre spostato inevitabilmente verso i nuovi centri di attrazione, ed un ritorno al passato non si pu• fare senza la distruzione completa delle bellezze artistiche, il soffocamento delle fonti degli sviluppi ulteriori, l’impedimento del traffico.
Bologna, Milano, Firenze ... hanno già distrutto in parte l’ambiente delle bellezze artistiche del loro passato appunto per non aver saputo vedere con ampiezza e modernità di linee (né dati i tempi avrebbero potuto farlo) quali erano le direzioni e le forze che consentivano la creazione di nuovi centri veramente moderni, accanto agli antichi centri storici; i quali alla loro volta, risanati con modestia e buon senso, sarebbero rimasti preziose cittadelle del nostro patrimonio monumentale che purtroppo, per la inesperienza degli uomini, riceve ogni giorno inutili e dolorose mutilazioni.
Padova fino ad oggi aveva salvato la propria ricchezza: l’attuale piano regolatore in vigore, se sarà attuato, la distruggerà, senza in compenso dare alla città il largo respiro, il ritmo e la quadratura di una città moderna.
È per impedire questo che il Gruppo degli Urbanisti ha voluto recare il proprio modesto contributo di studio e di esperienza con la speranza che l’opera non sia tutta perduta e con la profonda convinzione che, se non si presterà maggiore attenzione in Italia ai problemi dell’urbanesimo, la pienezza della vita delle nostre città, il loro patrimonio artistico e le esigenze del traffico, saranno compromessi dalla imprevidenza degli uomini.
Il Gruppo degli Urbanisti Romani
E. Faludi, E. Fuselli, R. Lavagnino, L. Lenzi, G. Minnucci, L. Piccinato (Relatore), C.Valle.