che-fare.com 27 ottobre 2017. Annuncio di un laboratorio di quartiere «nato con l’idea che sia necessario ripartire dai luoghi e dalla comunità per produrre nuove relazioni sociali e culturali». (c.m.c.)
Come è possibile generare connessioni e trasformare la vulnerabilità in risorsa? Come è possibile far emergere la conoscenza tacita di un quartiere e mutare uno spazio in un luogo vivo che risponde a desideri e aspirazioni degli abitanti?A queste domande abbiamo provato a dare risposta durante il laboratorio “Co-progettare soluzioni per lo spazio pubblico e la comunità: una nuova biblioteca sociale all’aperto“ nel parco della “Trax Road”, quartiere 167 di Lecce nell’ambito del Festival "Conversazioni sul Futuro".
Il workshop, dedicato alla co-progettazione di idee e soluzioni nuove per una piazza all’aperto, è nato con l’idea che sia necessario ripartire dai luoghi e dalla comunità per produrre nuove relazioni sociali e culturali. Gli usi della piazza e la progettazione di una biblioteca all’aperto come modo per far interagire le persone permettono di costruire un significato nuovo del luogo e rispondere ai bisogni delle persone che lo abitano.
Cinque sono le parole chiave che ci hanno guidato nel percorso :
1. Generatività come capacità di trasformare spazi e relazioni partendo da una domanda autentica di ricerca, dove non è possibile quindi far leva sul “bisogno di” ma anche dal “desiderio di” (M. Magatti);
2. Conversazione come strumento privilegiato per “rammendare e connettere” e per innovare (P. Venturi-S. Zamagni) ciò che è stato diviso spazialmente e socialmente nel territorio;
3. Bene comune come orizzonte a cui tendere nel immaginare il valore d’uso di un bene: il passaggio dalla “comunanza” al “comune” (E. Ostrom) postula un orientamento collettivo e una comunità produttiva di saperi e di progettualità;
4. Conoscenza tacita come elemento da ricercare e far emergere affinché si possa contare una “asset class di risorse” prima dormienti (M. Polanyi), capaci di rispondere alle funzionalità e ai desideri di chi abita un luogo;
5. Felicità come aspirazione collettiva (A. Appadurai) che permette ai cittadini di sviluppare la felicità individuale e che spesso viene sostituita dall’utilità individuale.
Per dare vita alla nascita sociale di uno spazio abbandonato ma ricco di potenzialità abbiamo esplorato il territorio con gli occhi di un “everydaymaker”, di un cittadino qualunque che vuole esperire e godere di un luogo incontrandolo e generando relazioni. La passeggiata esplorativa ha permesso di incontrare abitanti e commercianti e di instaurare un dialogo sui loro bisogni; un tempo lento che ha permesso di riflettere e immaginare il “già e non ancora” che quegli spazi potevano ospitare.
Le idee prototipate dentro il laboratorio sono nate dalla valorizzazione dell’esistente e utilizzando la cultura come attivatore sociale: dalla rivalutazione dell’artigianato e dei saperi alla cura del verde pubblico; dal percorso di avvicinamento alla lettura che utilizza le facciate dei palazzi attraverso una bacheca collettiva, fino ad immaginare una call per le associazioni presenti nel territorio al fine di “mettere in mostra” la ricchezza del quartiere.
Il gruppo dei progettisti ha pensato che per valorizzare le conoscenze tacite sarebbe utile realizzare una sartoria popolare che abbia luogo prima nelle case degli abitanti e poi nella piazza e che possa produrre dei “manuali fai-da-te” a disposizione di chiunque voglia usufruire della sartoria e imparare. La musica come medium per attivare relazioni è al centro dell’idea dei 167giri Dj per un giorno che invita gli abitanti a scendere in piazza e a portare i loro vinili, cd e ad organizzare una festa di quartiere insieme a tornei di giochi giganti.
Siamo partiti dall’idea di progettare una biblioteca sociale e siamo arrivati a lavorare sul creare relazioni in un territorio, a costruire servizi di welfare soft che possano supportare le persone nella quotidianità, a progettare eventi culturali che possono arricchire la vita di chi abita uno spazio che è stato relegato a chiamarsi come la strada che lo attraversa, 167, e che è in cerca di un’identità che va svelata.
Questo spazio ha bisogno di cura: la cura di chi lo abita, di chi lo attraversa, di chi come noi lo osserva con occhi nuovi e ne vede infinite potenzialità. Una biblioteca come piazza del sapere potrebbe sollevare dall’isolamento chi abita la Trax Road.
Il processo è già in atto e richiede un supporto e un’attenzione costante da parte dalla pubblica amministrazione ma soprattutto l’individuazione di una minoranza (profetica) di abitanti che cominci a prendersi cura della ricchezza che esiste per dare al quartiere 167 una nuova identità.