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Il "programma integrato d'intervento" e il piano autoderogante
1 Aprile 2004
L'Italia a sacco, Editori riuniti, Roma 1993
Dal CAPITOLO 4 IL VENTO DELL'EMERGENZA NELLE VELE DELLA DEREGULATION Con la legge del 1992 dovuta agli onorevoli Botta (Dc) e Ferrarini (Psi) [1] si introduce infine un nuovo strumento deregolatore: il "programma integrato di intervento". Uno strumento di cui non è definito il contenuto tecnico, ma che ha l'efficacia di una concessione edilizia. Uno strumento che innesca operazioni di grande trasformazione urbana (è caratterizzato "da una dimensione tale da incidere sulla riorganizzazione urbana"), ma è preferibilmente d'iniziativa privata. Uno strumento che è svincolato alla subordinazione al programma pluriennale d'attuazione, come se fosse una qualsiasi ristrutturazione edilizia, e può essere in variante al Prg, ma è ammesso con priorità ai finanziamenti regionali ed è assistito dal contributo dello Stato.

Con la legge del 1992 dovuta agli onorevoli Botta (Dc) e Ferrarini (Psi) [1] si introduce infine un nuovo strumento deregolatore: il "programma integrato di intervento". Uno strumento di cui non è definito il contenuto tecnico, ma che ha l'efficacia di una concessione edilizia. Uno strumento che innesca operazioni di grande trasformazione urbana (è caratterizzato "da una dimensione tale da incidere sulla riorganizzazione urbana"), ma è preferibilmente d'iniziativa privata. Uno strumento che è svincolato alla subordinazione al programma pluriennale d'attuazione, come se fosse una qualsiasi ristrutturazione edilizia, e può essere in variante al Prg, ma è ammesso con priorità ai finanziamenti regionali ed è assistito dal contributo dello Stato. Se, insieme alla Botta-Ferrarini, leggiamo il decreto concernente "trasformazione degli enti pubblici economici, dismissione delle partecipazioni statali e alienazione di beni patrimoniali suscettibili di gestione economica", approvato negli stessi mesi, scopriamo un risvolto interessante. Il decreto sulla valorizzazione del patrimonio immobiliare pubblico, dispone infatti che i "programmi di alienazione, gestione e valorizzazione dei beni immobili" che il demanio statale intende dismettere, oppure valorizzare economicamente, sono approvati con una "conferenza a cui partecipano tutti i rappresentanti delle Amministrazioni dello Stato e degli enti pubblici comunque tenuti ad adottare atti d'intesa, nonché a rilasciare pareri, autorizzazioni, approvazioni, nulla osta previsti da leggi statali e regionali".

A chi è affidata l'individuazione dei beni in tal modo "suscettibili di gestione economica"? Forse ad un'attenta ricognizione svolta dall'Amministrazione del demanio e dagli enti locali interessati? No: a "consorzi di banche ed altri operatori economici o società, specializzati nel settore". E l'approvazione di siffatti programmi da parte della "conferenza" comporta "variazione anche integrativa agli strumenti urbanistici ed ai piani territoriali": la presenza del Sindaco alla Conferenza decisionista sostituisce l'istruttoria tecnica, il dibattito nel consiglio comunale, i pareri di merito, la decisione della Regione e così via.

Abbastanza evidenti sono le possibili conseguenze pratiche, sul terreno dei poteri e su quello delle fortune economiche, d'un simile intreccio. È facile valutare l'appetibilità, ad esempio, di un Programma integrato d'intervento ex lege Botta-Ferrarini applicato alle aree delle ex Caserme di Prati a Roma, o all'Arsenale di Venezia, o alle numerosissime caserme dismesse o dismettibili collocate nelle aree strategiche (non più in termini militari!) delle cento città italiane. Oltre ai vantaggi e agli snellimenti della legge suddetta, gli immobiliaristi promotori di una tale operazione potrebbero beneficiare anche della deroga a ogni previsione degli strumenti di pianificazione, e alla stesse approvazione da parte degli organi consiliari dei comuni.

C'è da aggiungere che non solo i governanti e i legislatori, ma anche alcuni urbanisti sacrificano alla nuova divinità della deregolamentazione e della derogazione. Un esempio: il Prg di Rimini del 1990. Le sue norme contengono un comma che riproduciamo integralmente:

Il consiglio comunale (...), previa individuazione e perimetrazione delle aree, approva progetti speciali per servizi e attrezzature di generale interesse volti a sostenere e riqualificare l'ambiente nonché a promuovere trasformazioni qualitative a livello urbano, su iniziativa di soggetti pubblici e/o privati, anche in variante alle previsioni di Prg secondo le speciali procedure semplificate previste dalle leggi [2].

La norma, insomma, prevede e giustifica a priori la propria violazione: una contraddizione in termini, un ossimoro. Nel concreto, interessanti operazioni diventano possibili eludendo ogni verifica di coerenza complessiva. Così, il consiglio comunale può accettare proposte in contrasto al Prg ("in variante alle previsioni"), anche di privati, che dichiarino di voler realizzare un "progetto speciale", purché esso sia atto a "promuovere trasformazioni qualitative a livello urbano". Dove il Prg, per fare qualche esempio, prevede servizi di quartiere, o un parco pubblico, o una zona agricola, il proprietario, o un qualsiasi altro soggetto d'accordo con lui, può quindi proporre un edificio per uffici, o un centro congressuale, o un villaggio turistico, o una succursale di Disneyland.

[1] Legge n.179 del 17 febbraio 1992, Norme per l'edilizia residenziale pubblica. La legge é stata censurata dalla Corte costituzionale, con sentenza n. 393 del 7-19 ottobre 1992.

[2] Comune di Rimini, Nuova normativa di attuazione del Prg, stesura modificata in sede di controdeduzioni alle osservazioni, delibera di Cc n. 704 del 19 marzo 1990, dattiloscritto, art.2.01

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