Titolo originale: Jane Jacobs, Social Critic Who Redefined and Championed Cities, Is Dead at 89 – Scelto e tradotto per eddyburg_Mall da Fabrizio Bottini
Jane Jacobs, scrittrice e studiosa che aveva rivolto il suo sguardo penetrante e profondo alla danza sui marciapiedi delle strade nel suo Greenwich Village, in un libro che ha sfidato e trasformato il modo in cui la gente guarda le città, è morta ieri a Toronto, dove si era trasferita dal 1968. Aveva 89 anni.
Si trovava in ospedale, ha detto una lontana cugina, Lucia Jacobs, che non ha riferito particolari sulle cause specifiche del decesso.
Col suo libro, The Death and Life of Great American Cities, scritto nel 1961, la Jacobs aveva raggiunto l’enorme risultato di andare oltre le proprie fulminanti critiche alla pianificazione urbanistica del XX secolo, proponendo principi radicalmente nuovi per ripensare le città.
In un’epoca in cui sia il senso comune che il pensiero più ispirato auspicavano di radere al suolo gli slum per aprire nuovi spazi urbani, le indicazioni della Jacobs erano per più diversificazione, densità, dinamismo: di fatto, verso un maggior affollamento di persone e attività insieme, in una gioiosa confusione urbana.
La sua critica alle città del paese spesso viene accorpata al lavoro di scrittori che negli anni ’60 scuotevano le fondamenta della società americana: l’attacco di Paul Goodman alle scuole; l’aspro ritratto della povertà di Michael Harrington; il fuoco di sbarramento di Ralph Nader contro l’industria automobilistica; o lo spietato percorso di Malcolm X attraverso le divisioni razziali dell’America, solo per citarne alcuni. E ancora oggi, continua ad influenzare una terza generazione di studiosi.
" Death and Life" prescriveva tre raccomandazioni base per realizzare varietà locale: 1. La strada, o distretto, doveva svolgere numerose funzioni. 2. Gli isolati dovevano avere dimensioni limitate. 3. Gli edifici dovevano essere diversi per età, condizioni, usi. 4. La popolazione doveva essere addensata.
La tesi della Jacobs si sviluppava attraverso letture eclettiche e approfondite. Ma la cosa più irresistibile era la descrizione della vita quotidiana osservata dalla casa sopra il negozio di dolciumi al 555 di Hudson Street, vicino all’incrocio con l’11°.
In quelle descrizioni, scende a portare la spazzatura, in bambini vanno a scuola, lavanderia e barbiere stanno aprendo le serrande, le donne escono a chiacchierare, i portuali entrano al bar del quartiere, gli adolescenti tornano da scuola e si cambiano per uscire con gli amichetti, e un altro giorno è passato. Qualche volta succede qualcosa di diverso: uno zampognaro appare in una sera di febbraio, per la gioia di chi si raccoglie ad ascoltarlo. Vinci o estranei, tutti si sentono al sicuro perché non sono mai soli.
"La gente che conosce bene queste strade animate di città sa com’è" scriveva la Jacobs.
Robert Caro, storico, ha dichiarato ieri in una intervista che la Jacobs non era certo la prima ad enfatizzare l’importanza del vicinato e della comunità. "Ma nessuno l’aveva mai raccontato in modo tanto brillante prima" ha aggiunto. "Diede voce a qualcosa che aveva bisogno di essere raccontato".
Alcuni critici hanno usato aggettivi come "trionfante" o "germinale" per descrivere " Death and Life". Altri, non pochi dei quali col dente avvelenato, sono stati meno gentili. Lewis Mumford, critico e storico sviscerato dalla Jacobs nel libro, scrisse in una recensione sul New Yorker che dimostrava “filisteismo estetico e vendetta”.
