« Il vero problema, cioè, è che in Italia ci sono troppi territori ormai sottratti alla sovranità dello Stato. E non saranno le nuove pene per la combustione di rifiuti a restituirceli Occorre, quindi, in primo luogo riaffermare in questi territori la sovranità dello Stato con le sue leggi ed i suoi controlli». Lexambiente, 27 dicembre 2013
Adesso basta. Ogni volta sembra che si sia toccato il fondo ma al peggio non c'è fine. Perchè, guardate, non è facile scrivere tante sciocchezze "giuridiche" tutte insieme come ha fatto il governo in carica introducendo, per la cd. "terra dei fuochi", il nuovo delitto di "combustione illecita di rifiuti" nel decreto legge 10 dicembre 2013 n. 136 ("Disposizioni urgenti dirette a fronteggiare emergenze ambientali e industriali ed a favorire lo sviluppo delle aree interessate"). Purtroppo il problema è reale e gravissimo; e quindi è meglio trattarlo seriamente. Perchè altrimenti sarebbe da ridere.
Intendiamoci, l'intento è condivisibile se, come scrive il governo, "la norma ha l’obiettivo di introdurre sanzioni penali per contrastare chi appicca i roghi tossici, oggi sanzionabili solo con contravvenzioni". Aggiungendo che si tratta di un "fenomeno preoccupante al quale conseguono immediati danni all’ambiente ed alla salute umana, con la dispersione in atmosfera dei residui della combustione, incluso il rischio di ricadute al suolo di diossine".
Dopo di che decreta con urgenza che chiunque appicca il fuoco a rifiuti abbandonati ovvero depositati in maniera incontrollata in aree non autorizzate è punito con la reclusione da due a cinque anni. Dove è il "rogo tossico" ? Dove sono gli immediati danni all'ambiente e alla salute umana? Dove sono le ricadute di diossine? Perchè, sia chiaro, con questa norma anche chi fa un focherello all'aperto con una vecchia cassetta di legno per riscaldarsi rischia almeno 2 anni di reclusione. Tanto per capirsi, più di un omicidio colposo che ha pena minima 6 mesi.
Certo, le cose possono cambiare se si bruciano rifiuti pericolosi. Ma questa è solo una ipotesi di aggravante, con reclusione da 3 a 6 anni. L'ipotesi base fa di tutt'erba un fascio: quanto meno avrebbe, invece, potuto specificare che si applica in caso di combustione di rifiuti suscettibile, per quantità e qualità, di provocare danni reali alla salute ed all'ambiente.
Tanto più che siamo in un paese dove i roghi di rifiuti molto spesso sono rose e fiori di fronte alle "fumate autorizzate" di tante industrie ed inceneritori. Tanto per fare un esempio, l'Ilva. Con questo-intendiamoci- non voglio affatto giustificare chi dà fuoco a rifiuti. Dico solo che era sufficiente applicare le leggi che già c'erano e ci sono, al massimo con una aggiunta per i casi di danno e pericolo concreto. Infatti, già esistevano ed esistono, per i fatti più gravi, i delitti di incendio e di disastro doloso aggravato, oltre a quello, specifico, di traffico illecito di rifiuti, mentre negli altri casi poteva (e può) farsi ricorso allo smaltimento non autorizzato di rifiuti previsto dall'art. 256, comma 1, D. Lgs 152/06 (arresto da 3 mesi a un anno o ammenda da 2.600 a 26.000 euro, ovvero da 6 mesi a 2 anni e stessa ammenda per rifiuti pericolosi). Senza contare che, in caso di emissioni di fumo atte a offendere, imbrattare o molestare le persone c'è il sempresialodato art. 674 c.p. (arresto fino a 1 mese o ammenda fino ad euro 200). Se proprio si volevano introdurre nuove ipotesi di reato per la "terra dei fuochi", sarebbe stato meglio, peraltro, limitarle, appunto alle "terre dei fuochi" con specifico riferimento alla criminalità organizzata. E non a considerare queste circostanze solo come aggravanti di un reato base applicabile indiscriminatamente in tutto il paese.
Ma il fatto più sconcertante è che, nella sacrosanta lotta per la "terra dei fuochi", l'appiccare fuoco ai rifiuti è solo, diciamo così, il secondo atto. Perchè, per dare fuoco ai rifiuti, prima bisogna che qualcuno li abbia buttati o li abbia portati. E allora è in questa fase essenziale che occorre severità; perchè senza di essa non ci sono "roghi tossici", che, peraltro, molto spesso sono appiccati da cittadini esasperati e stanchi di vivere con i rifiuti sotto casa.
Invece, il nostro ineffabile governo, che fa? Inasprisce, è vero, le pene per chi abbandona o deposita in modo incontrollato rifiuti, anzi stabilisce che si applicano le stesse, pesanti pene della "combustione illecita". Ma solo se abbandono e deposito incontrollato avvengono " in funzione della successiva combustione illecita di rifiuti".
Arriviamo, così, al nocciolo della questione che non riguarda le sanzioni ma i controlli sul territorio. Senza controlli e senza una forte coscienza sociale non si ferma chi abbandona i rifiuti nè chi li brucia. Ma oggi, per carenza di uomini e di mezzi, la polizia giudiziaria a stento riesce ad intervenire dopo la commissione di un reato, figuriamoci se può fare controlli generalizzati sul territorio per i rifiuti. In questa situazione, se, come abbiamo già detto per bruciare rifiuti in modo illegale bisogna prima depositarli in modo illegale, non ha senso stabilire che il deposito incontrollato e l'abbandono di per sè siano delitto solo se si provi che essi sono finalizzati alla combustione. Perchè questo si vede dopo la combustione. E ci vuole qualcuno che faccia controlli sia sul deposito sia sulla combustione. In più, si consideri che molto spesso i rifiuti dell'ecomafia sono stati interrati nel sottosuolo dove non si vedono e non vengono bruciati, anche se provocano danni gravissimi all'ambiente e alla salute. E spesso ciò è avvenuto nell'indifferenza dei cittadini e con la complicità delle autorità.
