L’aggregazione di 124 associazioni, comitati e gruppi di cittadinanza che si è attivata per contrastare il “Piano di cementificazione del Veneto”, ha costituito solo un bellissimo momento d’incontro, di conoscenza reciproca, di condivisione d’un timore e di resistenza contro un rischio, oppure è la premessa d’un lavoro che si svilupperà nel tempo e costituirà nella Rete una forza che conterà più delle singole forze che la compongono? É evidente che questa è la speranza comune. Ne testimonia la fondatezza la comune sottoscrizione d’una carta di principi (i “Diritti del territorio”): è da l’ che si deve partire se si vuole costruire insieme qualcosa che duri. Il cammino però non sarà facile, per molte ragioni; e molti sono i punti su cui bisogna ragionare insieme. Ogni segmento della rete è figlio di una vicenda che ha radici diverse da quelle d’ogni altro, ha le sue ragioni (il suo obiettivo, le sue controparti, i suoi soggetti) che sono simili forse a molti altri, ma non a tutti. L’autonomia di ciascuno deve essere rispettata al massimo, ma questo non può impedire che la Rete esista. Ogni segmento ha risorse scarse, la sua attività è basata sul volontariato e su contribuzioni limitate, eppure se si vuole un’attività di coordinamento e di servizio utilizzabili per tutti occorre rinunciare, per la Rete, ad una parte delle risorse di ciascuno. Ciò che vale per le risorse vale per i poteri: se la rete ha un potere (di rappresentanza, di comunicazione, di distribuzione delle risorse tra obiettivi alternativi), in che modo i diversi segmenti concorrono alla formazione di questo potere? Ognuno vale per uno, oppure vanno riconosciuti pesi diversi? E i rapporti con i partiti e con le istituzioni: occorre cercare il confronto e praticare il conflitto, oppure accettarne anche la collaborazione? E a quali condizioni?
Queste sono alcune delle riflessioni che si sono sviluppate durante e dopo le due giornate dell’incontro dei comitati, associazioni e gruppi che si è svolto a Forte Marghera, tra Mestre e Venezia, e che proseguiranno in vista dell’approvazione di uno statuto: di un sistema di regole (possibilmente essenziali e chiare) che garantiscano la collaborazione in vista d’un impegno di lunga lena. Ci si potrà giovare di quello che forse è il risultato più significativo dell’incontro: il prodotto delle discussioni nei numerosi workshop, autoproposti e autogestiti da quanti hanno partecipato alla manifestazione. Da ciascuno di essi sono emerse non slo valutazioni critiche sui diversi aspetti trattati (dal problema della casa a quello dei poteri sul territorio, dall’economia solidale al pendolarismo, dalla privatizzazione dell’acqua alla strumentalizzazione dell’insicurezza, dalla precarietà del lavoro al trionfo della speculazione), ma anche indicazioni sulle cose da fare e le nuove iniziative da porre in cantiere. Non facendo leva unicamente sulle forze, generose ma gracili di Cantieri sociali – Estnord, ma coinvolgendo tutti i segmenti della rete. Forse un passo necessario è la definizione di un programma di lavoro su una molteplicità di temi, per ciascuno dei quali più gruppi collaborino assumendosene la responsabilità della gestione.
Alcuni temi, del resto, sono già indicati nella carta di principi approvata da tutti.