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Storie italiane di discariche e inceneritori, questa volta a Roma
12 Novembre 2008
Rifiuti di sviluppo
Un articolo di Cecilia Gentile e un’intervista di carlo Alberto Bucci a Vezio De Lucia su la Repubblica, e un’analisi di Andrea Palladino su il manifesto, tutti del 12 novembre 2008

la Repubblica

Rifiuti, sigilli in discarica Roma a rischio-Campania

di Cecilia Gentile

ROMA - Sigilli al gassificatore di Malagrotta, alla periferia ovest della capitale. I carabinieri del Noe sono arrivati ieri mattina presto, a due giorni dall’inaugurazione, fissata per domani, e hanno chiuso l’impianto costruito per trasformare in energia 500 tonnellate di ecoballe al giorno, ricavate da 1500 tonnellate di rifiuti indifferenziati.

Per i carabinieri e per la Procura di Roma, che ha aperto un’inchiesta, quel gassificatore è l’ennesimo schiaffo ad un territorio già devastato da impianti inquinanti e ad alto rischio. A Malagrotta non c’è solo la discarica più grande d’Europa, che dal 1984 ha accumulato oltre 30 tonnellate di rifiuti perseguitando la popolazione della zona con i suoi miasmi. Nella stessa area ci sono una raffineria, un impianto per rifiuti tossici ospedalieri, un deposito di carburanti, una gigantesca cava. Il decreto legislativo 334/99, conosciuto come Seveso 2, vieta che nello stesso sito siano concentrati più impianti industriali ad alto rischio. Bisogna capire allora chi e perché ha rilasciato l’autorizzazione alla costruzione del gassificatore. Per questo i carabinieri hanno portato via dagli uffici della Regione Lazio tutti i documenti della pratica, iniziata con la precedente giunta Storace e proseguita con quella Marrazzo. Altra ragione del sequestro, l’impianto antincendio risultato non a norma.

«E’ un segno che lo Stato esiste», commenta soddisfatto il presidente del comitato dei residenti Sergio Apollonio, da sempre avverso al nuovo impianto. Per Guido Bertolaso, sottosegretario per l’emergenza rifiuti in Campania, invece, il sequestro del gassificatore di Malagrotta «non è un segnale positivo», perché riapre la strada allo spettro dell’emergenza proprio come in Campania. La fase del commissariamento nel Lazio è finita il 31 dicembre 2007. Ma il vero superamento dell’emergenza è tassativamente subordinato alla realizzazione del piano rifiuti, che prevede, in primis, la chiusura definitiva della discarica di Malagrotta, la raccolta differenziata al 50% nel 2011, l’attivazione di questo e di altri gassificatori, per un totale di quattro in tutta la regione.

«A Malagrotta la discarica è in esaurimento da molti anni - prosegue Bertolaso - ma si è succeduta una proroga dietro l’altra». Malagrotta ormai scoppia. Ma, per stessa ammissione del presidente Piero Marrazzo, Roma non potrà fare a meno di una discarica, specialmente nei prossimi due anni, che saranno di transizione. Dunque, o il Comune del sindaco Pdl Alemanno individua un nuovo sito, oppure la Regione governata dal Pd lascerà aperta quella di Malagrotta, decidendo ulteriori ampliamenti, come già fatto in precedenza. Finora la proposta per aree alternative è solo una: Monti dell’Ortaccio, a tre chilometri da Malagrotta, e viene dallo stesso proprietario della discarica e del gassificatore, Manlio Cerroni.

la Repubblica

L’urbanista Vezio De Lucia: una concentrazione smisurata

di Carlo Alberto Bucci

ROMA - «Una smisurata concentrazione, territoriale e imprenditoriale: ha due facce ma una medesima radice la natura della crisi dei rifiuti nella capitale», spiega l’architetto napoletano Vezio De Lucia, 70 anni, uno dei maggiori urbanisti italiani, dopo aver precisato: «Non intervengo però nel merito al sequestro giudiziario avvenuto a Roma».

