È un'altra Italia quella che ha vissuto Edoardo Salzano. Urbanista. amministratore pubblico, ex assessore a Venezia, giornalista. Un intellettuale e un politico che ha traversato l'ultima metà del secolo partecipando attivamente al cambiamento.Ce lo racconta in «Memorie di un'urbanista. L'Italia che ho vissuto (Corte del Fontego, 240 pgg. 20 euro), titolo riduttivo per un volume denso, aperto da un prologo di memorie giovanili, e quello era davvero un altro secolo. Poi il registro cambia, si fa più politico: per questo figlio della borghesia napoletana (suo nonno è il generale Armando Diaz, che annunciò la disfatta il 4 novembre 1018) gli anni dell'università romana e l'inizio della professione sono fondanti. Gli si apre davanti un mondo intellettuale ricchissimo, conosce Franco Rodano, Pietro Scoppola, Dado Morandi, Alberto Durante. Negli anni del dopoguerra e del boom, tra neorealismo e ansia di modernità, scopre una bussola che userà per tutta la vita: il primato dell'interesse pubblico, civile, sulla proprietà privata e sull'ansia speculativa. La crescita, l'evoluzione delle città va governata con mano ferma e indifferente alla proprietà dei suoli ma attentissima alle esigenze e ai diritti di chi le abiterà. Primo tra i quali, il diritto alla città.
L'entusiasmo da ricercatore e l'impegno nel sperimentare nuove strade lo porta a collaborare alla rivista francese Esprit e a quella italiana Il dibattito politico con Mario Melloni e Tonino Tatò, Beppe Chiarante, Ugo Baduel, Lucio Magri.
Poi approda al Ministero dei Lavori pubblici, insieme a Vezio De Lucia, Antonio Cederna, Marcello Vittorini, Fabrizio Giovenale, Giovanni Astengo... Corollario, l'impegno da consigliere comunale del Pci a Roma insieme a Aldo Natoli e Piero Della Seta, la battaglia per salvare aree verdi dalla speculazione, prima di tutte Capocotta. Lavora all'Inu, assiste al suo declino, s'impegna all'università e, è ormai il 1975, diventa assessore a Venezia. Assisterà poi al declino della politica, alla demolizione della pianificazione, alla mercificazione della cosa pubblica sottomessa ai progetti privati iniziata da tangentopoli e da Milano2, oggi diventata quasi senso comune, azione di governo. Anche perché, insiste Salzano, politica e urbanistica dovrebbero saper guardare al futuro, questa nel modificare le città, quella nel costruire la società. Senza, si asfissia nelle miserie quotidiane.
Ma non si sente uno sconfitto, Eddy Salzano, nell'era dell'urbanistica neoliberista, quella alla Lupi per intenderci, che lascia il sestante delle decisioni in mano alle lobby del mattone e spregia gli interessi collettivi. Ottantenne sempre curioso del nuovo, indaga tra i movimenti di base, studia, si documenta. E ha fondato un sito internet, «Eddyburg» che è ormai punto di riferimento per chiunque si interessi di urbanistica. Attualità politica, riflessioni, polemiche. E una serie di articoli documentatissimi si scempi e orrori, dall'invasione dei centri commerciali - non-luoghi patinati, finti villaggi - all'incessante avanzata dello sprawl, il consumo di territorio pezzo a pezzo. E alla devastazione del paesaggio, patrimonio e ricchezza d'Italia. Eddyburg è luogo di incontro e di conoscenza per urbanisti e non solo. Perché, conclude Salzano, l'urbanista - quello vero, che a a cuore il futuro della città per cu lavora e la qualità della vita dei suoi cittadini - non può che essere un intellettuale dai saperi vasti, il cui campo di lavoro è interdisciplinare. E la rete è uno splendido medium.