Il Fatto quotidiano, blog "ambiente e veleni", 6 febbraio 2016.
L’espediente utilizzato dalla Sitas, la Società Iniziative Turistiche Agricole Sarde che aveva predisposto il piano di lottizzazione, la sua articolazione in cinque differenti parti. Autorizzata la prima, le altre sarebbero seguite. Quasi naturalmente. Invece si trattava di una frammentazione ingannevole. Già, perché, come hanno scritto i giudici del Consiglio di Stato, “l’impatto del progetto sul paesaggio doveva essere valutato nel suo complesso, perché fosse chiaro il rapporto tra il sacrificio ambientale e le eventuali ricadute sociali”. Il progetto Capo Malfetano Resort, l’intervento-immobiliare promosso da Sitas con il coinvolgimento di Sansedoni, di Ricerca Finanziaria di proprietà della famiglia Benetton, di Progetto Teulada, invece della famiglia Toffano, e della Silvano Toti, società del gruppo Toti, smascherato. Fortunatamente. Ma non casualmente. Decisivo il ruolo di Italia Nostra Sardegnache aveva presentato ricorso sulla legittimità delle concessioni paesaggistiche. Ricorso accolto dal Tar nel febbraio 2012.
“Questa sentenza solleva molti dubbi sul corretto comportamento e sulla responsabilità della Regione Sardegna, del Comune di Teulada e delle strutture periferiche del MiBact, che hanno autorizzato questo intervento, e troppi altri, interpretando la normativa regionale, nazionale ed europea con scarsa competenza e tanta “superficialità”, il commento dell’associazione dopo il felice esito della vicenda. Già, a rimanere in sospeso sono soltanto i giudizi morali sulle decisioni di Amministrazioni locali e regionali e degli organi ai quali è delegata anche la tutela di siti e monumenti e del loro habitat naturale. Quel che è indubitabile è che non si governa così un territorio.