Allora professore, troppi impianti a Malagrotta?

«Sì, non è possibile posizionare in un’area così limitata la più grande discarica d’Europa, una raffineria, un impianto di smaltimento di rifiuti tossici ospedalieri e, ora, anche un gassificatore».

Qual è l’altro aspetto negativo della concentrazione?

«Un intero sistema non può essere nelle mani solo dei privati. E a Roma, per giunta, di un solo privato».

Si rischia l’emergenza rifiuti come a Napoli?

«La situazione territoriale è diversa, nella capitale non esiste la congestione urbana che caratterizza l’hinterland della città del Golfo. Ma certo che il sistema rifiuti a Roma è in crisi e bisogna procedere celermente con provvedimenti ad hoc».

Ad esempio?

«Innanzitutto uscendo dalla logica dell’emergenza, perché è una condizione che mette i problemi in una spirale catastrofica. Bisogna lavorare per potenziare il Piano dei rifiuti».

Qualche consiglio?

«La raccolta differenziata al 19 per cento non è degna di una capitale europea».

A Napoli si finisce in galera se si abbandonano i rifiuti in strada. Lei approva? Ed estenderebbe la norma?

«È difettosa dal punto di vista del diritto, ma sta avendo un effetto positivo. A Napoli la situazione della "monnezza" è drammatica davvero».

il manifesto

Malagrotta alla campana

di Andrea Palladino

È stato un fulmine a cielo già poco sereno il sequestro degli impianti di incenerimento di rifiuti di Malagrotta, alle porte di Roma, disposto ieri dal Gip Marina Finiti. A pochi giorni dall'inaugurazione - prevista per domani - i carabinieri del Noe hanno messo i sigilli all'impianto ed hanno richiesto alcuni documenti alla Regione Lazio, contestando la mancata certificazione antincendio. Non un fatto da poco, visto che l'impianto si trova a pochi metri dai serbatoi di Gpl e da una raffineria. Il provvedimento è arrivato dopo pochi giorni dalla condanna dei gestori della discarica di Malagrotta - gli stessi che hanno costruito l'impianto sequestrato - per smaltimento abusivo di rifiuti speciali, emessa dal Tribunale di Roma il 3 novembre scorso. L'inceneritore che dovrà servire la capitale era stato duramente contestato dai comitati cittadini e dalle principali associazioni ambientaliste, che non credono alle garanzie sull'affidabilità della tecnologia scelta.

La storia dell'impianto ruota attorno ad un brevetto, che nasce in Svizzera alla fine degli anni '80, Thermoselect, acquistato negli anni scorsi dalla giapponese Jfe, partner tecnologico del gruppo Cerroni, gestore di Malagrotta. La tecnologia prevede la produzione di gas dai rifiuti solidi urbani, che viene poi bruciato per ottenere energia, finanziata con i contributi Cip6. Il nome Thermoselect è però accuratamente evitato dai tecnici del gruppo Cerroni. Meglio non raccontare la storia poco gloriosa del brevetto svizzero, meglio dimenticare l'inizio poco glorioso. Ma i cittadini di Malagrotta, un po' testardi, vogliono invece capire. Thermoselect è un nome svizzero per un impianto che viene sperimentato per la prima volta proprio in Italia, esattamente a Fondotoce, vicino Verbania. Era il giugno 1992 quando, dopo una mobilitazione degli ambientalisti, viene sequestrato l'impianto in Piemonte: gli scarichi emettevano cianuro e c'era un rischio serio di esplosione. La sperimentazione che doveva durare sei mesi fu interrotta e dopo alcuni anni i dirigenti della Thermoselect Gunter Kiss, Gugula Freytag e Franz Riegel furono condannati per aver scaricato abusivamente sostanze tossiche nei fiumi che defluivano nel lago Maggiore. Un altro troncone dell'inchiesta fu trasferita al Tribunale di Roma. Nel 1999 l'impianto chiuse definitivamente e oggi è uno dei tanti mostri industriali abbandonati che popola l'Italia.

