La legge Lupi sta ancora alla Commissione del Senato. Nessun segno d’opposizione. Nei corridoi di Palazzo Madama si dice che tra centrosinistra e centrodestra c’è accordo per farla passare. Il libretto che abbiamo contribuito a pubblicare, nella sua straordinaria modestia, è l’unico segno pubblico di dissenso, oltre a qualche articolo di Liberazione, il manifesto e l’Unità. La politica tace, e chi tace acconsente. C’è da meravigliarsi?
Non sembra. C’è una questione di fondo, della quale ho già parlato: oggi la promozione della rendita immobiliare è un obiettivo largamente condiviso, a destra ma anche al centro e a sinistra. Sembrano passati secoli da quegli anni in cui l’obiettivo della riduzione del peso della rendita immobiliare era condiviso da un arco ampio di forze politiche e sociali, che andava dal PCI alla DC, dai sindacati dei lavoratori a esponenti di spicco del mondo imprenditoriale. Sembrano passati secoli da quando le forze che si battevano, sia pure su fronti diversi, per il progresso del paese si riferivano al salario e al profitto, e trovavano significativi momenti di alleanza nel contrastare la rendita immobiliare. Oggi quell’obiettivo è scomparso su quasi tutti i versanti dello schieramento politico, con l’eccezione di qualche frangia distratta che non riesce a pesare perchè si occupa d’altro.
Un obiettivo condiviso, tra le forze politiche nazionali, al Parlamento, e nel paese. Chi di noi non ha sentito o letto di proposte di urbanizzazione (lottizzazioni turistiche o residenziali, centri commerciali, strade e autostrade, porti e via elencando) promosse indipendentemente da qualsiasi valutazione sulla necessità o meno, sulla dimensione opportuna, sulle soluzioni alternative possibili, sulla priorità rispetto ad altre decisioni? E’ come se, in assenza della capacità di individuare altre fonti di reddito, si pensasse che accrescere il reddito degli operatori connessi alle trasformazioni immobiliari significa favorire lo sviluppo.
Non meraviglia che questa distorta filosofia alberghi nelle menti della destra italiana, che è sempre stata l’espressione della debolezza storica del compromesso tra rendita e profitto che ha contrassegnato l’unità dell’Italia, rappresentandone la parte deteriore. Suscita però sorpresa e amarezza che essa sia fatta propria anche da consistenti porzioni della “sinistra”. E’ segno d’una profonda mutazione genetica che è succeduta alla caduta del muro di Berlino e alla scomparsa del PCI.
Sarebbe facile fare l’elenco degli episodi che illustrano lo sdraiarsi della parte maggioritaria del centrosinistra sull’illusione immobiliarista. Le vicende urbanistiche romane ne sono un campione significativo, ma credo che chiunque sappia leggere con un minimo di consapevolezza le scelte sul territorio che avvengono in questi mesi (dalla Calabria alla Toscana, dall’Emilia Romagna alla Campania) possa raccontare episodi analoghi. Non va del resto in questa stessa direzione la legge urbanistica proposta nella Regione Lazio dai DS? E non è finalizzata esclusivamente a realizzare pesanti infrastrutture e operazioni immobiliari col minimo di controlli la legge urbanistica che la Regione Friuli – Venezia Giulia sta approvando mentre scriviamo?
Poche sono le eccezioni. Renato Soru e la sua giunta in Sardegna, che apriranno a giorni la discussione sul piano paesaggistico regionale, nel quale hanno promesso ddi privilegiare la storia e la bellezza sulla cementificazione. La giunta di Nicki Vendola in Puglia, che sta rilanciando la pianificazione del territorio e la tutela del paesaggio in una regione devastata dalla pessima amministrazione. Ve ne sono molte altre? Segnalatele. Cerchiamo segni di speranza.
Il primo vorremmo vederlo in una decisa, impegnata, conseguente opposizione del centrosinistra – di tutto il centrosinistra – alla legge Lupi.