Berlusconi ha annunciato il quarto dei miracoli con i quali, nel giro di pochi giorni, libera dai rifiuti Napoli e la Campania. I precedenti tre sono andati male; la spazzatura non se ne è andata dalle strade, oppure è ricomparsa dopo qualche mese. Qualcuno - per esempio il manifesto - lo aveva previsto fin dai primi mesi del suo governo. Non era difficile: Bertolaso non stava facendo altro che accumulare i rifiuti in discariche - illegali - che presto si sarebbero riempite. Mentre venivano trascurate, ma anche ostacolate, le misure di un ciclo «virtuoso» dei rifiuti: riduzione alla fonte, promozione del riuso, raccolta differenziata spinta, compostaggio - domestico, in impianti o in fattoria - della frazione organica; impianti per il recupero degli imballaggi; revamping degli impianti per la separazione, il trattamento e il recupero della frazione indifferenziata; studi - perché nulla se ne sa; nemmeno quante sono realmente - per risolvere il problema delle ecoballe; bonifica delle zone - ma si tratta di due intere province! - devastate dai rifiuti tossici ad opera della camorra; misure per prevenire il ripetersi di quelle pratiche; ma, soprattutto, una collocazione alternativa per due terzi degli oltre 25mila addetti campani al ciclo dei rifiuti (almeno il triplo del necessario), assunti o abbindolati con l'idea che la gestione dei rifiuti fosse un pozzo senza fondo in cui sprofondare senza alcun progetto, oltre ai residui dei nostri consumi, anche gli scarti di una gestione dell'occupazione dissennata.
Unico obiettivo strategico del governo, come nei devastanti 14 (allora) anni di commissariamento (di cui quasi 6 sotto la diretta responsabilità dei precedenti governi Berlusconi), la corsa agli inceneritori: il deus ex machina a cui affidare una sparizione dei rifiuti di cui non si sa più come bloccare la crescita: quattro, o cinque, oppure tre, di nessuno dei quali sono stati ancora stabiliti progetto o localizzazione definitiva. E' solo stato messo in funzione, con fanfare, grancassa e passaggi di mano complessi e secretati, l'inceneritore di Acerra, il cui progetto è vecchio di 50 anni e che funziona un giorno sì e l'altro no.
Eppure, per oltre due anni, a Berlusconi è stato accreditato il «miracolo» della scomparsa dei rifiuti campani: non solo dai suoi supporter, ma anche da avversari che hanno preso per buona la propaganda del governo senza fare inchieste né avere un'idea del problema: dai maggiori quotidiani nazionali, che hanno più volte tributato ampi riconoscimenti al governo, ai dirigenti del Pd, che ha approvato tutti i disastri perpetrati da Bertolaso. E questo, nonostante che in Campania, nel 2008, fosse all'opera un forum rifiuti a cui partecipavano decine di organismi di base, di associazioni del volontariato, i sindacati, le associazioni imprenditoriali, le camere di commercio, che di idee e informazioni in proposito ne stava producendo a iosa.
Vediamo per esempio che cosa scriveva il 6 agosto 2008 su la Repubblica Tino Iannuzzi, segretario regionale del PD campano: «Abbiamo giudicato con favore la nomina da parte del governo, del sottosegretario Bertolaso, figura autorevole di dirigente dello stato e di uomo delle istituzioni. Il suo operato, in proficua e leale collaborazione con la regione e gli enti locali, è stato intenso e positivo con interventi emergenziali e urgenti, che hanno consentito il superamento della fase più acuta della crisi, con la rimozione dei rifiuti dalle strade». Nemmeno accorgersi che il grosso della rimozione dei rifiuti era stata già realizzata - con metodi più che discutibili - dal precedente commissario De Gennaro sotto il governo Prodi! E, prosegue Iannuzzi: «Abbiamo sostenuto con determinazione le scelte dei siti per la localizzazione di nuove discariche e degli impianti necessari per un ciclo moderno e completo di gestione dei rifiuti. Simbolicamente (sic!) abbiamo detto e ripetiamo che sindaci del Pd con la fascia tricolore non saranno mai alla testa di proteste popolari per contestare le decisioni... Ci siamo posti l' obiettivo di lavorare, nella conversione del decreto legge sui rifiuti». E' il decreto che oltre ai quattro inceneritori e alle dieci discariche - tre delle quali persino Berlusconi è stato costretto a annullare, perché contrarie alla legge, alla salute e al buon senso - autorizzava le discariche campane ad accogliere anche rifiuti tossici - quelli fino ad allora sversati nei Regi Lagni del Casertano - e gli impianti di depurazione degli scarichi civili ad accogliere anche reflui industriali; smantellava gli impianti di separazione del secco dall'umido e di trattamento di quest'ultimo, perché tutto potesse finire negli inceneritori, la cui capacità era sovradimensionata proprio per evitare la raccolta differenziata; non stanziava alcun fondo per questa - anche se fissava al 2010 (ormai trascorso!) l'obiettivo del 50 per cento - né per il compostaggio della frazione organica. E bravo Iannuzzi!