Le battaglie di cui ha acceso la scintilla sono ancora in corso, e le critiche erano probabilmente inevitabili, visto che un lavoro tanto ambizioso veniva da una persona che non aveva nemmeno terminato gli studi superiori, né aveva un ruolo professionale nel settore.
Indiscutibilmente, il libro fu una sfida radicale al pensiero corrente, come nel caso di Silent Spring di Rachel Carson, uscito l’anno successivo e che contribuì a lanciare il movimento ambientalista, o The Feminine Mystique di Betty Friedan, che influenzò profondamente i rapporti fra i sessi, del 1963.
Come queste due altre scrittrici, anche la Jacobs riuscì ad evocare prospettive nuove. Alcuni le liquidarono come dilettantismo, ma per molti altri si trattò di un punto di vista non solo accettabile, ma improvvisamente ed eminentemente ragionevole.
"Quando un intero campo di riflessione sta andando dalla parte sbagliata, quando l’applicazione routinaria del pensiero corrente ha prodotto risultati disastrosi come credo avvenisse per l’urbanistica e le trasformazioni urbane degli anni ’50, allora probabilmente toccava a qualcuno dal di fuori indicare l’evidenza" ha scritto Alan Ehrenhalt nel 2001 su Planning, la rivista della American Planning Association.
"Ecco cosa fece Jane Jacobs 40 anni fa" ha concluso.
Azioni, non solo parole
Jane Jacobs non si limitò alle parole. Nel 1961, insieme ad altri contestatori fu allontanata da un’udienza della City Planning Commission su un progetto di urban renewal per il Greenwich Village a cui si opponevano, dopo che si erano alzati dai posti a sedere e avevano raggiunto la presidenza.
Nel 1968, fu arrestata con accuse di sommossa e comportamenti criminali, per il disturbo di una seduta dedicata all’approvazione di un’autostrada urbana che avrebbe tagliato in due la Lower Manhattan e distrutto un tessuto centinaia di famiglie e attività. La polizia sostenne che aveva cercato di strappare il nastro con le trascrizioni stenografiche.
La battaglia contro quell’autostrada lanciò la signora Jacobs in una battaglia impari contro Robert Moses, l’immensamente potente autocrate e grande costruttore dell’epoca. Gli oppositori vinsero.
La Jacobs si trasferì a Toronto nel 1968 per l’opposizione alla Guerra in Vietnam e per evitare il servizio militare ai suoi due figli in età di leva, impegnandosi rapidamente anche nelle battaglie urbane locali. Si trovò quasi subito alla guida di una lotta per fermare una freeway anche qui.
Divenne un’apprezzata intellettuale di frontiera, caratteristica con la sua faccia rotonda, il sorriso birichino, le scarpe da tennis, la frangetta e gli occhiali spessi. Ma Roger Starr, ex amministratore per l’edilizia popolare a New York City spesso avversario della Jacobs, fa notare la tempra d’acciaio dietro quella gentilezza.
"Che personaggio, caro e dolce, che non era" ha detto.
Dopo essere stata allontanata dall’udienza della Planning Commission nel 1961, sono le sue stesse parole a sottolineare l’atteggiamento indomito. "Siamo stati solo uomini e donne spintonati" dichiarò.
Ma scontrarsi col governo, anche essere arrestata insieme a Susan Sontag e Allen Ginsberg durante una protesta contro la leva obbligatoria, era qualcosa che, dichiarava, era stata obbligata a fare di fronte a decisioni “spaventose”.
Quello che odiava di più, di questa attività, era il fatto che le togliesse tempo alla scrittura, a quello che definiva il suo modo di pensare. E almeno in cinque ambiti di riflessione lo faceva in modo profondo e innovativo: urbanistica, storia della città, economia regionale, moralità dell’economia e natura dello sviluppo economico.
Ciascuno dei suoi libri principali portava naturalmente al successivo. Partendo dal rapporto fra le persone e la città, analizzò il ruolo delle città nella nazione, i rapporti delle nazioni l’una con l’altra, il ruolo di ciascuna in un mondo di principi morali in conflitto, e infine la crescita economica in quanto sviluppo di organismi biologici.