Il vero problema, cioè, è che in Italia ci sono troppi territori ormai sottratti alla sovranità dello Stato. E non saranno le nuove pene per la combustione di rifiuti a restituirceli. Occorre, quindi, in primo luogo riaffermare in questi territori la sovranità dello Stato con le sue leggi ed i suoi controlli. Certo, anche con le sue sanzioni. Ma per fare questo occorre ben altro. Non serve, come fa il decreto legge, inventarsi un Comitato ed una Commissione interministeriale per il "monitoraggio" (tra l'altro) dei terreni sospetti della regione Campania, ai cui componenti, peraltro, "non sono corrisposti gettoni, compensi, rimborsi spese o altri emolumenti comunque denominati". Nè basta la disposizione (art. 3, comma 2) del decreto legge che autorizza i prefetti delle province della Campania ad avvalersi di personale militare delle Forze Armate nell'ambito delle operazioni di sicurezza e di controllo del territorio prioritariamente finalizzate alla prevenzione dei delitti di criminalita' organizzata e ambientale: non è con la militarizzazione del territorio che si risolvono questi problemi.
Ci vogliono, invece, uomini delle "normali" istituzioni, mezzi e soprattutto volontà politica e coinvolgimento delle popolazioni interessate. Occorre garantire il lavoro e la legalità generale. Occorre cultura. Occorre far sentire che lo Stato esiste, assolve ai suoi compiti ed è al servizio dei cittadini. Di certo non basta una norma sanzionatoria del tutto avulsa, come sistema e razionalità, dal contesto in cui viene inserita.
E che, peraltro, è infarcita di inesattezze. Che senso ha dire che occorre che i rifiuti vengano "depositati in maniera incontrollata in aree non autorizzate"? Come se ci fossero aree autorizzate per i depositi incontrollati.E che senso ha, nel nuovo art. 256-bis, comma 2, richiamare le condotte di cui all'articolo 255, comma 1, quando, in realtà queste condotte (abbandono e deposito incontrollato) sono vietate dall'art. 192, comma 1 mentre l'art. 255, comma 1 fornisce solo la sanzione amministrativa e solo per la condotta dei privati (per la condotta di enti e imprese la sanzione contravvenzionale è prevista dall'art. 256, comma 2)?
E che senso ha, nel comma 6, l'ulteriore richiamo alle sanzioni dell'art. 255 se la combustione illecita ha ad oggetto rifiuti vegetali, provenienti da aree verdi quali giardini, parchi ed aree cimiteriali? Infatti, bruciare rifiuti sembra più propriamente rientrare nell'ambito dell'art. 256 che attiene alle attività illecite di gestione di rifiuti. Deve ritenersi, allora, che probabilmente il richiamo sia fatto quoad poenam ; con la conseguenza che oggi anche il caso frequente di bruciamento di stoppie da parte di privato deve intendersi vietato e punito con la sanzione (amministrativa) di cui all'art. 2551.
E ancora: il comma 5 prevede la confisca obbligatoria "ai sensi dell'art. 259, comma 2", dei mezzi di trasporto utilizzati per commettere i delitti di combustione illecita. Ma, ovviamente, i mezzi di trasporto non possono essere utilizzati per bruciare rifiuti; ed allora, non resta che ritenere, al di là della pessima formulazione, che ci si riferisca ai mezzi di trasporto utilizzati per trasportare i rifiuti poi oggetto di combustione illecita. Ma, in questi termini, la norma è superflua e fuorviante. Fuorviante perchè l'art. 259, comma 2 prevede la confisca dei mezzi di trasporto in caso di trasporto illecito e non di smaltimento illecito, come nel caso della combustione. Superflua perchè l'art. 260-ter, comma 5 (in relazione al comma 4), già prevede la confisca obbligatoria del veicolo e di qualunque altro mezzo utilizzato per il trasporto dei rifiuti qualora si accertino i reati (contravvenzionali) previsti dall’art. 256, comma 1; e cioè quelli commessi da «chiunque effettua una attività di raccolta, trasporto, recupero, smaltimento, commercio ed intermediazione di rifiuti in mancanza della prescritta autorizzazione, iscrizione o comunicazione di cui agli articoli 208, 209, 210, 211, 212, 214, 215 e 216». E, quindi, anche lo smaltimento per combustione illecitPotremmo continuare, ma ci sembra abbastanza.
Concludiamo: speriamo che l'anno nuovo induca il legislatore, nella conversione in legge, ad affrontare seriamente il gravissimo problema delle "terre dei fuochi", pensando più alla sostanza che ai comunicati stampa. Con norme serie ed efficaci per controllo e prevenzione, fugando il sospetto che, alla fine, l'unica cosa che interessa è il business delle bonifiche, magari affidate agli stessi che hanno creato l'emergenza. E magari ricordandosi che forse è tempo di rivedere tutta la normativa sanzionatoria ambientale, depenalizzando le violazioni formali ed introducendo finalmente nel codice penale i delitti contro l'ambiente, come da tempo ci ha chiesto l'Europa.
Altrimenti è prevedibile che "al più si coglieranno in flagranza di reato gli zingari, gli extracomunitari e la manovalanza che viene arruolata dai clan e prontamente viene "sacrificata" agli eventuali organi di polizia (e alla pubblica opinione)...."2. Tutti puniti con la reclusione da 2 a 5 anni.
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