Ho conosciuto di persona Eddy Salzano soltanto in anni relativamente recenti, nel 2002. Prima lo conoscevo per i suoi scritti che avevo letto con attenzione e apprezzato (penso in particolare a Urbanistica e società opulenta e a Fondamenti di urbanistica), ma che non godevano di molta fortuna al Politecnico di Milano dove l’elaborazione culturale si era presto adattata, ed anzi aveva in buona misura offerto una legittimazione “scientifica”, all’onda lunga della deregolamentazione urbanistica che proprio in quella città aveva mosso i primi passi.
Altri colleghi e amici di Eddy lo conoscevano da più tempo e ne hanno apprezzato appieno l’impegno politico e la vivacità culturale, spesso condividendone le battaglie. Nei tristi giorni dell’addio, molti di loro lo hanno ricordato con sincero rimpianto; hanno evidenziato episodi cruciali della sua vita politica e professionale; hanno sottolineato il suo impegno nella formazione degli studenti come docente universitario allo IUAV. In particola-re, molti hanno messo in luce il suo impegno come Assessore all’Urbanistica a Venezia dal 1985 al 1995: fu merito suo il Piano del Centro Storico di Venezia che sottoponeva a una forte regia pubblica la politica della casa, il riuso di grandi edifici dismessi, il risanamento e il restauro dell’edilizia residenziale storica. Come ben noto, quel Piano è stato abbandonato, a partire dalla giunta Cacciari in poi; e i risultati della turistificazione selvaggia di Venezia sono sotto gli occhi di tutti ed erano oggetto di denuncia pressoché quotidiana su eddyburg. Altri ancora hanno ricordato il suo ultimo capolavoro: il Piano Paesaggistico della Sardegna promosso dalla giunta regionale presieduta da Renato Soru che sottoponeva a tutela le coste per salvaguardarle da ulteriori urbanizzazioni selvagge.
E ancora, molti hanno ricordato un episodio più che censurabile: la sua delegittimazione nel 1991 da parte dell’INU, di cui era Presidente dal 1983, sancita da un Congresso che autorizzò, da quel brutto momento in poi, la svolta deregolativa e neoliberista di un’istituzione che della pianificazione pubblica era stata il portabandiera.
Nel 2002 finalmente l’ho incontrato anch’io di persona, in occasione della presentazione di un libro che sintetizzava i risultati di una ricerca svolta con Roberto Camagni e Paolo Rigamonti grazie a un finanziamento della Fondazione Cariplo per la Ricerca Scientifica. Nella ricerca si era realizzata un’analisi qualitativa e quantitativa dei costi pubblici e collettivi della dispersione insediativa nell’area metropolitana milanese: un’analisi che oggi giudico, alla distanza, davvero innovativa e che aveva sortito dei risultati già allora preoccupanti per Milano e la sua regione urbana[1]. In occasione della pubblicazione, invitai Eddy a discuterne al Politecnico. E accettò subito. Era alto, affascinante, ancora in ottima forma; ma, soprattutto, il suo intervento, che naturalmente suscitò alcuni commenti critici da parte di altri invitati, fu in realtà molto coerente e convincente: senza un rilancio della pianificazione pubblica (e in particolare di quella sovracomunale), affermava in sostanza Eddy, lo sprawl era destinato ad aumentare in maniera vertiginosa. E così infatti è stato, quasi ovunque in Italia.
Questo nostro incontro ha costituito l’inizio di una per me fertilissima collaborazione e di una profonda amicizia. Ma tralasciando i riferimenti al rapporto personale, ritengo che Eddy, grazie alla sua simpatia e alla sua curiosità, ma anche alla sua autorevolezza, abbia arricchito tutti coloro che, giovani e meno giovani, l’hanno conosciuto da vicino.