Che così continuava: «E' stato il Pd, con l'emendamento del sottoscritto approvato in commissione mmbiente della camera, a favorire la concessione degli incentivi Cip6 per i termovalorizzatori di Salerno, Napoli e Santa Maria La Fossa. Su questo tema ostico i parlamentari campani del Pd si sono battuti con coraggio e forza, nel partito e nella discussione in aula per la concessione, in via straordinaria ed eccezionale, di contributi indispensabili per superare le tante e rilevanti difficoltà che ostacolano da noi la costruzione dei termovalorizzatori». Due anni dopo è uno degli esponenti di punta del Pdl, Gaetano Pecorella, presidente della commissione parlamentare di indagine sulla presenza della malavita organizzata nel ciclo dei rifiuti, a spiegare che la partita degli inceneritori avrebbe dovuto essere chiusa da tempo: « residuale, perché si dovrà puntare sul riutilizzo dei materiali, sviluppando la fase del recupero. E' l'obiettivo, per esempio, che hanno in Germania: quello di arrivare al 90 per cento di riutilizzo. L'avvenire è questo». (Liberal, 20.10.2010).
Perché allora insistere sugli inceneritori? Per incassare la rendita degli incentivi Cip6, che l'Unione europea ha messo al bando. E chi se ne frega se i rifiuti restano per strada per qualche anno ancora. Sugli inceneritori passano anche, a volo radente sostanziose tangenti su cui in Campania la componente del Pdl più direttamente legata alla camorra sta mettendo le mani, con la loro assegnazione alle amministrazioni provinciali che controlla. Altro che mezzo per eliminare dalla gestione dei rifiuti la camorra, come hanno sempre sostenuto gli inceneritoristi ad oltranza! Leggere, per saperne di più, il libro La Peste di Tommaso Sodano. E per finire, Iannuzzi non fa una parola sugli «esuberi» del settore; il che, per un partito che dovrebbe occuparsi dei lavoratori, sembra una grave dimenticanza.
Dunque, se siamo arrivati a questo punto (discariche piene, impianti di compostaggio e di trattamento (Stir, ex Cdr) chiusi o fuori uso, raccolta differenziata, con poche significative eccezioni, a terra, consorzi e comuni indebitati fino al collo e impossibilitati ad avviare un ciclo virtuoso, migliaia di lavoratori a rischio di licenziamento) lo dobbiamo non solo a Berlusconi e Bertolaso, ma anche al Pd, che in materia (ma non solo) la pensa esattamente come loro.
Così, tra le scelte del Pd spicca anche la gestione dissennata dell'Asìa, l'azienda di igiene urbana di Napoli. Certo, la situazione ereditata dal management nominato dalla giunta Iervolino all'inizio del 2008 non era delle più rosee: raccolta differenziata quasi a zero, mezzi vecchi e non funzionali, personale anziano, in larga parte in subappalto, mancanza - come ovunque, in Campania - di impianti di compostaggio; scarsità di risorse liquide e forte indebitamento. Ma in due anni la raccolta differenziata su tutto il territorio cittadino avrebbe potuto venir organizzata. Decine e decine di comitati, di associazioni, di parrocchie e molte municipalità erano pronte a dare una mano (e avevano dimostrato una certa efficacia nei giorni più duri dell'emergenza). Salerno è riuscita in un anno a passare dal 14 al 70 per cento; Napoli è ancora sotto il 20, procede con passo da lumaca ed è anche tornata indietro. Perché Asìa ha puntato tutto su quello che chiama «chiusura del ciclo», cioè sull'inceneritore per bruciare tutto subito: prima cercando una partecipazione in quello di Acerra; poi aspettando quello di Napoli.
