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Ida Dominijanni
Sul lato sinistro
18 Agosto 2005
Articoli del 2004
L'editoriale de il manifesto, 9 luglio 2004, affronta lucidamente IL problema della politica italiana di questi mesi: dove sta la sinistra, mentre tutti gli altri si riorganizzano?


Come sempre quando è in difficoltà, Silvio Berlusconi sfodera ottimismo ed efficientismo e il gioco gli pare fatto. Ma è difficile che la non-stop di quarantott'ore e tre tavoli allestita per domenica sera possa davvero ristrutturare la Casa delle libertà e rimettere i suoi abitanti d'amore e d'accordo cosette da nulla come il federalismo, il fisco, il sistema elettorale. Berlusconi ha perso a un tempo l'aura del venditore di miracoli, la rendita dell'imperatore circondato da vassalli obbedienti, la delega dell'azionista di poteri forti conniventi, Fazio e Montezemolo in primis. In sostanza, la bolla si è bucata. Ma la bolla-Berlusconi non era solo un equilibrio di governo. Era un (dis)equilibrio di sistema, l'anomalia impazzita che aveva ricombinato e incollato i cocci dell'esplosione dei primi anni 90, obbligando il bipolarismo forzoso all'italiana a funzionare. Il buco della bolla equivale perciò non a una crisi di governo ma a una crisi di sistema. Follini evidentemente lo sa e per questo non demorde. Non basta più il collante del governo, se nell'aria si sente un cambio di stagione che può portare frutti più copiosi. La ricostituzione del dissolto partito democristiano? Diciamolo con parole di oggi: il trasferimento dall'anomalia impazzita a un più normale comando centrista dei voti usurpati dal partito azzurro sul lato destro, e di quelli incastrati nell'incerto contenitore della Margherita sul lato sinistro. Non sarà la vecchia Dc ma un nuovo centro. Il centro, magari esile numericamente ma imprescindibile strutturalmente e rivendicabile storicamente, del sistema. Di un sistema non a due ma almeno a tre punte.

Fine del bipolarismo? Sarebbe azzardato sostenerlo mentre i più giurano e spergiurano che il bipolarismo non si tocca. Le incognite sono troppe per correre con le previsioni: crisi o no, elezioni anticipate o no, impugnate da chi, con quali argomenti e quali regole. Si vedrà quanto peso avrà la rivendicazione proporzionalista di Follini nella maratona della Casa delle libertà; ma più che ai passi tecnici, conviene guardare ai dati politici. I quali, come s'era capito nell'immediatezza del voto europeo, segnalano una crisi doppia del bipolarismo: nel centrodestra, e nel centrosinistra.

Solo che le due crisi non sono simmetriche, ed è questo che rende la partita più complicata e imprevedibile. Anche nell'Ulivo infatti la posta in gioco principale si chiama centro, ma a differenza che nella Casa delle libertà questa posta per ora non rafforza una delle sigle in campo, ma ne indebolisce due, la Margherita e i Ds. E nulla lascia prevedere che l'unico disegno chiaro in campo - firmato D'Alema e volto a perseverare dal listone al partito unico sotto comando diessino, con la Margherita disintegrata, Prodi imbrigliato e l'accordo con Bertinotti a scadenza - proceda liscio come l'olio.

Intanto perché la Margherita magari preferisce farsi integrare da Follini piuttosto che disintegrare da D'Alema. Ma soprattutto perché se il centro si ricostituisse autonomamente, rompendo i trattini con la destra e con la sinistra, la logica di sistema richiederebbe non più di fare due sinistre, una moderata che governa e l'altra radicale che non nuoce, ma una sinistra e basta che convince. Tutto un altro gioco (e non chiamiamolo vecchio Pci neanche per scherzo), del quale non si vedono né i presupposti né i programmi.

Sarebbe il caso di cominciare a profilarli. Senza aspettarseli da chi si diverte col triciclo, e senza aspettare il prevedibile scenario congressuale Ds per recitare ciascuno la propria prevedibile parte. Nella crisi che espone la maggioranza di governo e logora la maggioranza dell'opposizione, c'è un silenzio assordante sul versante sinistro che non porta nulla di buono, né idee né spostamenti, né grandi né piccoli passi. Dal correntone a Rifondazione riguarda tutti e non ha alibi. Più del 13 per cento dei consensi sono un lusso che nessun altro paese europeo può vantare e che non consente a nessuno di acquattarsi nel ruolo di una minoranza senza voce in capitolo.
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