Un piccolo libro del 1980 che sosteneva la separazione del Quebec creò una certa tensione in Canada, e una memoria del 1996 che curò sull’esperienza di una nipote insegnante nell’Alaska rurale, impressionò la critica per la sua semplice saggezza.
Ma fu " Death and Life", pubblicato da Random House, a scuotere il mondo dell’architettura e dell’urbanistica.
Da un lato, era il primo attacco progressista all’idea progressista di urban renewal. Contemporaneamente, il critico del New York Times Brooks Atkinson ci lesse una visione antica della comunità che paragonò a quella del Grover's Corners immaginato da Thornton Wilder. La stessa Jacobs riteneva che l’attualità rinnovata del libro stesse nel suo scavare in profondità la natura umana, come in un buon romanzo.
Nel 2003, Herbert Muschamp, principale critico di architettura del Times, scrisse che il libro della Jacobs era stato "uno degli eventi più traumatici del XX secolo per l’architettura" anche perché metteva in secondo piano l’importanza della progettazione.
Negli anni più recenti, era diventato di ispirazione per architetti e urbanisti che avevano abbracciato il cosiddetto New Urbanism, tentativo di promuovere l’interazione sociale inserendo caratteri “jacobsiani”, come i negozi al pianterreno, nei complessi suburbani.
Patrick Pinnell, architetto di questa corrente, dice che " Death and Life" ha rappresentato l’ultima espressione di ottimismo sulle città americane. Già nel 1974, John E. Zuccotti, allora presidente della New York City Planning Commission, definì la Jacobs profetica, e sé stesso "neo-jacobsiano" annunciando un approccio alle trasformazioni urbane più sensibile e attento alla piccola dimensione. La Jacobs era nata Jane Butzner il 4 maggio 1916, a Scranton, Pennsylvania. Suo padre era medico e la madre insegnante. Ha ricordato di essere stata un’alunna indisciplinata, che faceva stupidaggini come gonfiare e far scoppiare sacchetti di carta in refettorio. Preferiva leggere libri sotto il banco che ascoltare l’insegnante.
In un’intervista a Azure del 1997, ha raccontato la sua abitudine di immaginarsi conversazioni con Thomas Jefferson mentre faceva commissioni. Quando non riusciva a pensare più a niente da dirgli, lo sostituiva con Benjamin Franklin.
"Anche lui, come Jefferson, era interessato a cose elevate, ma pure a piccolo cose terrra-terra" raccontava, "come il motivo per cui il vicolo dove stavamo passeggiando non era asfaltato. Si interessava di tutto, e quindi era una compagnia interessante".
Anni dopo, capì di aver sviluppato il proprio talento per esporre idee complesse in termini semplici, proprio facendo pratica con l’immaginario Franklin. Si guadagnò anche un altro amico interiore grazie a Alfred Duggan, romanziere storico inglese. Era Cerdic, capo sassone. Anni dopo, continuava a chiacchierare con lui sbrigando faccende in casa.
"C’erano solo due cose in casa che gli erano familiari" scriveva; "il fuoco (anche se non capiva il camino) e la spada," souvenir della Guerra Civile. "Tutto il resto dovevo spiegarglielo".
Non volendo andare al college, trovò un posto non retribuito come giornalista di rubriche femminili per The Scranton Tribune. Nel 1934, raggiunse a New York la sorella, di sei anni più anziana, e trovò lavoro nel settore arredamenti di Abraham & Straus, grande magazzino di Brooklyn. La sorella abitava in cima a un edificio di sei piani senza ascensore a Brooklyn Heights.
La metropolitana porta verso il lavoro
Ogni giorno, Jane saliva sulla metropolitana e sceglieva a caso una fermata per scendere a cercar lavoro. Dato che le piaceva il suono “Christopher Street”, scese lì e trovò prima un appartamento al Greenwich Village, e subito dopo un posto di segretaria in una fabbrica di dolciumi.