Naturalmente, al cuore di questa amicizia e di questa collaborazione per me c’è stato eddyburg: il suo blog, fondato nel 2002, che ha costituto un innovativo e potente strumento di disseminazione di una cultura alternativa in materia urbanistica e, più in generale, di cittadinanza attiva. Così come lo sono state le Scuole di eddyburg che hanno visto la partecipazione, come allievi “militanti”, di molti amministratori locali e tecnici, oltre che di studenti provenienti da tutta Italia[2]. In poco tempo eddyburg è diventato uno strumento di informazione e riflessione importante per tutti coloro che si occupano di urbanistica e di città; e ha registrato un numero crescente di accessi quotidiani: un veicolo di aggiornamento insostituibile a detta dei molti che ne condividevano i contenuti, ma anche dei molti che non li condividevano ma lo temevano!
Eddy è stato insomma per tutta la sua vita un formidabile disseminatore di cultura critica, di una visione lucida e senza compromessi che si è rivelata negli anni sempre e assolutamente preveggente. Eddy, oltre che urbanista sapiente, è stato un intellettuale coerente e senza compromessi, a differenza di molti altri accademici e professionisti che hanno spesso fornito un supporto di legittimità teorica alla controriforma urbanistica che, dagli anni ’90 in poi, si è inesorabilmente imposta nel nostro paese. Mi vengono in mente in ordine sparso alcune pericolose parole chiave di successo della “deregulation all’italiana”(incrementalismo, flessibilizzazione, semplificazione, autoapprovazione, negoziazione – asservita – perequazione estesa, ecc.) che hanno incautamente pervaso molta letteratura colta.
Semplificando, sembra a me che le sfide che Eddy ha saputo cogliere per tempo e le battaglie che eddyburg ha portato avanti siano state di tre tipi:
-battaglie etiche e civiche (penso all’ambiente, ai beni comuni e ai diritti collettivi, all’inclusione) che sono diventate sempre più rilevanti negli ultimi anni. Penso in particolare al grande spazio dedicato al tema dei cambiamenti climatici e al tema della solidarietà e, negli ultimi terribili anni, al tema dei migranti;
-battaglie in tema di riforma legislativa (contro la deregolamentazione e la mercatizzazione urbanistica che, ad ogni livello amministrativo, è invece stata accettata acriticamente anche dalla “sinistra”);
-battaglie per diffondere una cultura del territorio e dell’ambiente alternativa, attenta al ruolo dell’azione pubblica di pianificazione e della partecipazione (vera!), alla riduzione della doppia velocità urbana, agli interessi collettivi anziché agli accordi (mai trasparenti) pubblico/privato, alla lotta alla rendita di trasformazione urbana.
Mi piace qui infine ricordare alcune iniziative che abbiamo portato avanti assieme, certamente con il mio entusiasmo (ma spero anche il suo). La pubblicazione di NO SPRAWL: un volume del 2006 che raccoglieva gli atti della prima Scuola estiva di eddyburg; la battaglia contro la Legge Lupi (il disegno di legge “Principi in materia di governo del territorio” del 2005), approvato alla Camera dei Deputati con l’appoggio della sinistra parlamentare (e dell’INU), e fermato al Senato grazie anche a un nostro “instant book” dal titolo La controriforma urbanistica. Quel volume in copertina portava un piccolo logo con il Lupo Ezechiele, diventato in seguito un simbolo cui abbiamo dovuto purtroppo ricorrere più volte per stigmatizzare proposte di legge nazionali e riforme delle leggi urbanistiche regionali che hanno continuato, senza ripensamenti, a percorrere la strada della privatizzazione dei beni comuni e della città.
Eddy, pur con la sua ragguardevole età, ha continuato a credere che una città diversa è possibile e ha continuato a lottare per una urbanistica al servizio dei cittadini e non degli interessi forti.
Eddy ha continuato fino all’ultimo a indignarsi... e noi con lui.
Purtroppo, ci ha lasciato e ci mancherà moltissimo.
*Già professore associato di Politiche Urbane e Territoriali al Politecnico di Milano e professore a contratto di Economia Urbana e Pianificazione Strategica all’Università Bocconi di Milano.