Non ci sono scuse: se proprio non potete farne a meno, provate se non altro a variare la ricetta, ci sono parecchi metodi di solito. La cosa da evitare assolutamente, è proprio quell’inevitabile corollario della vita, l’ingresso nell’abitacolo dell’auto la mattina, il percorso sul vialetto o la rampa o dal parcheggio, poi gli incroci, magari la superstrada, e poi la piazzola o il posto riservato all’altra estremità, una mezzoretta più tardi. Chi non lo evita dovrebbe iniziare presto ad avvertire i primi sintomi, inequivocabili. Quel leggero tirare dei jeans (sarà il caldo?), il fiato un po’ pesante dopo quattro gradini (è di sicuro il caldo!), il medico che vi ha trovato la pressione piuttosto alta, spiegandovi che il caldo non c’entra nulla, visto che è gennaio. C’è solo un caso in cui questo genere di pendolarismo trova una adeguata compensazione, ovvero quello improbabile in cui appena scesi dalla macchina si inizi una bella attività fisica, perché di mestiere si fa il collaudatore di biciclette, l’istruttore di nuoto, il cacciatore di orsi a mani nude. Di solito però la gente appena scesa dall’auto si infila in un ascensore, e poi dentro una poltroncina. Lì iniziano ad accumularsi i guai.
Spesso si parla di vita sedentaria, di mancato esercizio fisico, consumo di calorie, pensando alla figura della classica patata da divano, televisore acceso e spuntino a portata di mano. E ognuno cerca di non identificarcisi proprio, in quell’immagine. Il gruppo di ricerca scientifica interuniversitario che ha lavorato a questo progetto parte però da un presupposto parallelo, e si pone preliminarmente una domanda del tutto lecita: per qualificare uno stile di vita come sedentario sono proprio indispensabili le ciabatte, la merendina scartocciata, i telefilm o le partite a ciclo continuo? La risposta può darla chiunque, ed è certamente NO. Sedentario significa letteralmente stare seduti, e non c’è nulla al mondo di più seduto della postura da guidatore d’automobile. Magari certa retorica delle avanguardie storiche sui bolidi sfreccianti ci può ancora prendere in giro dopo un secolo e passa, ma che piaccia o meno non c’è tanta differenza fra il “muoversi” stando dentro un abitacolo, e lo stare stravaccati sul divano. I ricercatori quindi hanno provato a verificare sistematicamente una tesi: esiste un rapporto diretto fra il tempo trascorso al volante per andare al lavoro, e la massa corporea, la pressione arteriosa, insomma tutti i rovesci della medaglia sedentaria?
La risposta è, desolantemente, SI. Il campione seguito è di oltre quattromila persone, di ogni fascia di età, secondo spostamenti casa-lavoro precisamente verificabili (non tramite interviste, insomma), Si è tenuto conto nella valutazione anche di alcune co-variabili in grado di influenzare lo stato di salute complessiva dei partecipanti all’esperimento: fumo, consumo di alcol, patologie di tipo ereditario ecc. Al netto, però, emerge e si conferma un rapporto diretto fra quei jeans che iniziano a tirare in vita e la quantità di ore passate al volante, a “muoversi” da una piazzola di sosta all’altra. In conclusione, per citare le parole esatte del gruppo di ricerca, lo studio “fornisce nuove informazioni sulle dinamiche che conducono a un incremento di rischio per l’obesità, l’ipertensione, un generale peggiore stato di salute, così come osservato fra adulti che risiedono in contesti urbani dispersi”. Che fare? Magari aiuta cercarsi casa in contesti urbani un po’ meno dispersi, ma se non potete permettervelo (peccato, si conosce un sacco di gente nuova) provate almeno a fare due conti: come posso controbilanciare qualche ora al giorno seduto immobile in macchina? Ognuno se la trovi ovviamente da sé, la risposta. La ricerca, pubblicata sul numero di giugno dell’American Journal of Preventive Medicine, potete scaricarla direttamente da qui.