Lavorò come segretaria cinque anni. Le sorelle non avevano molti soldi, e spesso sopravvivevano a fiocchi d’avena e banane, come ha ricordato la Jacobs in un’intervista a Metropolis Magazine del 2001.
Cominciò allora, a scrivere articoli, prima per una rivista del settore metalli. Vendeva gli articoli in varie zone della città, come quella delle pellicce, a Vogue, guadagnando 40 dollari a pezzo quando ne prendeva 12 la settimana come segretaria. Pubblicò tra l’altro pezzi domenicali per il New York Herald Tribune e altri articoli per Q Magazine sui tombini.
Anche se lavorava, frequentò la School of General Studies della Columbia University per due anni, corsi di geologia, zoologia, diritto, scienze politiche ed economia. Nel 1944, mentre lavorava allo Office of War Information, partecipò a una festa nell’appartamento di una delle colleghe d’ufficio. Fra gli ospiti c’era Robert Hyde Jacobs Jr., architetto specializzato nella progettazione di ospedali. Era aprile, si sposarono in maggio.
La Jacobs ha raccontato a Azure che non avrebbe mai scritto nessun libro senza l’incoraggiamento del marito. Fu lui a decidere che la famiglia si spostasse a Toronto nel 1968, dopo che i figli avevano dichiarato che sarebbero andati in prigione piuttosto che prestar servizio in Vietnam. Mr. Jacobs è morto nel 1996. Jane Jacobs lascia i figli, James, a Toronto, e Ned, a Vancouver; la figlia, Burgin Jacobs, a New Denver, British Columbia, e una nipote.
Sorgono sospetti
Nel 1952, Jane Jacobs trova un lavoro da giornalista per Architectural Forum, dove rimarrà dieci anni. Questo le da’ un punto di vista da cui osservare i progetti di urban renewal. Durante una visita a Filadelfia, nota che le strade di un quartiere sono deserte, mentre quelle di una zona più vecchia lì vicino sono affollate.
"Così, sono diventata sospettosa sull’intera faccenda" ha raccontato al Toronto Star nel 1997. "L’ho fatto notare al progettista, ma era assolutamente disinteressato. Non gli interessava, quanto funzionassero le cose.
"Non gli interessava quanto piacesse alla gente. Aveva un’idea completamente estetizzante, staccata da tutto il resto".
I dubbi crescono quando William Kirk, allora direttore dello Union Settlement a East Harlem, le insegna nuovi modi per guardare ai quartieri. Inizia a considerare le idee urbanistiche correnti, ovvero la demolizione di fabbricati bassi nei quartieri poveri e la loro sostituzione con alti edifici ad appartamenti e spazi aperti, come una specie di fede superstiziosa, non diversa da quella della medicina del XIX secolo sui salassi.
"Esistono qualità anche più sinistre dell’esplicita bruttezza o del disordine" scrisse in Death and Life, "si tratta dalla disonesta maschera del falso ordine, ottenuto ignorando o abolendo quello autentico che lotta per esistere ed essere osservato”.
William H. Whyte, direttore di Fortune e autore di libri sulla vita urbana oltre al celebrato " Organization Man," chiese nel 1958 alla signora Jacobs di scrivere per Fortune un articolo sui centri urbani. Il saggio, ristampato poi in The Exploding Metropolis (Doubleday, 1958), si trasformò nella traccia del suo primo libro.
"Progettare una città da sogno è facile" concludeva. "É ricostruirne una vitale, che richiede fantasia".
L’articolo su Fortune attirò l’attenzione della Rockefeller Foundation, che le offrì una borsa per tutto il 1958 per scrivere sulle città. Due rinnovi della borsa e tre anni più tardi, terminava il manoscritto di Death and Life sulla macchina da scrivere Remington che userà sino alla morte.
