In un'epoca dominata dall'individualismo proprietario, quale è quella che caratterizza la lunga fase dell'egemonia capitalistico-borghese fino alle sue più recenti mutazioni ed espressioni, quella subordinazione ha avuto bisogno di specifici strumenti tecnici perché le regole dell'individualismo proprietario non prevalessero nella città: dunque, là dove ciò - se fosse avvenuto - avrebbe prodotto un insostenibile caos. Per imprimere, all'azione dei singoli proprietari e costruttori, una regola d'insieme volta agli interessi collettivi, si è inventato nella seconda metà del XIX secolo il piano regolatore; e nei primi decenni del XX secolo si è compreso che era necessario accompagnare il piano con gli strumenti che rendessero possibile una politica fondiaria non soggetta al ricatto della proprietà fondiaria, e quindi finalizzata all'acquisizione preventiva delle aree da urbanizzare.
L'Italia è arrivata abbastanza tardi, rispetto agli altri paesi europei, a generalizzare la pianificazione urbanistica. Una buona legge fu quella approvata nel 1942, cinquant'anni fa, dalla Camera dei fasci e delle corporazioni Essa però rimase inutilizzata per molti anni, finché gli scandali esplosi all'inizio degli anni 60, e le stesse esigenze di efficienza del sistema produttivo, non indussero a generalizzarne l'applicazione. Quando questo avvenne, la Corte costituzionale, con una serie di sentenze pronunciate a partire dal 1968, fece emergere un nodo di fondo irrisolto: la contraddizione tra i "vincoli", e soprattutto quelli "di tipo espropriativo", necessariamente posti dalla pianificazione urbanistica alla utilizzazione edilizia della proprietà privata, e i la concezione proprietaria che intride il sistema giuridico italiano.
Sono passati quasi venticinque anni, e il nodo non è stato ancora sciolto. La legittimità dei vincoli urbanistici e delle indennità espropriative, e quindi della stessa pianificazione, sono messe in dubbio. È chiaro che questo fornisce alibi consistenti a chi vuole "regolare" l'uso del territorio a partire non dagli interessi della collettività, ma da quelli dei proprietari.