Nel frattempo non ha costruito nemmeno una stazione ecologica per i rifiuti ingombranti (li potete vedere per strada in tutte le «cartoline» televisive di Napoli; nemmeno un impianto di compostaggio (per cui c'erano due progetti già pronti); ha avuto in gestione gli impianti di separazione secco-umido di Tufino e Giugliano: il primo quasi nuovo e il secondo (dove c'è stata anche un infortunio mortale) appena ristrutturato; e li ha mandati in malora. Adesso utilizza parzialmente quello di Santa Maria Capuavetere, in provincia di Caserta, che funziona a pieno ritmo: il che significa che quegli impianti possono essere rimessi a nuovo. Ha gestito in modo demenziale, risparmiando sulle coperture in terra dei rifiuti sversati, la discarica Sari di Terzigno, che adesso le è stata giustamente sottratta. Così non sa più dove sversare; e quindi non può neanche raccogliere. Per i conferimenti dipende interamente dall'amministrazione provinciale in mano al PDL di Cesàro e Cosentino, che, in vista delle elezioni, hanno tutto l'interesse a far marcire la situazione per addossarne la responsabilità alla Giunta «di sinistra» di Napoli.
Poi c'è il problema delle ecoballe: nessuno ne parla, ma c'è quasi un miliardo di garanzie bancarie (con istituti di primaria rilevanza nazionale) affidati a quel mucchio di rifiuti come fossero altrettanti barili di petrolio (e lo diventeranno se si farà un numero sufficiente di inceneritori per smaltirle beneficiando degli incentivi CIP6). Ma se dovessero venir smaltite altrove, a pagamento, si trasformerebbero in un costo astronomico di almeno un paio di miliardi. Così, finché la cosa non sarà chiarita, a tenere in sospeso la vicenda dei rifiuti campani, oltre alla camorra e all'inettitudine di molte amministrazioni locali, ci sarà anche un pool di banche.
Infine c'è l'esercito, che continua a «presidiare» discariche e inceneritore. I militari in servizio vengono pagati (Ministero della Difesa) come se fossero in missione in Afghanistan a rischiare la vita. Ma, controllando le discariche, sanno dove portare i rifiuti che molti Comuni sono costretti a tenere per strada perché non hanno a disposizione impianti di conferimento. Così non è raro vedere squadre di decine di militari prelevare un cumulo di rifiuti stradali per cui basterebbero due addetti alla nettezza urbana. Anche per questo l'emergenza non finirà molto presto.
Nell'immediato, una soluzione per superare l'emergenza (e poi procedere subito su tutti gli altri punti) ci sarebbe: a Parco Saurino, in provincia di Caserta e in terra di camorra, c'è una discarica vuota da 300mila metri cubi (ampliabile fino a 600). C'è da anni e avrebbe potuto evitare anche l'emergenza del 2008, se fosse stata messa a disposizione. Invece è rimasta vuota per drammatizzare la situazione campana su cui Berlusconi stava conducendo la sua vittoriosa campagna elettorale. Adesso Berlusconi sostiene che qualcuno ostacola i suoi piani. Sa di che cosa parla. C'è qualcuno, nel suo stesso partito, molto interessato a mantenere le mani sui rifiuti. Costui non vuole levargli le castagne dal fuoco per fargli riuscire di nuovo il «miracolo»: fino a che, per lo meno, non gli saranno state consegnate le chiavi di tutto il ciclo dei rifiuti: cominciando dalle deroghe sulla tracciabilità dei rifiuti, che ha tanto fatto arrabbiare (per finta) lo pseudo ministro Prestigiacomo (www.guidoviale.blogspot.com)