Le sue apparentemente semplici ricette per la diversificazione dei quartieri, le dimensioni degli isolate, densità di popolazione e mescolanza di edifici hanno rappresentato un grande ripensamento dell’urbanistica moderna. Si accompagnavano alla feroce condanna degli scritti di urbanisti come Sir Patrick Geddes o Ebenezer Howard, oltre all’architetto Le Corbusier e a Lewis Mumford, che sostenevano torri aggraziate al centro di meravigliosi spazi aperti. Mumford si trattenne per un anno, prima di rispondere in un articolo per il New Yorker, sardonicamente intitolato " Home Remedies for Urban Cancer".
"Come una squadra di operai che spazza via tutte le abitazioni di un quartiere, buone o cattive che siano” scriveva Mumford, "lei spazza via dall’esistenza qualunque auspicabile innovazione urbanistica dell’ultimo secolo, insieme a qualunque altra idea alternativa, senza nemmeno tentare una valutazione critica".
Più forma che sostanza?
Anche il critico di architettura Paul Goldberger, pur esprimendo profonda ammirazione per la Jacobs in un articolo sul New York Times del 1996, ammette che possa aver sovrastimato l’importanza della forma fisica delle città.
"Qualche volta anche le grosse e brutte torri funzionano benissimo” scrive.
Il libro successivo della Jacobs, The Economy of Cities (Random House, 1969), metteva in discussione l’idea che le città nascessero su una base economica rurale; piuttosto, sosteneva, erano le economie rurali ad essere costruite direttamente attraverso quelle delle città. Poi venne The Question of Separatism: Quebec and the Struggle for Sovereignty (Random House, 1980). Sosteneva che Canada e Quebec sarebbero stati meglio ognuno per conto suo, secondo l’idea generale che piccolo è bello.
Si tuffò nel profondo dei rapporti fra città ed economia con Cities and the Wealth of Nations: Principles of Economic Life (Random House, 1984), dove sosteneva che i governi nazionali indeboliscono le economie delle città, considerate i motori naturali dello sviluppo.
Il suo Systems of Survival: A Dialogue on the Moral Foundations of Commerce and Politics (Vintage, 1994) guarda ai fondamenti morali del lavoro esaminando diversi sistemi di valori. The Nature of Economies (Modern Library, 2000) paragona l’attività economica a un ecosistema. Il suo ultimo libro, Dark Age Ahead (Random House, 2004), sostiene che la cultura nordamericana è al collasso, suggerendo modi per invertire la tendenza.
Negli ultimi anni, in Canada si sono organizzate conferenze in onore di Jane Jacobs. Per gli abitanti di New York, la sua immagine è ancora quella della famosa foto con birra e sigaretta alla White Horse Tavern del Greenwich Village, oltre ai ricordi dei suoi racconti sulle nefandezze municipali in qualche assemblea al Village. Per generazioni di urbanisti, architetti, studiosi delle città, quella della Jacobs resta un’influenza germinale.
Forse pensava a sé stessa come ad un’avventuriera intellettuale in grado di seguire il proprio brillante, spesso donchisciottesco istinto, verso territori sempre più affascinanti.
In Systems of Survival, uno dei suoi personaggi si preoccupa di non essere competente.
"Perché non noi?" risponde l’uomo che ha invitato tutto il gruppo. "Se ci stanno provando persone più competenti, meglio per loro. Ma siamo capaci anche noi, no?"
Nota: la comparazione fra le "rivoluzionarie" Jacobs, Rachel Carson e Betty Friedan, qui su Mall in un recente articolo da The Nation ; interessante anche la comparazione fra i giudizi della Jacobs e i temi specifici della città europea in questo articolo di Jonathan Glancey dal Guardian ; da un altro numero di The Nation un ragionamento sulla metodologia scientifica della Jacobs (f.b.)
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