Il Piano Casa della Regione Campania non garantisce la tutela del vasto patrimonio edilizio di interesse storico e architettonico che allo stato attuale non è ancora vincolato dal Codice dei Beni culturali; di conseguenza, esso non garantisce la tutela dei numerosi paesaggi campani che proprio da tale patrimonio traggono valore e identità.
Si sperava che il testo portato in Consiglio regionale fosse il frutto di un lavoro condiviso in commissione Urbanistica, scaturito dall´esame delle osservazioni costruttive inoltrate da qualificati istituti e associazioni operanti nel settore dell´urbanistica e della tutela ambientale, preoccupati per gli effetti negativi innescati in maniera casuale dagli incrementi dei carichi abitativi e da trasformazioni edilizie diffuse e poco attente al valore del nostro patrimonio edilizio di qualità.
Sono essenzialmente due gli interventi straordinari che possono avere effetti davvero disastrosi su numerose e importanti aree campane al momento fragili per carenza normativa: l´ampliamento di volumetria e la demolizione e ricostruzione di edifici di interesse storico e/o architettonico ancora privi di vincolo ai sensi del decreto legislativo 42/2004 e, per aggravio di pena, ubicati in aree non ancora classificate come zone A, in zone (agricole e no) prive di vincolo di inedificabilità assoluta o non collocati in riserve e parchi nazionali e regionali.
In poche parole potremmo perdere una mole di quegli edifici monumentali e di quella edilizia minore di valore, che, pur essendo ancora privi di vincolo, svolgono un ruolo essenziale, quello di fornire la misura del tempo e dunque della storicità dei luoghi; e, in uno con la componente naturale, di definire, poi, l´identità del paesaggio.
Che ne sarà, ad esempio, degli arcaici paesaggi della Piana Campana laddove il millenario disegno delle centuriazioni romane si coniuga ancora a filari di pioppi, strade rurali, termini lapidei e antiche masserie superstiti, che coralmente compongono ancora un paesaggio antico e allo stesso tempo vitale? Sarà la fatiscenza dei manufatti a determinarne il destino? Che ne sarà di Ischia, già collassata da una urbanizzazione selvaggia, che ha provocato una diffusa messe di case, separate ormai solo da piccole frange di verde: si dovrà saturare del tutto fino a formare un unico agglomerato urbano coincidente con l´intero territorio isolano? Purtroppo potremmo citare numerosissimi esempi. È noto, infatti, che il patrimonio culturale italiano - in particolare monumenti e paesaggi - è tutelato solo in piccola parte rispetto alle reali potenzialità: per la sua estensione, infatti, censimenti e catalogazioni vanno a rilento così come le complesse procedure di vincolo.
Che cosa fare dunque per dare un contributo alla salvaguardia della nostra regione? Innanzitutto accettare il principio culturale che il rilancio dell´edilizia non può avvenire a danno del nostro patrimonio paesaggistico. Per ottenere ciò occorre promuovere nei territori di riconosciuta qualità attività legate al restauro, limitare, inoltre, gli interventi di ampliamento e di sostituzione all´edilizia post-bellica, esprimere con chiarezza nel testo (onde evitare future controverse interpretazioni) che i due interventi suddetti non possono essere realizzati nei territori soggetti alla disciplina dei piani territoriali paesistici di cui alle leggi 1497/1939 e 431/1985 e in quelli vincolati ai sensi del Dlgs 42/2004.
È inoltre fondamentale accelerare i processi di conoscenza del territorio regionale per individuare e tutelare aree e manufatti di rilevante interesse. Una maggiore estensione della tutela prevista dal Codice dei Beni culturali appare in ogni caso uno strumento-paracadute da attivare per salvare il salvabile, soprattutto se in sede regionale non si dovesse ritenere di accogliere gli emendamenti volti a garantire la conservazione del nostro patrimonio culturale, per lo più ancora ufficialmente sconosciuto.