Non andò meglio in Germania, dove un impianto simile, a Karlsruhe, fu spento nel 2004, dopo aver lasciato un buco di circa 500 milioni di dollari. Anche lì i problemi di sicurezza preoccuparono le autorità, tanto che la stampa locale chiamò la tecnologia Thermodefect. Potenza delle parole.

È il 2005 e il brevetto svizzero riappare in Giappone. «Siamo pienamente soddisfatti delle prestazioni degli impianti», raccontò il vicepresidente della Jfe Sumio Yamada annunciando di aver acquistato il brevetto, sperimentato «con successo» in Italia. Ed è Franz Riegel - lo stesso condannato per l'avvelenamento dei fiumi in Piemonte - a spiegare dal Giappone, dove nel frattempo si è trasferito, come il gassificatore Thermoselect possa risolvere anche i problemi italiani. «L'Italia vive da tempo una situazione di emergenza - disse nel 2005 - e la nostra tecnologia funziona, lo ha dimostrato l'impianto di Fondotoce». L'alleanza tra il gruppo guidato da Manlio Cerroni - vero dominus dei rifiuti nel Lazio - e la Thermoselect era allora già in atto. Nel 2004 - durante un'audizione in commissione bicamerale rifiuti - Manlio Cerroni faceva riferimento all'impianto di Karlsruhe come modello per Malagrotta. Impianto che dopo pochissimo veniva chiuso. Nello stesso periodo Mauro Zagaroli, direttore tecnico della Co.La.Ri. di Cerroni, divulgava in diversi seminari la tecnologia Thermoselect. Slides e presentazioni ancora disponibili su Internet, anche se il brevetto svizzero non viene oggi mai citato nei documenti ufficiali.

Dalla Regione spiegano che la tecnologia è ormai sicura, perché utilizza il Cdr che è un combustibile controllato, mentre a Fondotoce usavano il «tal quale». Chi produce il Cdr però è lo stesso Cerroni, che gestisce la discarica e il gassificatore. E basta una variazione della qualità del Cdr per avere problemi di stabilità nel processo, lo stesso «inconveniente» avuto in Piemonte negli anni '90 e in Germania fino al 2004. I cittadini e le associazioni hanno cercato inutilmente in questi anni di capire meglio come funziona l'impianto sequestrato ieri. «Quando abbiamo chiesto di avere dettagli sulla tecnologia dell'inceneritore di Malagrotta ci è stato opposto il segreto industriale», racconta Raniero Maggini, presidente del Wwf Lazio, «il punto poi è capire quanto sia affidabile il Cdr prodotto come combustibile per l'impianto, pensando anche al fatto che i responsabili sono appena stati condannati per aver introdotto abusivamente rifiuti pericolosi nella discarica di Malagrotta». Rifiuti che sarebbero potuti finire nel Cdr destinato all'impianto, mettendone a rischio la sicurezza. La Regione fa però sapere che tutti i documenti disponibili li ha sempre forniti ai cittadini ed alle associazioni e di aver sempre mantenuto la massima trasparenza.

La sensazione è che il sequestro possa essere solo il primo atto di una serie di iniziative giudiziarie. Con una spada di Damocle che pende sul Lazio, quella dell'emergenza e dei rifiuti nelle strade, che potrebbe essere usata per far digerire la tecnologia Thermoselect, tornata in Italia dopo un passaggio giapponese. E mentre a Malagrotta l'impianto scalda i motori, Cerroni insieme ad Acea e Ama sta riproponendo la stessa tecnologia anche per l'impianto di Albano, a sud di Roma. Anche qui con l'opposizione dei cittadini e dei partiti della sinistra, anche qui giurando che il gassificatore è sicuro e che Fondotoce e Karlsruhe sono brutti ricordi del passato, anche qui raccontando che l'alternativa è l'emergenza in pieno stile campano.

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